Ventidue tiri, undici in porta; 52% possesso palla, 5% di passaggi riusciti più dell’avversaria: finisce 1-3 contro un Parma che centra lo specchio avversario tre volte.
Sconfitta meritata? No, ma il calcio punisce chi spreca. E chi non riesce a mettere in pratica l’unico schema difensivo necessario, fermare Gervinho.
Il quale scappa ai difensori bianconeri quattro volte, realizza una rete, fornisce un assist a porta vuota ad Inglese e innesca l’azione del decisivo 1-2, assieme al peggiore in campo della serata.
Devastante, Kouassi, e lo si sapeva: quando in giornata (contro l’Udinese, sempre) è imprendibile. Ed eravamo stati facili profeti quando si diceva che non dovevamo prendere per oro colato la partitona contro Castillejo e Piatek: di fronte a due punte normali la linea arretrata di Tudor è andata in ambasce le poche volte che l’avversaria l’ha attaccata, dimostrandosi rivedibile.
Sconfitta difficile da digerire alla luce della prestazione di otto giorni prima e del numero di occasioni sbagliate nel primo e nel secondo tempo, ma del tutto comprensibile se si pensa che le misure all’africano in gialloblù si sono prese in maniera molto modesta.
Tudor commette degli errori, e sono i più evidenti delle sue due gestioni in bianconero. Indovina, secondo me, la formazione inserendo De Paul e Nestorovski al posto di Pussetto (ancora non ai livelli che gli si riconoscono) e Fofana (discontinuo, sebbene performante contro i rossoneri). Sbaglia però nell’impostare la gara nella fase difensiva, dove i giocatori (responsabili primi della débacle) non prendono le misure all’unico schema avversario. Soprattutto viene tradito (ma avrebbe potuto immaginarlo) dall’ingresso terrificante di Seko Fofana, che perde palla lanciando Gervinho nell’azione dell’1-2 e da lì rimane spettatore assente della gara, creando costantemente metri di buco a palla in possesso avversario e disturbando, in due occasioni, i compagni al tiro.
Peccato: l’Udinese non capitalizza la partita sontuosa di Lasagna, che segna (ridicolizzando Jacoponi), si sbatte in attacco ed in difesa, e al netto dell’intesa con Nesto pare giocatore ritrovato. Né soprattutto pare ancora in grado di infliggere all’avversaria il colpo di grazia, che nel primo tempo a tratti pareva imminente. Sono lezioni da metabolizzare se si vuole passare un campionato meno deprimente dei precedenti.
Sarebbe però sbagliato gettare il bambino con l’acqua sporca: fino a quando Gervinho non ha pareggiato, minando le sicurezze di Musso e di tutti i suoi compagni, l’Udinese ha a tratti giocato in maniera ariosa e persino bella a vedersi, con cambi repentini di versante e manovra avvolgente nella quale Larsen e Sema (finalmente un laterale che punta l’avversario!) sembrano destinati a crescere, e bene, ancora in futuro. Il centrocampo, con Jajalo (non nella migliore delle sue edizioni ma pur sempre il migliore lì in mezzo) e Mandragora, pareva ben equilibrato e lasciava poco spazio agli avversari diretti.
La rete sul finire del primo tempo, come detto, tramortiva l’Udinese che nella mezz’ora successiva lasciava campo due, fatali, volte agli avanti parmigiani. E il fatto che il finale abbia portato ancora una mezza dozzina di occasioni, fallite, in dote alla curva Nord non fa che lasciare ancora più amaro in bocca.
La curva, appunto: tifa, urla, sostiene la gara intera ed alla fine si lascia andare ad un ‘meritiamo di più’ che non riesco a capire. Nel calcio si vince e si perde, ma questa sconfitta (se non ricordo male la prima casalinga dal cappotto contro l’Inter, due campionati fa) ha ragioni che affondano nella bellezza, ed al contempo nella crudeltà, dello sport che tanto amiamo.
Vince il Parma, che non ruba nulla perché sfrutta al 100% i propri punti di forza; perde l’Udinese perché non mette in porta che il 5% dei tiri scoccati verso Sepe (bravo quando alza sulla traversa un pericoloso colpo di testa, strozzando l’urlo nelle gole di tanti supporter). La cosa più importante è analizzare la gara e capire quali sono stati gli errori, in campo ed in panchina.
Cosa della quale non dubito affatto.
Domani l’ennesimo aereo mi porterà negli Stati Uniti, mentre qui in Italia i campionati si assopiscono per permettere alle nazionali di giocare. Intanto salutiamo la volontà di Nuytinck di rimanere in Friuli, soprattutto il ritorno di Stefano Okaka Chuka (a titolo definitivo) che sigla un triennale e sarà determinante per le sorti bianchenere. Alla faccia di chi oggi ironizza, mentre fino a dieci giorni fa stigmatizzava la proprietà per non essere stata in grado di trattenere il centravanti umbro.
Al rientro le squadre saranno definitive. All’Udinese secondo me qualcosa manca, in particolare un cambio per Sema con Zeegelaar vittima di troppe titubanze che sono costate il ritorno in maglia biancanera. Ho fiducia in Tudor, adesso ci aspettano due settimane per parlare.
Tirare, tanto; giocare, tanto; dare tutto, e perdere 1-3. Udinese, il calcio è questa cosa qui.
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