Ci sono partite che lasciano il segno nella memoria e nell'immaginario collettivo a prescindere dall'importanza che queste hanno avuto nell'economia di un torneo o una competizione. Non si tratta di finali mondiali o di Champions League e neppure di match che permettono di vincere uno scudetto o conquistare una salvezza, gare che a prescindere da quanto poi è avvenuto in campo sono già di per sé ricche alla vigilia del pathos necessario per infilarsi nella memoria a lungo termine di tifosi, appassionati o addetti ai lavori. Una di queste sfide memorabili, senza vigilia memorabile o importanza postuma per la classifica, è senza dubbio un "lontano" Milan - Udinese disputato sul "prato" dello stadio Giuseppe Meazza domenica 8 gennaio 1984 e valevole quale ultima giornata del girone di andata della serie A a sedici squadre 1983/84.  Le due contendenti arrivavano alla vigilia appaiate in classifica all'ottavo posto con quindici punti e finiranno la stagione all'ottavo posto con 32 punti il Milan e al nono l'Udinese con 31, con sorpasso dei rossoneri proprio all'ultima giornata grazie al 2-1 inflitto ai bianconeri sul terreno del Friuli. Eppure quel Milan - Udinese entrò nella memoria, prima che passare alla storia, con lo stadio meneghino riempito da 68.359 spettatori, dato battuto in quell'annata solo dalla sfida con la capolista Juventus di Platini (78.479 presenti) e persino superiore alle presenze nel derby con l'Inter (67.597) e alla sfida con la Roma scudettata di Liedholm (60.497). A rinforzare la straordinarietà di quel dato, nella precedente partita giocata dai rossoneri sul terreno amico contro il Torino, al momento quarto in classifica, si erano registrati sugli spalti 35.087 presenze: la metà dei fortunati che si godettero quel Milan-Udinese.

Cornice straordinaria per una partita tra due squadre di media classifica, con i rossoneri neo-promossi in serie A e senza immediate ambizioni di "grandeur" dopo aver vinto il campionato cadetto a seguito la sciagurata retrocessione sul campo nel torneo 1981/82 e dall'altra parte bianconeri friulani poco pratici per recitare ruoli di alta classifica. Un evento già straordinario considerando che il "tutto esaurito" non lo avevano provocato i diavoli di casa, bensì l'arrivo dell'Udinese. O meglio, l'Udinese di Zico, alla sua prima recita nel catino di San Siro, meglio noto come la "Scala" del Calcio italiano.

L'Udinese di quell'annata era partita con grandi ambizioni agli ordini del Mister Enzo Ferrari e giocava ogni match per vincerlo, sia in casa che fuori, potendo contare dalla cintola in alto su un fuoriclasse di statura mondiale come Zico e altri campioni del calibro del Barone Franco Causio, di Pietro Paolo Virdis e Massimo Mauro. Sfortunatamente non era dotata adeguatamente nel reparto difensivo per reggere quella potentissima trazione anteriore e quindi, a vittorie roboanti facevano compagnia rovesci troppo frequenti per poter impensierire in classifica le squadre battistrada, quell'anno nell'ordine finale Juventus, Roma e Fiorentina.

Il Milan neo-promosso, sotto la guida del mago del Perugia dei miracoli Ilario Castagner, era altrettanto votato all'offesa senza adeguate coperture e poco "mestiere", essendo costituito da un mix di giovanotti di sicuro avvenire ma che ancora non avevano espresso tutto il loro potenziale tipo Battistini, Tassotti, Evani, Filippo Galli, di vecchi "draghi" alle ultime recite sui massimi palcoscenici, vedi Spinosi e "Flipper" Damiani, oggetti misteriosi come il centravanti britannico Luther Blisset e qualche certezza come Franco Baresi ed il terzino belga Gerets.

Lo spettacolo che andò in scena "Alla Scala" del Calcio quell'umido, freddo e grigio pomeriggio di inizio gennaio fu molto più simile ad un kolossal hollywoodiano che ad un opera classica: molto più un "Rocky" che una Turandot: i quasi settantamila di fede rossonera furono testimoni entusiasti di un match dove le due contendenti cercavano continuamente di assestare all'altro il colpo del KO, senza curarsi minimamente di tenere la guardia alta. E alla fine i pugni che centrarono il volto dell'avversario non furono pochi. E gli ultimi, specialmente, furono davvero potenti e... indimenticabili.

Fuor di metafora: una partita con continui capovolgimenti di fronte, difese sotto pressione e spesso distratte, giocate tecniche individuali da antologia e errori grossolani.

