Finisce il peggior campionato dei venti e rotti consecutivi in seria A. L'Udinese vista quest'anno non meritava la salvezza, inutile girarci attorno. Ma grazie a Dio nel calcio i meriti non contano, così il Carpi butta via la salvezza e il Palermo va a pareggiare a Firenze (…).

L'Udinese è salva, diciamo grazie a De Canio che ha preso una squadra vergognosa, non per i mezzi, ma per il carattere solo a tratti, per la voglia di andarsene, per le interviste rilasciate, per il comportamento in campo dal Braglia (Carpi) in poi, e anche per certi comportamenti fuori dal campo.

Questa squadra non merita Udine, non merita il Friuli. Ed anche la società è lì. Sono tutti sul podio dei vincitori. Ma di una competizione fatta al contrario: la gara degli errori. Mai vista una squadra che deve salvarsi dove un direttore sportivo parla di mercato. Mai visto dei dirigenti auspicare pareggi quando serve la vittoria. Mai visti ritiri a cinque stelle (non quelle di Grillo…). Mai visto proprietari che scrivono lettere di qua e di là invece di pensare ai problemi che hanno in casa.

Nell'anniversario dei 40 anni del terremoto in Friuli, l'Udinese sveste la maglia e la bandiera, cambia nome allo stadio e prende cinque gol (sei!) dal Torino già salvo, pieno di rincalzi, nella domenica più importante. Questa squadra non merita un tifo che invece rimane ancora mezzora dalla fine della partita a cantare il suo inno, risposta simbolica e malinconica all'urlo stonato dell'Orcolat.

Via Giarretta, via Soldati, via Carnevale. Via chiunque comandi o abbia un ruolo decisionale. La comunicazione è all'insegna dei saldi di fine agosto. E non è forma, ma sostanza! Ma chi siamo noi tifosi? Siamo quelli che pagano profumatamente i diritti televisivi, lo zoccolo duro e certo dei ricavi, quella parte di guadagni senza i quali nessuna azienda del calcio può permettersi di programmare.

Programmare… quello che era un nostro vanto oggi è come bestemmiare in chiesa. Vedo le immagini di una curva e uno stadio, a Frosinone, che applaude una squadra. Non penso che lo stesso capiterà a Udine, domenica prossima. E non, come piacerebbe ai Pozzo, perché il tifo qua è freddo o irriconoscente, ma perché ne squadra ne società meritano nulla. Non quest'anno.

Quando in un'azienda va male, si tagliano per primi i dirigenti; quando un partito politico va male, si dà la colpa all'elettorato, o alla stampa (o ai giudici…). Once we were un'azienda, ora... A Udine c'è una mano forte? Quando comandava il Paron c'era eccome. Negli ultimi tre anni mancavano capacità di prendere decisioni, competenze del settore tecnico, serietà ed umiltà un po' a tutti i livelli.

Che tutti quanti, ben pagati e ben vestiti, prendano esempio da Kuzmanovic. E' in prestito, si è infortunato. Chi glielo fa fare di rimanere in campo? Invece è rimasto, ha corso e ha recuperato palloni in quei dieci minuti che gli hanno causato uno stiramento. E che vadano da De Canio e lo ringrazino, stringendogli la mano con entrambe le loro. Senza lui saremmo in serie B, simpatico o meno che sia. Lui è uno dei pochissimi da confermare!

Domenica sera è l'ultima partita a Udine del secondo “mostroche ha sempre coperto l'incompetenza di molti fra quelli che girano intorno all'Udinese. Il primo ha superato il Watford, con il suo Swansea. Il secondo, Totò, saluterà il tifo domenica sera. Diranno che era inadatto anche lui?

La rivoluzione fa vittime, è spesso ingiusta, ma è innegabilmente necessaria. A meno che l'obiettivo non sia diventato un altro.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 08 maggio 2016 alle 17:34
Autore: Giacomo Treppo
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