Già. Anche se per me la settimana che inizia è decisamente triste.
I compleanni sono cose che aspetti 364 giorni (uno in più nei bisesti) da bambino, tolleri da adolescente ed adulto, malsopporti quando le primavere davanti a te sono meno di quelle alle tue spalle.
Un anno fa, di questi tempi, mi dicevano 'quest'anno lo celebri quasi da solo, con la tua famiglia; doppi festeggiamenti l'anno prossimo'.
Speranza (sostantivo femminile) permettendo. Senza speranza. Senza più speranza.
Per questo ringrazio l'Udinese perché in una gara che con tutta probabilità sarebbe finita pari (e così è andata), ha messo in campo qualcosa di nuovo, anzi d'antico.
La ricerca del gioco. A me difesa-e-ripartenza non fa certo schifo; anche oggi l'Inter ha vinto in maniera sparagnina e questo riporterà probabilmente un 'titulo' a Milanello; Spezia e Benevento, vessillifere di un calcio propositivo e innovativo (ripeto, sfortunato io che ho sempre e solo assistito al festival del passaggio di lato da spettatore delle due neopromosse), si stanno inguaiando da quando la spinta iniziale si è in parte esaurita; insomma, certe volte la prudenza e la conoscenza delle migliori caratteristiche a disposizione aiutano. Vedere però un pronti-via dove i bianconeri cerchino di fare una rete, mantenendo equilibrio ma stavolta nella metà campo avversaria, è balsamico. All'alba della 'mia' settimana, non certo da Dio.
Presa la solita rete di Pandev, che sonnecchia quasi un campionato intero fino all'arrivo dell'Udinese, i ragazzi di Gotti hanno prima pareggiato con una rete annullata per questione di centimetri; poi riequilibrato grazie all'intuizione di Rodrigo De Paul per lo straordinario Pereyra di questi tempi, su cui Criscito ha fatto quel che poteva, cioè fallo. Rigore, rete.
Vero: 'in cauda venenum' e prima Zajc, poi l'ex capitano udinese Valon Gut Behrami mettono paura a Musso. Pareggio giusto, abbracci e baci, un altro anno di serie A garantito qui a Udine, quasi all'ombra della Lanterna.
Pareggia, la resistente Udinese di Gotti, nella serata modesta di De Paul, che imbrocca un paio di giocate spettacolari ma perde molte più palle del solito. Nella serata invece che rende al campionato uno straordinario ragazzo di Tucuman, città argentina destinazione di parte del Sangue Romagnolo di Deàmicis (citazione moderna e non dotta, io speriamo che nessuno mi prenda alla lettera) e natale di un ragazzo dato troppo presto per bollito dopo gli anni londinesi. Invece a 31 anni dimostra di essere un lusso per questa squadra: lusso che, peraltro, l'Udinese di quest'anno si merita tutto.
Nella serata, ennesima, in cui l'attaccante migliore della compagnia, Deulofeu, si ferma alla panchina e non entra, così come il talentino olandese cui viene preferito Nestorovski che avrebbe un'occasione, ma si agita e calcia fuori. Nella serata in cui la difesa bianconera commette un paio di errori, i quali sarebbero stati normali solo qualche mese fa ma oggi ci sembrano quasi un insulto.
Nella serata in cui due allenatori, Ballardini e Gotti, celebrati pari a zero dalle grandi fanfare nazional-impopolari a beneficio di altri che urlano, bestemmiano, appaiono ma alla fine determinano poco, dimostrano che dare loro una panchina di massima serie è cosa buona e giusta, e cacciarli invece no. Soprattutto il romagnolo non ha chiesto la maglia di De Paul all'intervallo, l'adriese ha rinunciato credo di buon grado a quella di Perin.
Celie, facezie, nulla di importante. Consiglio alle proprietà rossoblu e bianconera di assicurarsi le prestazioni sportive dei due mister attuali. Di meglio, in giro, vedo molto poco.
Soprattutto, parlando dell'Udinese, lo zoccolo duro di una buona squadra è stato trovato; qualche innesto e un futuro meno grigio potrebbe essere possibile.
Soprattutto (e due), schieriamo giovani. Mi riferisco a tutte le squadre del campionato italiano, unico in cui si utilizzi la locuzione 'non vogliamo bruciare il ragazzo'. Così Haaland, Kean e compagnia giocano da altre parti. E un ragazzo serbo in viola, il quale sta solo mantenendo le premesse, segna a ripetizione salvando la sua squadra se non da solo, direi quasi.
I giovani, cui negli ultimi 14 mesi il mondo ha sottratto così tanto. Ho letto qualche leone(ssa) da tastiera dire che anche questa, per loro, è vita: filosofia da bignamino comperato in edicola. Se dovessi descrivere i miei primi dodici anni penserei subito ai maglioni a far da pali in partite di pallone nei campi che finivano col triplice fischio sancito dal tramonto. Lo so: oggi i ragazzi sono molto più 'virtuali': ma la situazione ha tolto loro i contatti, naturale elemento di crescita e soddisfazione.
Non sono negazionista, ho rispettato pedissequamente le regole e così fanno e faranno le mie figlie. Facciamo però giocare ragazzi giovani che se lo meritino, almeno nelle categorie consentite. Inclusa la massima serie.
In fondo, anche questo è sognare.
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