L'andamento del match pareva pendere decisamente dalla parte rossonera, con i diavoli milanesi già in vantaggio al 8' del primo tempo grazie ad un rigore trasformato da Franco Baresi e assegnato per una "spallata" in piena area di rigore di Cesarone "Armaron" Cattaneo ai danni di Sergio Battistini.

Da lì in poi friulani all'arrembaggio e capaci di pareggiare al 40' con sua Maestà Zico pronto a scagliare in rete sulla linea di porta un'inzuccata del "tamburino sardo" Pietro Paolo Virdis, che aveva anticipato il portiere Piotti e indirizzato la palla verso la rete.

Invece di rallentare il ritmo e consolidare il pari in vista della fine della prima frazione, bianconeri si buttano ancora in avanti scriteriati, vicinissimi all' 1-2 ma invece puniti al 43' dal rossonero Verza capace di calciare a pochi metri dalla rete difesa dal "povero" Brini, un pallone danzante nell'area friulana da diversi secondi senza che nessun difensore riuscisse a calciare lontano.

Copione invariato nella ripresa: Udinese sempre all'assalto e Milan in contropiede con le occasioni più nitide per assestare il colpo del KO, vicinissimo al 52' con "Flipper" Damiani capace di onorare al meglio il suo "nickname" calciando solo davanti a Brini un pallone che prima colpisce un palo e poi l'altro senza varcare la linea di porta. 

A nove minuti dalla fine il "gancio" del KO definitivo lo piazza uno degli attori meno pronosticati della recita,  la "meteora" Luther Blisset, che all'asciutto da tempo immemore, scaraventa il pallone in fondo al sacco per quello che oltre ad essere il suo terzo gol dall'inizio del campionato sembra essere il 3-1 finale per il Milan.

Sembra.

Perchè all'84', con lo stadio festante, certo di aver ormai preso lo "scalpo" dell'Udinese di Zico, non fa i conti con la sapienza e la classe sopraffina di due campioni che, quella domenica, vestivano i colori friulani.

Al limite dell'area milanista il Barone Causio, con un gesto tecnico da leccarsi i baffi, "scodella" verso il centro dell'area piena zeppa di difensori un pallone verso Re Zico; Franco Baresi con il braccio sfiora la palla e ne accentua ancora di più la parabola, l'arbitro Mattei di Macerata, sia sempre lodato, concede la regola del vantaggio: la sfera arriva davanti al Galinho che spalle alla porta, con una sforbiciata magistrale prima che questo tocchi terra, indirizza il pallone nell'angolino dove Ottorino Piotti, immobile al centro della porta, altro non può fare che guardarlo entrare in rete a fil di palo.

Indimenticabile. Lo stadio Meazza trattiene il respiro e in diversi settori sono in molti i tifosi milanisti che si alzano in piedi ed applaudono la prodezza del brasiliano: sembra davvero di essere a Teatro! Riguardare i filmati d'epoca mi mette ancora i brividi.

Sul campo il Milan accusa il colpo e la paura della beffa paralizza i giocatori.

E, come spesso accade in questi casi, la "beffa" arriva puntuale solo 3 minuti dopo, quando Franco Causio detto anche "Brazil", riceve un passaggio filtrante del Brasiliano anagrafico, Re Zico, e con una micidiale finta di corpo disorienta prima il suo marcatore al limite dell'area per poi entrarvi e calciare una "rasoiata" ad incrociare, a filo d'erba e gonfiare la rete rossonera. 3-3. Game Over e standing ovation. Splendido bis del Barone Causio che solo due anni prima, nell'ultimo Milan - Udinese, sempre in gennaio,' aveva segnato all'89' il gol della vittoria friulana costata poi la panchina a Gigi Radice. 

In 6 minuti dal gol del 3-1 si è passò al 3-3 finale.

A fine gara un Ilario Castagner ancora incredulo e arrabbiato per l'esito finale, dichiarò che senza il gol del 3-1 la partita sarebbe finita 2-1. Morale: mai stuzzicare il can che dorme e mai tirare i remi in barca quando navighi in un mare dove ci sono gli squali. (leggasi i grandi campioni).

In una tribuna d'onore delle grandi occasioni, oltre che al presidente Federale Federico Sordillo e il CT campione del Mondo in carica Enzo Bearzot, alla fine spiccarono i commenti "eccezzziunali veramente" di Diego Abbatantuono, ancora in versione "Ras della Fossa". 

Con l'inserimento del tabellino del memorabile match che non servì a vincere nulla, con i voti che assegnò ai protagonisti Franco Mentana sulla Gazzetta dello Sport del 9 gennaio, concludo il mio viaggio nel mondo delle meraviglie del campionato italiano anni '80.

Sezione: Storie Bianconere / Data: Mer 03 marzo 2021 alle 12:27
Autore: Giuseppe Passoni
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