Anche oggi Simone Pafundi è stato il faro della Nazionale Italiana Under 19. L'ennesima prestazione straordinaria tra i pari età, tanto che ormai non fa quasi notizia. Gli Azzurrini hanno iniziato piano, come un diesel, e si sono accesi veramente solo dopo esser stati scossi dalla rete di Braust. A svegliarli è stato proprio il talento di Pafundi.
Sì, talento è la parola giusta, perché la giocata da cui nasce il gol dell'1-1 non si può spiegare altrimenti. Nasce tutto da un pallone recuperato sulla trequarti avversaria, in un momento confuso del match. Il classe 2006 si avventa sulla sfera e parte, con la testa bassa e le braccia larghe a tener lontano il difensore. L'accelerazione improvvisa gli regala spazio, perché se è vero che nel corpo a corpo il ragazzo di Monfalcone soffre la fisicità degli avversari quando invece parte palla al piede è dura stargli dietro. L'avversario però non molla, lo tallona e quando il dieci è spalle alla porta arriva anche il raddoppio. Sembra tutto finito e il copione pare già scritto: palla all'indietro, per allargare il gioco e ricominciare. Invece no, qui scatta il lampo di genio: colpo di tacco (con il destro, peraltro) per trovare Di Maggio, lasciato colpevolmente solo al limite dell'area. L'8 dell'Inter ci mette del suo: tunnel di esterno e palla all'incrocio. Un gioiello bello tanto quanto l'assist da cui è nato, un gol fantastico.
Giocate del genere sono quelle che fanno balzare in piedi dal divano. Poesia in movimento, nata dall'intuizione un po' presuntuosa di chi crede possibile anche la strada più complicata. Qualcosa di tanto, troppo raro nel calcio moderno. Ma non è finita qui. Perché nella ripresa gli Azzurrini entrano in campo affamati e aggrediscono subito la partita. Sono ancora i due piccoletti a far tremare il castello norvegese: nel giro di 5 minuti Di Maggio colpisce la traversa con il destro e Simone fa lo stesso con il sinistro. Anche questa volta la giocata ha un tasso di talento altissimo: corner battuto corto, pallone al limite dell'area, uno sguardo alla porta e poi il mancino a girare, ahinoi largo quel tanto che basta per colpire il palo interno ed uscire. Ma nulla è perduto: al 52esimo sarà suo l'assist del definitivo 2-1.
Simone Pafundi è un giocatore che l'Udinese non può lasciar andar via. E' un talento peculiare, un po' egoista forse, sicuramente piccolo per il calcio italiano, da sempre rinomato per la grande fisicità. Però ha un talento impressionante, fatto di guizzi e sana follia. Corradi lo ha schierato da punta, al fianco di Ebone che è stato bravissimo a fare il lavoro sporco per aprire spazi per il 10 e per Zeroli, schierato da trequartista. Dietro a giocatori più fisici Pafundi sa muoversi, approfittando degli spazi che si creano e muovendosi lui stesso per crearli. Nel calcio di Kosta Runjaic un giocatore così può dire la sua. Se è vero che vedremo un'Udinese più propositiva, che gioca con due centrocampisti offensivi alle spalle di un centravanti fisico, il folletto di Monfalcone potrebbe avere spazio. Più rapido di Thauvin e Samardzic, ha la stessa classe. E ha solo 18 anni. Anche Di Natale era alto solo un metro e settanta, Sanchez pure meno. Il bello del calcio è questo: per giocare basta essere bravi, non servono i centimetri.
Sicuramente Pafundi non è ancora maturo e resta un giocatore su cui lavorare tanto, con bastone e carota. Perché con un talento del genere c'è sempre il rischio di piacersi un po' troppo. Va benissimo lasciarlo in Svizzera, dove ha più spazio per giocare e, come detto da lui stesso, meno pressione addosso. Non bisogna però lasciarlo scappare. Quella clausola di riscatto da 15 milioni in mano al Losanna rischia di diventare un problema. L'Udinese deve avere il coraggio di tenersi stretto il suo talentino, di farlo crescere e di dargli una chance, quando sarà il momento. Ora potrebbe essere troppo presto, ma se si aspetta ancora potrebbe diventare troppo tardi.
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