Si dice che per entrare nella leggenda basti un attimo, quell’attimo in cui la gloria ti si cuce addosso e resta per sempre. Certe volte invece servono novanta minuti, ma il risultato è il medesimo. Quella di cui oggi vi vogliamo parlare è la storia di una partita che fece sognare un popolo intero, è la storia di Davide che ha battuto Golia, è la storia di una partita capolavoro divenuta leggenda che ancora oggi fa brillare gli occhi a chi quel giorno era allo stadio per ammirare la più bella Udinese di tutti i tempi. Per fare ciò dobbiamo tornare indietro di ben sessant’anni, alla stagione 1954/1955, stagione che ancora oggi rappresenta il punto più alto della gloriosa storia bianconera.
E pensare che quell’annata non iniziò sotto i migliori auspici, con l’Udinese che, complice una situazione dirigenziale non eccelsa, fu costretta a vendere numerosi giocatori di cui ben otto titolari, tra i quali è bene ricordare la giovane promessa Alberto Orzan, che avrebbe fatto le fortune della Fiorentina. Fu una vera e propria rivoluzione calcistica eseguita sotto l’attenta regia di Giuseppe Bigogno, allenatore dell’Udinese dal 1953, che trovò a Udine la sua definitiva consacrazione. Arrivarono dalla Roma il terzino Azimonti e le punte Bettini e Perissinotto, dalla Fiorentina il mediano Magli, dal Bologna l’ala La Forgia mentre dalla Juventus, nel mercato novembrino, arrivò in prestito il centromediano Pinardi, fenomenale nel gioco aereo. A completare il mercato ci fu l’arrivo di Arne Selmosson, ala svedese di professione idraulico con grande fiuto del goal, proveniente dallo Jonkopings Sodra, squadra dilettantistica svedese. Tolto Selmosson, gli altri erano tutti “scarti” di squadre ben più blasonate, che andavano a costituire una squadra assemblata di fretta e con parecchi problemi tecnico-tattici. A dimostrazione di ciò l’inizio in campionato fu disastroso, con tre sconfitte in altrettanti incontri con uno score impietoso di 10 goal subiti e 1 solo segnato.
Da qui iniziò una lenta ed inesorabile risalita, frutto di tanto lavoro ma anche di un assetto tattico creato da Bigogno che metteva in risalto le migliori caratteristiche dei propri uomini. Davanti al portiere Romano agiva il gigante Pinardi, perfetto raccordo tra difesa e centrocampo, con ai lati i terzini Azimonti e Dell’Innocenti. In mezzo al campo due mediani di roccia come Snidero e Magli, perfetti nel garantire copertura e supporto alle ali Menegotti e Selmosson, il primo corridore instancabile, il secondo più abile nel gioco e nella finalizzazione. In avanti la punta centrale era Bettini, mentre ai lati agivano La Forgia sulla sinistra e Castaldo sulla destra. La sconfitta a Genova contro la Sampdoria datata 12 Dicembre 1954 fu il punto di svolta per i ragazzi di Bigogno che da quel giorno fino alla fine del campionato non conobbero più la sconfitta. Il girone d’andata fu chiuso all’ottavo posto a quota 18 punti. Il girone di ritorno fu straripante, con uno score nelle prime undici giornate fatto di 6 vittorie e 5 pareggi, un ruolino di marcia che permise ai ragazzi di Bigogno di portarsi a sole 4 lunghezze dalla capolista Milan, portando clamorosamente l’Udinese in piena lotta scudetto, una situazione assolutamente impensabile all’inizio del campionato.
Arriviamo così al 1 Maggio 1955, giornata primaverile in quel di Udine in cui sarebbe andata in scena la sfida scudetto tra la cenerentola Udinese e il Milan di Schiaffino e Nordhal. Che quella non sarebbe stata una sfida banale lo si capì già dai primi minuti. Al 6’ del primo tempo, Magli perde palla al limite dell’area consentendo a Nordhal di presentarsi a tu per tu con il portiere Romano. L’estremo difensore friulano con grande coraggio si buttò sui piedi dello svedese, riuscendo ad evitare il goal ma rimediando un terribile colpo al capo che lo mise letteralmente KO. Al tempo non esistevano le sostituzioni, e vista l’impossibilità a continuare di Romano (fu portato negli spogliatoi in stato d’incoscienza), fu proprio Magli (colui che con il suo errore diede il via all’azione di Nordhal) a prendere il suo posto in porta. Con l’Udinese in dieci uomini, Bigogno ridisegnò l’assetto tattico della squadra arretrando La Forgia all’altezza dei mediani, cercando in questo modo di limitare lo strapotere milanista in campo, mossa che non diede i frutti sperati visto il dominio rossonero durante tutta la prima frazione di gioco. Augusto Magli seppe farsi perdonare per l’errore di inizio gara con due grandissimi interventi degni del miglior estremo difensore. Il primo al 25esimo su una punizione di Silvestri respinta abilmente di pugno, il secondo al 40esimo su Nordhal, che calciando debolmente da ottima posizione permise a Magli di respingere la sfera e salvare il risultato. Il primo tempo si chiuse sullo 0-0, e la partita nella ripresa cambio radicalmente.
