Tutto il mondo sportivo e non impazzisce per l’impresa incredibile del Leicester City di Claudio Ranieri, campione d’Inghilterra contro ogni pronostico. È la dimostrazione di come si possa fare calcio ed ottenere grandi risultati pur senza avere bugdet stellari e grandi campioni. Purtroppo questa filosofia sembra funzionare alla grande in altre realtà, come dimostra anche il caso dell’Atletico Madrid di Diego Simeone, capace di sopravvivere al cannibalismo di Real e Barcellona in Spagna, ma non trova terreno fertile in Italia. Colpa sia di un sistema che favorisce troppo spesso le grandi squadre, pigliatutto tra diritti televisivi e prime posizioni in classifica, ed anche per demerito di piccoli club che non hanno saputo cogliere la grande occasione. È un’autocritica che deve farsi anche l’Udinese. Handanovic; Isla, Benatia, Domizzi, Pasquale; Asamoah, Inler, Pinzi; Di Natale, Sanchez, Denis: questo era un undici titolare della squadra friulana nella stagione 2010/11. Senza dimenticare anche ottimi giocatori come Corradi, Floro Flores, Zapata, Muriel, Basta e Siqueira o talenti come D’Agostino che hanno giocato nelle annate precedenti con grandi risultati. Tutti calciatori talentuosi che hanno fatto la fortuna di altre formazioni (basti pensare che la Juventus ha prelevato Pepe, Asamoah ed Isla per conquistare i primi scudetti di questo straordinario ciclo). Alla luce anche del drastico livellamento verso il basso del movimento italiano, superato tecnicamente dagli altri campionati, lascia l’amaro in bocca perché questa squadra sarebbe stata in grado di giocarsi il titolo con le big del nostro paese. Vista la rifondazione necessaria delle milanesi, dopo anni di trionfi, e la fine del ciclo della Roma dei Sensi, l’Udinese avrebbe dovuto e potuto cogliere il momento inserendosi nella corsa per le posizioni più ambite. Con più esperienza e fortuna, una squadra dal fattore tecnico così elevato sarebbe stata molto probabilmente un’antiJuve, una formazione capace di contrastare lo strapotere della Vecchia Signora. La serie di cessioni illustri ha costretto il tecnico Francesco Guidolin ad abbassare i propri traguardi, rinunciando alla possibilità di diventare protagonista a tutti gli effetti. Lo ha ammesso lo stesso allenatore in un’intervista e lo ribadiscono diversi ex friulani: quell’Udinese era fortissima e avrebbe potuto centrare un titolo straordinario.
Purtroppo bisogna anche tenere conto di una realtà ben diversa da quella del Leicester, dove le piccole sono più tutelate ed avvantaggiate contro i colossi del calcio inglese. Ed è un fattore che non si può ignorare. In estate, l’Udinese ha percepito qualcosa come 33,5 milioni di euro dai diritti televisivi, cifra irrisoria se confrontati agli 80 milioni di sterline ricavati dal Watford, formazione neopromossa in Inghilterra. È ovvio che con questi numeri diventa molto difficile se non impossibile pensare di assistere a storie come quella dei Leicester in Italia. Questo deve anche far riflettere le nostre istituzioni che dovrebbero cambiare qualcosa in un sistema già eterogeneo a scapito dei piccoli club ed in un campionato che si avvia a diventare un feudo della Juventus per diversi anni, senza trovare un motivo di interesse, come accade anche in tornei come Bundesliga e Ligue 1. Non si tratta di impedire alla compagine bianconera di vincere, la lungimiranza del progetto dei piemontesi regala i suoi frutti. Ma è giusto che si torni ad avere un torneo più equilibrato, più capace di offrire spettacolo ed equilibrio verso l’alto. Sarebbe bello che ogni squadra potesse sognare di ripetere l’impresa del Leicester, così amato proprio perché così umano e vicino a tutti noi. Ma al momento tutto ciò non sembra possibile e le belle favole di Verona e Sampdoria, giusto per citare le ultime in ordine cronologico, appaiono lontanissime.
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