Ci si può innamorare nonostante una distanza di oltre 9500 chilometri? Ci si può innamorare al primo incontro, senza mai essersi visti prima? Certo, è possibile. Succede a tante persone, diverse storie sono nate in questo modo. Tuttavia, difficilmente si è visto un colpo di fulmine paragonabile a quello avvenuto tra Udine ed Arthur Zico. Provincia del Friuli Venezia Giulia, sede dell’Udinese Calcio, la prima; asso brasiliano, tra i più grandi fuoriclasse di tutti i tempi il secondo. L’incontro galeotto avviene l’estate del 1983. La città perde la testa per il campione e l’astro verdeoro ricambia con affetto.
Come in tutte le storie d’amore, ci sono le difficoltà. Ci sarebbe un inghippo non da poco, ossia la volontà della FIGC di bloccare le frontiere limitando il numero di stranieri. Ah, ecco, il matrimonio non s’ha da farsi. Un déjà-vu manzoniano. Ma stavolta si muove un popolo intero, quello friulano, desideroso di impedire ai bravi del pallone di arrestare un trasferimento virtualmente già concluso. Non stanno a guardare le istanze politiche ed alla fine arriva il via libera. Zico è dell’Udinese e l’Udinese si affida al Galinho.
Il Friuli gli regala amore, affetto incondizionato e fiducia. Il numero 10, idolo della torcida rossonera del Flamengo e di quella verdeoro tra i Mondiali ’78 e ’82, risponde a modo suo. Si sprecano le finte di corpo capaci di mandare al manicomio gli avversari. I compagni beneficiano delle sue invenzioni. È il sole della squadra, il centro del gioco. Gli altri, divenuti raggi della stella brasiliana, ne assecondano le iniziative, venendo puntualmente premiati. E poi ci sono le punizioni. Già, che meraviglia i calci piazzati! Si arriva al punto che uno stadio avversario applauda spontaneamente il Galinho per le sue perle. Addirittura si instaura una sorta di rituale pagano, un’attesa morbosa per assistere ad una magia di Zico capace di pennellare traiettorie inimmaginabili ed imparabili, con la naturalezza propria del fuoriclasse. Non importa il risultato, basta solamente un’invenzione.
Con il suo leader, l’Udinese cambia, cresce, matura. Non è eccessivo affermare che ci sia un prima ed un dopo Zico nella storia della squadra bianconera. Nessuno aveva mai dato quella sicurezza in ogni partita, arrivando a non temere nemmeno Juventus e Roma, le corazzate di quel periodo. Figurarsi se fino ad allora si era mai pronunciato la parola “scudetto”. Il Galinho infrange anche questo tabù. Motiva i friulani, regala loro un obiettivo, li fa sognare, legittimando le sue parole con i fatti perché al brasiliano non è mai piaciuto parlare a vanvera. Poche dichiarazioni, ma chiare, cristalline e puntualmente confermate da atti concreti. Lo si intuisce persino da una semplice chiacchierata. Diretto e preciso, con una schiettezza che si è sempre accompagnata ad una generosità e ad una disponibilità quasi incredibili per un campione del suo calibro. Nessun vizio da star, ma divertimento e passione per il suo lavoro.
Adesso, sappiamo che, dopo quel biennio magico, il tricolore è rimasto utopia, anche se molto hanno influito problematiche esterne. Udine ha accolto un apostolo del pallone, ma non era ancora pienamente matura per tramutare il suo verbo calcistico in sostanza. Eppure, Zico è stato l’inizio di un nuovo corso e di una nuova era che ha mostrato frutti straordinari un decennio più tardi. E di questo tutti i tifosi bianconeri gliene saranno grati.
Oggi, il Galinho compie 65 anni, un traguardo importante. Sicuramente, un giorno ideale per ripensare a quanto fatto nella sua vita intensa ed ammirata da molti. Non mancheranno il tempo e lo spazio per un pensierino ad Udine, dove è rimasta una sua fetta di cuore e dove la sua leggenda è rimasta scolpita indelebilmente.
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