Mi sono visto e rivisto la gara, cercando di dare una lettura diversa alla gara di ieri. Poi, da spocchioso, rimango della mia.

E cioè che l’Udinese vince perché Gotti la studia meglio di Maran e concede agli avversari, bella squadra, il minimo sindacale: concede, ripeto, perché commette due errori che provocano un palo interno ed una rete.

L’Udinese vince perché gioca meglio sulle fasce, almeno fino a quando non subentra la paura. Perché in mezzo Mandragora e Fofana, e poi Jajalo, lasciano pochissimo a Radja (grande, come sempre) e Rog (rivedibile). Perché davanti Lasagna è evanescente, ma Stefanone mena e ne prende (per tutti, tranne che per l’apposito Piccinini) costringendo Pisacane e l’esperto Klavan agli straordinari.

L’Udinese vince perché il Cagliari di ieri è spocchioso almeno quanto me: ammiro il popolo sardo, in tutte le sue varietà e lingue, tradizioni e modo d’essere. Il Casteddu vince se mette in campo tutto quello che rappresenta, il quale va ben oltre una palla realizzata o una rete salvata. La formazione isolana ha beneficiato (meritandoselo) di un periodo di grazia, quelli in cui riesce tutto o quasi; Lecce ha scalfito le certezze sarde, il tempo di recupero contro la Lazio di lunedì scorso le ha infrante. Il Cagliari è sceso a Udine con la certezza di vincerla, ruminando la palla e non riuscendo (merito friulano) a fare una sola verticalizzazione; Faragò e Lycogiannis sono stati sovrastati da Larsen e soprattutto Sema, almeno fino a quando gli ha retto la ‘pompa’; dietro la mancanza di Ceppitelli si è vista, e solo l’esperienza dell’estone ha evitato guai peggiori.

Tutto questo premesso per dire che la delusione della giornata, per me, non è bianconera ma ‘avversaria’.

Rolando Maran è tridentino, sangue nostro; il suo, il nostro popolo che ha solide radici ladine e talvolta mastica parole irripetibili quando le cose non vanno bene (ci sta) non perde tempo a lamentarsi; da lui mi sarei atteso parole di onestà; magari l’ammissione di qualche scelta iniziale non eccellente, di qualche cambio tardivo, dell’impalpabilità dell’attacco al netto del solito straordinario Joao Pedro, troppo spesso teso all’autoproduzione in mancanza di azioni orchestrate dalla sua squadra.

Invece si presenta in sala stampa ed inizia a snocciolare una serie di scuse trite, di quelle da allenatori anni settanta. Si va da un iniziale ‘questa partita non la potevamo perdere mai’ a ‘due tiri, due gol’ al campo troppo pesante per il loro giro palla; non dice nulla dell’arbitro, l’apposito Piccinini che indovina, perla fra le perle, quasi otto minuti di recupero di cui due individuati nell’ultimo, il sesto, indicato dal tabellone luminoso. Regalo di Natale a chi si lamentò, cinque giorni fa, ed oggi prende ed intasca la stessa moneta.

Insomma, da lui mi sarei atteso altro: quello che tanti tifosi ‘casteddaiusu’ pensano.

E cioè che la squadra ha fatto un campionato straordinario, priva com’è di un totem come Pavoletti; che ha a tratti giocato, assieme alla Lazio, il calcio più bello della categoria: ma che ieri ha invece disputato una gara mediocre e poco incisiva. Tutto qui.

Non è la morte, dire le cose come stanno. Noi friulani, sempre più realisti della realtà stessa, tendiamo a pensarla male, sempre e comunque: ci soffermiamo sull’esultanza polemica di De Paul (ha dato fastidio anche a me), invece di godere di una delle più belle reti viste al Friuli nella nuova veste (si avvicina a quelle del ‘diéz’ vero) né alla sofferenza, vera, manifestata dall’argentino dalla panchina, nell’infinito finale della gara; e che dire della partita bellissima di Seko che ha pure il pregio di rimetterla dalla parte giusta neanche un minuto dopo il pareggio subito.

Insomma siamo troppo spesso incapaci di godere delle piccole gioie soffermandoci sulla tristezza del lungo, lunghissimo momento.

Ecco: è Natale, che l’Udinese non passa in posizione tranquilla: ma a 18 punti si respira aria migliore. Mentre scriviamo, il Lecce sta perdendo in casa mentre il Brescia se la gioca a Parma, appena raggiunto. La lotta per salvarsi sarà durissima.

E ne faremo parte: non so se fino in fondo, ma mettiamoci nell’ordine di idee che non ne siamo fuori. Ci vorrebbero ancora 4 punti da qui alla fine, e sarà dura conquistarli. Giocando come ieri, con la determinazione e la concentrazione mostrata per più di un’ora (la qualità, purtroppo, non è patrimonio nostro di questi tempi) non è missione impossibile.

Vorrei dire cosa penso del direttore di gara. Dopo Lecce-Napoli, dopo averlo visto ieri preferisco un profondo, immenso silenzio.

E allora Buon Natale, amico mio biacca e carbone: che soffri, e tanto, da sempre. Che gioisci, e fallo!, di ogni vittoria. E che il 2020 porti finalmente a Udine quello che da sempre amiamo tanto.

Giocare, bene, al calcio: o almeno provarci.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 22 dicembre 2019 alle 17:52
Autore: Franco Canciani
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