Difficile, per un calciatore che milita in serie A, trovare il tempo per dedicarsi anche a un lavoro socialmente utile. E ancor più difficile, allora, per il giudice chiamato a decidere sulla sua istanza di patteggiamento, concedergli una soluzione alternativa alla pena dell’arresto. Tornato ieri davanti al gup del tribunale di Udine, Roberto Venditti, il caso di Pablo Estifer Armero, l’esterno sinistro dell’Udinese finito nei guai, dopo essersi rifiutato di effettuare il test dell’etilometro nel corso di un controllo dei carabinieri, si è concluso con un niente di fatto.

Sfumata la possibilità di patteggiare la pena, convertendone una parte in un periodo di lavori socialmente utili e concordando per quella restante il pagamento di una multa, la partita si sposta ora in dibattimento. E cioè davanti al giudice monocratico, al quale la difesa proverà comunque a riproporre la strada del patteggiamento e, con esso, di un contratto con un Comune o una onlus, disponibili a offrire al calciatore 26enne colombiano un’occupazione a sua volta capace di riscattarlo. Ed è proprio la mancata produzione di una lettera di contratto ad avere pesato negativamente sulla definizione del patteggiamento che il difensore, avvocato Giuseppe Campeis, aveva precedentemente concordato con il pm, Claudia Danelon. Tutto sommato limitato l’impegno richiesto: un’ottantina di giorni appena - l’quivalente del periodo di arresto altrimenti calcolato -, per un paio di ore di lavoro l’uno. Eppure, i tentativi di individuare un ente, per il momento, non hanno portato ad alcun risultato concreto. Colpa delle liste d’attesa lunghissime - ha fatto notare la difesa -,ma colpa anche dell’inconciliabilità tra gli impegni del calciatore - tra partite domenicali e trasferte - e la tabellina di marcia di una qualsiasi altra occupazione.



Da qui, la decisione del gup di rigettare la richiesta e disporre il procedersi alla citazione a giudizio dell’imputato (la data di avvio del processo sarà definita con decreto nei prossimi giorni). Quattro, tutte riferite alla stessa mattina del 22 dicembre 2011, le ipotesi di reato contestate ad Armero. Bloccato per un controllo da una pattuglia di carabinieri del Norm di Udine, mentre, verso le 4, reduce da una notte di festeggiamenti dopo il pareggio con la Juventus, si trovava alla guida di una Bmw X6, aveva reagito in maniera offensiva e violenta, arrivando al punto di minacciare entrambi i militari - due appuntati scelti - di morte. Inequivocabile, secondo gli stessi carabinieri, il suo stato di ebbrezza alcolica: in equilibrio precario e con gli occhi arrossati, il calciatore si era rifiutato senza un giustificato motivo di sottoporsi agli accertamenti del tasso alcolemico. Non a caso, era stata l’andatura estremamente lenta dell’auto a insospettire i carabinieri e indurli a imporle l’alt. Ad aggravare la posizione di Armero, poi, era stata l’esibizione di una patente rilasciata dal suo Paese d’origine e ormai scaduta. Non basta. Perchè a seguito di quello stesso controllo a rimediare una denuncia e ritrovarsi infine condannata a 8 mesi di reclusione (pena pronunciata il mese scorso dal gup di Udine e sospesa con la condizionale) era stata anche l’amica 21enne romena che, quella mattina, si trovava al suo fianco. E che, nel tentativo di indurre i carabinieri a chiudere un occhio sulla vicenda, aveva allungato ai militari una banconota da cento euro.
 

 

Sezione: News / Data: Mar 18 dicembre 2012 alle 11:35 / Fonte: Messaggero Veneto
Autore: Davide Rampazzo / Twitter: @Davide_Rampazzo
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