Il Milan dopo aver dominato i primi 45 minuti cominciò a dare i primi segni di cedimento e al secondo minuto della ripresa l’Udinese passò in vantaggio. Sugli sviluppi di un corner battuto da La Forgia, il capitano Enzo Menegotti raccolse una corta respinta di Beraldo e lasciò partire un potente destro dal limite dell’area che trafisse l’incolpevole Buffon. Udinese in vantaggio ed entusiasmo sugli spalti del Moretti via via sempre più crescente, con la sensazione sempre più concreta che la grande impresa fosse a portata di mano. Tre minuti più tardi uno scatenato La Forgia volò sulla sinistra mettendo un cross per Bettini che di testa impegnò Buffon in un intervento prodigioso con l’aiuto della traversa, con la sfera che tornò nella zona di Bettini che con un tap-in vincente portò l’Udinese sul 2-0. Il Milan reagì subito con la veemenza di un leone ferito e due minuti più tardi trovò la rete della speranza con Vicariotto abile a concretizzare una grande azione di Frignani. In un susseguirsi di emozioni degne del miglior kolossal cinematografico, arrivò al 56esimo il colpo di scena, con Romano che rientrò in campo accolto dagli applausi calorosi del pubblico del Moretti, ora più che mai pronti a spingere l’Udinese verso lo storico successo. Il ritorno in porta di Romano con conseguente rientro in mediana di Magli, diede nuova linfa all’Udinese che spinta da un Selmosson inarrestabile mise alle corde il Milan. Al 62esimo l’apoteosi bianconera con il terzo goal friulano messo a segno da La Forgia, abile a gettarsi come un falco su un pallone respinto corto da Buffon. Il goal di Schiaffino a dieci minuti dal termine servì solo per gli almanacchi, l’Udinese controllò senza troppi problemi e vinse la partita più bella della propria storia, condita al fischio finale da una bellissima invasione di campo con i tifosi pronti a portare in trionfo i propri eroi, l’allenatore Bigogno e il Presidente Bruseschi.
E’ forse questa l’immagine più bella di quella partita, simbolo di un calcio di provincia che non esiste più, fatto da uomini che erano simboli veri, portatori di una forte passione calcistica e di sani valori sportivi che sono arrivati fino ai giorni nostri. Tale impresa fu celebrata con grandi titoli sui giornali, e persino il grande Vittorio Pozzo esaltò quella squadra, che nonostante le situazioni avverse (l’infortunio di Romano) reagì ad esse senza ricorrere ad ostruzionismi o catenacci ma continuando a giocare a calcio e meritando pienamente la vittoria. L’Udinese quella sera si portò a meno 2 dal grande Milan, si iniziò a parlare di Scudetto non solo in Friuli ma in tutta Italia. Per passare dai sogni alla realtà però spesso manca un tassello e così quel Milan dato per spacciato riuscì nelle tre gare successive a centrare tre vittorie contro Lazio, Juventus e Genoa segnando qualcosa come quindici goal, mentre l’Udinese fu fermata dal fanalino di coda Pro Patria e dal non irresistibile Novara, risultati che misero fine al sogno scudetto ma non al mito di quella squadra che vive ancora oggi. L’Udinese chiuse quel campionato al secondo posto potendo anche vantare il titolo di vice-capocannoniere vinto da Lorenzo Bettini autore di ben 20 reti.
L’epilogo di questa stagione ha però un gusto amarissimo. In seguito al filone d’indagini scaturito dalle “Confessioni di Settembrino” l’Udinese fu ritenuta colpevole di aver comprato una partita addirittura due anni prima (Pro Patria - Udinese 1953), nonostante non fosse mai stato provato il coinvolgimento di alcun dirigente friulano. La pena comminata fu la retrocessione in Serie B, un colpo mortale per la squadra bianconera, costretta poi a vendere i pezzi migliori come Selmosson e Bettini. A nulla servirono le manifestazioni di piazza e le proteste, il meraviglioso capolavoro dell’Udinese 1954/1955 fu sfregiato per le colpe (mai provate) di personaggi che con quella squadra non c'entravano più nulla. Nonostante il triste ed immeritato epilogo, quella squadra e quella meravigliosa stagione sono divenute un mito per tutto l'ambiente friulano ed occupano un posto speciale nella mente di ogni tifoso dell'Udinese.
Udine, 1 maggio 1955
UDINESE-MILAN 3-2 (0-0)
UDINESE: Romano, Zorzi, Dell’Innocenti, Snidero, Pinardi, Magli, Castaldo, Menegotti, Bettini, Selmosson, La Forgia. Allenatore: Bigogno.
MILAN: Buffon, Silvestri, Zagatti, Beraldo, Maldini, Fontana, Vicariotto, Schiaffino, Nordahl, Liedholm,Frignani. Allenatore: Puricelli.
Arbitro: Jonni di Macerata
Marcatori: 47’ Menegotti, 50’ Bettini, 52’ Vicariotto, 62’ La Forgia, 80’ Schiaffino.
Spettatori 27.100 per un incasso di 25.450.000 lire.
Angoli: 8-6 per il Milan.
Maurizio Pilloni - TuttoUdinese.it
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