L'Udinese perde la terza partita di fila, al Friuli, contro un Empoli tutt'altro che irresistibile. Viene da chiedersi se alla maggior parte dei giocatori in bianconero importi dell'Udinese o se la squadra friulana rappresenti solo una tappa da sbrigare alla svelta. Rendono il massimo contro squadre come la Juventus (mostrando tutte le loro potenzialità) e poi entrano in campo svogliati contro le squadre minori. Più volte abbiamo sostenuto che perché la squadra remi tutta dalla stessa parte è necessario avere uno zoccolo duro di italiani. I giocatori italiani si affezionano alla maglia, alla città e ai tifosi. Lo sosteneva quel Guidolin che è stato il parafulmine di responsabilità altrui. A Udine si è persa la disciplina (ritiri in hotel di lusso), la competenza (degli osservatori...) e la sagacia tattica. Contro Palermo e Lazio la squadra friulana ha lasciato sguarnita la fascia destra e contro Empoli nessuno raddoppiava le marcature su Saponara. Va cercata qua l'ecatombe di cartellini gialli e non nella pignoleria dell'arbitro. Bastava mettere “la gabbia” attorno al giocatore empolese, o tenere la squadra corta, ed ecco che i cartellini gialli sarebbero stati meno, nessun espulso e la partita la si poteva tranquillamente vincere.

Quanto detto sopra si sposa benissimo con il dubbio che la formazione sia figlia di logiche diverse dalla ricerca della vittoria. L'Udinese degli ultimi due anni pare una squadra con figli & figliastri, con molti Godot che determinano nelle scelte tecniche una schizofrenia di formazioni ed esperimenti tattici sui singoli. Ed anche la gestione dei giocatori non pare magistrale. Sta alla dirigenza far amare la città, il pubblico e la squadra. Perdere Nico Lopez, Angella e mandare Verre a farsi le ossa in B sono evidenti errori.

Rimane anche il dubbio che il 352 sia obsoleto. E' chiaro che la squadra renderebbe di più con la difesa a quattro, in determinati frangenti, eppure a Udine sembra un tabù. Colantuono crede nel suo lavoro e ha continuato su quella strada. Va data fiducia all'allenatore e alla società, ma vanno anche giudicati per i risultati che arrivano, senza dare le colpe agli arbitri. L'anno del terzo posto di Zaccheroni fu un susseguirsi di casuali errori a sfavore, ed anche l'anno del quarto posto dell'Udinese di Guidolin, Sanchez e Totò. Eppure le vitorie, alla fine, arrivavano copiose.

Ed ora silenzio. Silenzio tutti. Lavorare, schiene storte & fatica. Come in tutte le famiglie, quando le cose vanno male, ognuno deve essere richiamato ai propri doveri, alle proprie responsabilità. Udine è una piazza conciliante: i giocatori possono andare in giro per la città anche dopo una sconfitta. E' un vanto della piazza. Qua, semplicemente, si evita di andare allo stadio quando la squadra non rappresenta più la storia del Friuli (imprenditoriale e umana). Nella speranza che, se le cose continuassero ad andare male, qualcuno abbia l'onestà di rispondere dei propri errori.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 20 settembre 2015 alle 12:45
Autore: Giacomo Treppo
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