Lo so, lo so. Lo sappiamo tutti: è il solito rituale

Ci crediamo, ci speriamo, vorremmo commentare un filotto di gare giocate come Iddio comanda. Poi succede qualcosa, un infortunio la timidezza la tecnica la tattica, e si ricasca nel copione usuale.

È il solito rituale.

Stimo Sinisa Mihajlovic; ho patito per il suo calvario, per fortuna risoltosi grazie a tempra, tenacia, alle cure opportune. Patisco anche a sentirlo parlare, di questi tempi, quando vorrebbe convincerci che ieri Ayroldi ha causato alla sua squadra la perdita di due punti. Intendiamoci: il direttore di gara non mi è sembrato granché nella conduzione di una partita sentita ma non certo cattiva; in alcuni frangenti mi ha ricordato il padre, anche lui giacchetta nera, e questo a suo favore non è detto deponga; affermare però che il BiEffeCì sia oggetto di eccessiva severità nel giudizio in campo mi pare un tantinello eccessivo, così come tenere la contabilità dei cartellini. Sinisa non parla a vanvera, secondo me (e ha ragione) vuole i dovuti rinforzi, che la proprietà gli concederà ed è giusto così.

Tante cose mi hanno dato fastidio, ben più dell'arbitro molfettese, ieri al glorioso Renato Dall'Ara. Stadio bellissimo (sono un romantico) dedicato a un presidente rossoblu, illuminato, che ha lasciato questo mondo pochi giorni prima che Romano Fogli e Araldino Nielsen portassero allo squadrone 'che tremare il mondo fa' uno scudetto insperato.

Mi ha dato fastidio vedere una gara mediocre, con due squadre preda di dubbi e paure, con reparti offensivi degni della peggiore sterilità al tiro. Mi ha dato fastidio vedere che un brasiliano, difensore più o meno, dell'Udinese continui a commettere sempre lo stesso errore, causando ritualmente (è il solito rituale) la rete avversaria anche in un momento nel quale, giocando normalmente, si porterebbe la gara alla sosta, al thé caldo ed a una ripresa tutta da giocare. Ma non certo come il primo tempo, altro fastidio quasi fisico, nel quale i gialli di Gotti riescono nel quasi impossibile compito di sbagliare tutto quello che passa loro per i piedi, capitalizzando pochissimo l'ennesima giornataccia del simpatico Angelo da San Bernardo, portiere felsineo che alla fine si può ritenere fortunato nel vedere solo una delle sue incertezze trasformata in rete avversaria. Ci pensa il Tucumano Pereyra, che rischia di rimetterci la capoccia nell'atto di rimediare alla rete del prode samurai Tomiyasu (gentilmente agevolato dalla marcatura a distanza della cosiddetta difesa giallonera), quasi incredulo dopo aver messo in porta una punzione ben battuta (a differenza di tutti i calci piazzati gialloneri, finiti altezza-gonadi e per questo del tutto innocui).

Svanberg nella ripresa costringe Ayroldi a indicargli la doccia, Gotti a cambiare modulo e l'Udinese ritmo, ma da qui a parlare di gioco migliore ne passa. Il pareggio di Arslan (dimenticato un'ora in panca) è meritato: anzi, sarebbero stati tre punti immeritati per il Bologna che ha sì giocato un tempo un uomo in meno, ma la metà campo l'ha passata mai. Mai.

Ma il solito rituale è anche promettere a sé stessi che basta, non ci prenderà, non ci ruberà più, questa squadra, novanta minuti e magari anche il recupero un'altra volta; sapendo, ben sapendo che mentiamo a noi stessi e forse è giusto così.

Su Gotti ho assistito ad un fuoco amico che forse sarà obiettivo, mi è sembrato eccessivo. Fastidio mi ha dato la sua totale atarassia di fronte a cambiamenti nell'undici iniziale, al netto degli infortuni. Gente come Rolando Mandragora, Arslan, Ouwejan meritavano una chance che, spero, verrà loro data contro l'enigma-Napoli di Gennarino Gattuso, capace (il Napoli) di perdere in casa contro uno Spezia ridotto in dieci uomini; deludente, per chi come me la considera da anni squadra non indifferente; incosciamente ignavo (il Napoli) nel non continuare la corsa verso un primato non irraggiungibile.

Come fa, a suo modo, l'Udinese: tutto sommato un punto contro una diretta concorrente per le posizioni di centro classifica (non mi pare proprio i ragazzi di Miha possano rischiare alcunché) poteva essere preventivamente dichiarato gradito; per quando visto in campo, forse anche miracoloso; per me, lo ripeto, modesto risultato dopo una modesta prestazione.

Gotti adesso deve mostrare a me, che su di lui ho i dubbi che provo su tutti (o quasi) gli allenatori da quando Guidolin, dopo un pari a Marassi contro il Genoa, parlò a sproposito, che in petto è più un tattico che un allenatore; il Napoli è fortissimo, in potenza probabilmente una delle tre-quattro migliori rose del campionato, ma non riesce a dare continuità alle prestazioni e soprattutto a concretizzare la mole di gioco costruita a centrocampo; Petagna realizza ma non pare aver fatto breccia nei cuori del Maradona, né in quello del suo mister; in difesa Kalidou Koulibaly non pare essere nella sua migliore annata, quando di fronte all'attacco avversario si disponeva un muro d'ebano. Insomma, ci sarebbero tutti gli ingredienti per una seria gara di contrattacco, esercizio in cui Kevin Lasagna e soci dovrebbero essere discretamente attrezzati. Vedremo come l'adriese preparerà questa gara, ennesima di un campionato che corre a tamburo battente cercando di vincere contro un contagio che pare non avere freni, per la voglia di disputare questo benedetto Campionato Europeo; la passione che provo per la serie A quest'anno è ai minimi sindacali: saranno gli stadi vuoti, sarà la nostalgia per un calcio ormai remoto, insomma mi appassiona di più il basket. E, vi posso garantire, i palazzetti vuoti fanno ancora più male.

L'Udinese probabilmente ce la farà per l'ennesimo anno di fila; non so se Gotti porterà in fondo l'anno, spiacerebbe se lo facessero saltare, ma ho una vocina dentro che sussurra cose che mi danno fastidio.

È il solito rituale. Ci sentiamo dopo la gara di domenica. Pregando, in ginocchio, De Paul e soci di non costringermi a ripetere le stesse cose, quasi fossi un vecchio rinco. Cosa che, probabilmente, sono. Vogliatemi bene.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 07 gennaio 2021 alle 22:50
Autore: Franco Canciani
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