Adam Buksa si è raccontato a Weszlo dal ritiro della nazionale della Polonia. Il nuovo attaccante bianconero ha raccontato i retroscena che l'hanno portato a giocare nell'Udinese: "Avevo in mente il desiderio di cimentarmi in un campionato migliore, ma non avevo pensato necessariamente alla Serie A e all'Udinese. È stato grazie all'allenatore Runjaic, che mi ha chiamato e mi ha chiesto se fossi interessato a trasferirmi. Le trattative tra i club e tra me e l'Udinese sono state piuttosto lunghe, ma alla fine sono arrivato in Italia e ne sono molto contento. Avevo altre opzioni, ma non mi interessavano dal punto di vista sportivo. Una di queste era il ritorno in MLS".

L'attaccante classe 1996 ha sottolineato l'importanza di Kosta Runjaic, un allenatore con il quale aveva già lavorato al Pogon Stettino, nella sua decisione: "Runjaic si è rivelato cruciale in tutto il processo, essendo stato lui a volere il mio trasferimento. Mi conosce come le sue tasche; mi ha introdotto al calcio professionistico; ho giocato con continuità per lui e sotto la sua guida ho iniziato a realizzare numeri migliori. È lui il principale artefice della mia posizione attuale. Non parlo solo dell'Udinese, ma della mia carriera professionistica in generale".

Insieme a Buksa quest'anno è arrivato anche il suo compagno di nazionale Piotrowski: "La presenza di Kuba è sicuramente un vantaggio; ci conosciamo da molto tempo, quindi è fantastico poter stare insieme nel club. Tuttavia, se Kuba non ci fosse stato, probabilmente sarei comunque finito all'Udinese".

Nonostante il breve tempo passato in Friuli, Buksa ha già un'idea chiara della situazione a Udine: "È il club più avanzato in cui sia mai stato, in termini di strutture, staff e specialisti. Hanno tutto ciò che serve per lo sviluppo dei calciatori. Si concentrano sul lavorare con giovani giocatori che possono poi essere venduti a buon prezzo, e sono molto bravi a farli crescere. Il mio trasferimento non rientra esattamente in questa politica; sono una delle eccezioni, destinato semplicemente a entrare nello spogliatoio, aiutare i giovani e fornire indicazioni concrete in campo fin dall'inizio".

"Le aspettative e la pressione sociale sono decisamente a un livello incomparabilmente più alto - continua Buksa - Ed è qualcosa che apprezzo molto perché mi motiva. In Danimarca non mi mancava nulla che dipendesse dal club, ma non c'erano le aspettative sociali che fanno sentire un giocatore importante in un determinato luogo e sapere di avere una missione impegnativa da compiere. L'Italia è un Paese che vive e respira calcio; ci sono aspettative enormi, ma anche la gioia nel lavoro è molto maggiore. Questa è la differenza più grande che ho notato, ma era abbastanza evidente anche prima del trasferimento".

Sezione: Notizie / Data: Gio 04 settembre 2025 alle 10:30
Autore: Francesco Maras / Twitter: @francescomaras
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