Giuro: prima della gara avevo confidato a tutti che oggi, per l’Udinese, prendere solo un punticino non sarebbe stato un risultato pornografico. Servito.

Non sono un pessimista cosmico, né un presago: l’Udinese non sembra riuscire a segnare nemmeno se le permettessero di utilizzare le mani; l’Hellas, seguito al Friuli da una nutrita curva gialloblu, non perdeva da nove gare consecutive e aveva messo in riga Milan, Lazio e Juventus.

L’Udinese di Gotti, però, a dispetto delle tante cassandre vaticinanti gioca non male; tutti gli effettivi sanno cosa debbono fare, la palla finalmente non viene sempre e solamente lanciata lunga sperando nel futuro e giocatori come Fofana hanno trovato una nuova dimensione. Questo per dire che anche Juric tranquillo-tranquillo prima della gara non lo era.

Ne è emersa una gara bloccata, tattica, a tratti noiosa per i canoni del moderno spettacolo calcistico. Il Verona è sembrato poter fare male quando poteva accelerare, cosa che l’Udinese ha concesso pochissimo. Due occasioni per gli ospiti: nel primo tempo da un corner (ma la palla era uscita) Musso salva prima su un colpo di testa di Kumbulla, poi toglie la palla dalla disponibilità di un veronese sotto porta; nella ripresa una rapida azione di contropiede iniziata da Veloso e Amrabat ha visto il neoentrato Zaccagni frustrato nel suo tentativo di realizzare da una maginot bianconera allineata sull’ultimo confine di porta. Ho letto molti commenti negativi a questa azione difensiva: evidentemente per qualche tifoso realista sarebbe stato più eroico prendere eventualmente gol ma affrontare, petto in fuori, l’avversario uno contro uno. Vabbé.

Da parte bianconera qualche occasione c’è stata: ma per qualche coincidenza astrale gente come Lasagna o ter Avest chiamati alla conclusione non trovano di meglio che scagliare sospiri verso la porta avversaria.

Zero a zero: un punto a testa che alla fine nessuna delle due disdegna.

Lascio ai colleghi veronesi il giudizio sulla formazione di Juric, che anche a Udine ha fatto capire perché contro di loro soffrano tutte le avversarie.

Mi soffermerei su parole e opere di Gotti, oggi anche qualche omissione.

Ha ragione l’adriese a dire che, alla fine, il gioco produrrà anche le reti: spero, però, che si cominci a concretizzare già da sabato pomeriggio. Il cambio Sema-ter Avest è chiaro segno che qualche timore di perderla c’era, ma perché non rischiare un bomber-Teo negli ultimi cinque minuti di gioco? Questo avrebbe tenuto il Verona ancora più basso.

Ha ragione Gotti, che quando parla di calcio pare una mosca bianca in un mondo di podos-frenesia: deve però ammettere che oggi il collega spalatino lo ha messo nel sacco, chiedendo al prode Faraoni (uno dei migliori in campo) un sacrificio enorme. Marco Davide, sulla sua catena, ha reso quasi innocuo Ken Sema, uno dei dribblatori migliori del campionato. Complimenti a loro.

Larsen è normalmente più terzino che ala, ove Sema al contrario è più ala che difensore: già l’Udinese concretizza pochissimo, se vengono a mancare i rifornimenti dalla propria fascia sinistra si fa dura.

Per un Lasagna che, al solito, vede la porta piccola come un tollino da birra, c’è stato uno Stefano Okaka combattente vero, ma troppo obnubilato dal senso di essere vittima sacrificale di un arbitro che, a suo dire, non gli sancirebbe tutte le punizioni meritate: fa girare così troppo lentamente la palla, che con talento ‘mette giù’, permettendo agli avversari di riposizionarsi con calma.

Entrambi lottano, spesso però a venticinque metri dalla porta. Non a caso, ad esempio, dopo la gara di stasera l’Udinese è l‘unica squadra tra le ultime undici a non aver realizzato reti all’Inter di questi tempi. E che sta giocando con un portiere decisamente non all’altezza. È tutto dire.

Rimedio? Lavoro. Udine ha ritrovato un Musso di lusso, un grandissimo Becao e una difesa che ha concesso una sola occasione pulita ad un’avversaria in grande spolvero. In mezzo Mandragora ha sofferto, dove invece Seko ha giocato molto bene. Piccolo inciso: Amrabat vale ben di più dei venti milioni spesi per la sua acquisizione; ha visione di gioco, calma, prende i falli quando deve, passa quando deve, rallenta quando deve e quando deve accelera. Chapeau.

Dell’attacco abbiamo detto: a mercato chiuso questo passa il convento. Alla fine, per la legge dei grandi numeri, una palla la faranno entrare pure loro.

La classifica? Lasciamo perdere. Genoa e Lecce inanellano vittorie in serie ed accorciano le distanze, con l’Udinese che ha solo 4 punti sulla quart’ultima. Il Toro sta un punto sopra e domani affronta il Milan, mentre chi sta veramente male (taciuto delle ultime due derelitte) è la Samp del vecchio Ranieri, che prende gol a grappoli. Oggi cinque fischioni dalla Viola (due rigorini-ini, così Còmmisso sarà sollevato) ed ennesimo sermone del trainer romano.

Al Friuli dovranno scendere Genoa, Lecce e Samp: se l’Udinese farà il suo dovere, la salvezza la si guadagnerà lì.

E intanto si deve andare al Dall’Ara a dominare.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 16 febbraio 2020 alle 23:03
Autore: Franco Canciani
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