Mi aspettavo di più dal Napoli: è vero, i partenopei appaiono ormai in rottura prolungata e a Udine inanellano la settima gara di campionato senza vittorie (Napoli-Verona 2-0 appare preistorica), ma dal potenziale 4-2-4 di Ancelotti ci attendevamo risposte importanti.
Invece non sempre mettere dieci punte equivale a impensierire la difesa avversaria: un’Udinese equilibrata e mai in affanno, nemmeno in un secondo tempo vissuto un po’ troppo a ridosso della propria area, porta a casa un pareggio che, agli occhi degli ospiti, deve valere oro per come si era messa.
Sì: Luca Gotti, che non sarà un potenziale capo allenatore ma tantomeno un pirla, legge la formazione avversaria e si comporta di conseguenza. Tre centrali veri, due laterali bassi a coprire le catene Insigne-Rui e Callejon-Di Lorenzo (migliore dei suoi) rendono sterile il lunghissimo possesso palla partenopeo, che gravita a lungo a trenta metri da Musso che raccoglie la prima palla della sua gara dopo un’ora di gioco, in tranquillità.
Napoli ringrazia Piotr Zielinski (fino a quel momento peggiore dei suoi, assieme ad un Mertens a tratti irritante per il proprio pubblico) ed il suo colpo da biliardo che dopo 70’ pareggia la rete di Lasagna, sfruttando l’unico errore di una sontuosa gara di Rolando Mandragora (nemmeno fortunato sul pressing di Dries); per il resto, con buona pace dei colleghi delle testate nazionali che hanno visto una ripresa napoletana, poco tendente al nulla.
Ma vogliamo, per una volta, rendere merito ai bianconeri? Gara di sostanza, di garra, di squadra con l’unico demerito di non sfruttare l’atteggiamento spregiudicato avversario nella ripresa, specialmente in un ‘4 contro 2’ da allenamento che De Paul getta al vento.
La verticalizzazione di Seko per Lasagna nel primo tempo (doppio errore di Zielinski e Koulibaly) merita il prezzo del biglietto; il pubblico non pretende la luna, ma la voglia di fare vista ieri sera, quella sì. Per una volta, accontentàti.
Contenti, di tutti i calciatori che sono scesi in campo; i quali, al cospetto di una squadra che scendeva a Udine (parole di un collega alla radio) ‘al momento giusto e nel posto giusto per scacciare i propri fantasmi’, non hanno tremato.
Musso ha svolto con precisione l’ordinaria amministrazione; i tre centrali hanno sofferto pochissimo e solo quando Ancelotti (passivo ed insufficiente nel suo apporto) ha inserito Llorente un pochino hanno dovuto remare. Lenti nell’approcciare Zielinski al momento della rete, ma la palla persa da Mandragora li ha colti di sorpresa. Più duro il lavoro degli esterni, con Larsen impegnato seriamente da Di Lorenzo; ter Avest avrebbe invece dovuto e potuto attaccare di più un Rui non in gran spolvero, idea che mi fa aprire una parentesi su Gotti: per qualche minuto, togliendo l’olandese, inserisce Pussetto come laterale basso con licenza di offendere. Automaticamente Rui si ritira indietro, rimanendoci definitivamente quando Becao prende il posto di Nacho, il quale sale al posto di Lasagna in attacco. Bravo l’adriese.
Il centrocampo? Forse la migliore prova dell’anno. Persino DePaul, lontanissimo dai suoi standard, non combina i danni da grandine delle gare precedenti ed anzi risulta utilissimo in ripiegamento (però in avanti spesso làtita); Mandragora, come detto, migliore in campo fino all’errore da matita rossoblu che permette agli azzurri di sperare (invano) di vincere. Fofana vero protagonista: corre, mena, le prende; fornisce un corridoio bellissimo a Lasagna che finalmente non s’ingarbuglia e segna; nella ripresa tiene botta pur andando in rosso d’energie. In particolare, finalmente!, si rivedono gli strappi che costringono l’avversario a corrirgli dietro. Bravo.
Davanti? Detto di Kevin, che lotta contro avversari fortissimi, grande prova di Stefano Okaka Chuka: a sua volta ingaggia un duello rusticano con Kalidou che finisce alla pari perché l’africano soffre ma alla fine lo contiene. Tutto questo nonostante un signore di Aprilia la pensasse sempre, e comunque, in una certa maniera. Basti vedere la mancata ammonizione del centrale senegalese quando questi spintona vistosamente Okaka a gioco fermo.
Già: fra ventidue giocatori che alla fine si sono rispettati, emergeva un signore romano che, manifestamente e senza alcun plissé, decideva (ovviamente in maniera casuale) che le decisioni dubbie dovessero sempre (e quando dico sempre intendo il 100%, sporcato solo da un fallo di mano fischiato a Mario Rui al 94’ ed inesistente) e comunque risolversi in una sola direzione. Quella di un arbitraggio anni settanta, quelli da ‘non disturbate il manovratore’.
Ovvio che questo non abbia disturbato nessuno: le testate giornalistiche nazionali che lo hanno benevolmente giudicato, i suoi capi che di certo ne valuteranno positivamente la prestazione. Mi piacerebbe, sempre, vedere come sarebbero state giudicate, in campo ed al VAR (Manganiello di Pinerolo, ieri) alcune situazioni qualora le aree fossero invertite. Ogni riferimento ai contrasti su Lasagna e Fofana è puramente voluto.
Non credo, mai, si tratti di malafede; piuttosto di pigrizia nell’accomodarsi su una situazione determinata. Auspicherei, nel futuro, fosse più trasparente l’uso del mezzo televisivo d’ausilio (cito sempre il TSO rugbistico), che dovrebbe essere obbligatorio ad ogni episodio dubbio specialmente in area, con audio condiviso in campo. Invece succede che l’arbitro faccia ‘no!’ con le braccia e questo rende ogni ulteriore decisione ininfluente. Firmato Badoglio (cit.)
Andrà sempre così. Poi, è chiaro, le ‘grandi’ vanno in Europa e dai ‘referee’ internazionali prendono schiaffi, lamentandosene vigorosamente. Cosa volete, è il Kharma. È per questo che io tengo ad una sola squadra, ne ho a simpatia un altro paio ma non mi sento obbligato a palpitare per le ‘italiane in Coppa’. Ci sono schiere di connazionali che mi possano surrogare.
Mi dicono che un ex-arbitro internazionale abbia bacchettato, su una rete locale, chi sottolinea gli errori arbitrali e dovrebbe, invece, pensare ai casi propri ed agli errori della squadra del cuore. Gli rispondo, ricordandone le gesta in campo, che le due cose non si escludono. Abbiamo detto dei contropiede sbagliati, diciamo di una direzione di gara che ci è parsa francamente insufficiente. Si può? Grazie.
L’Udinese prende un punto, importante come l’oro e questo importa. Lo fa con una prestazione positiva sotto ogni punto di vista, e questo è ancora più importante; lo ottiene, il punto, con il suo non-allenatore che batte, nettamente, il depresso collega che oggi arriva a dire ‘dalle cose che vanno molto male nascono cose che vanno molto bene’. Glielo auguro, perché Carlo tutto questo non se lo merita.
Adesso all’Allianz. Con la stessa grinta, sapendo che sarà quasi impossibile. Specie dopo la sconfitta della Juventus di ieri, in cui alla Continassa si scopre che anche gli arbitri possono influire sul risultato.
Ma non era il loro recordman di presenze che sosteneva essere, l’attaccarsi ai direttori di gara, l’alibi dei perdenti?
Sic transit.
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