È facile elogiare dopo la miglior partita della stagione. Il campo ha dato il suo verdetto, e ora la speranza in tutto l'ambiente è quella di rivedere ancora prestazioni del genere, ma dopo il triplice fischio ci sono stati diversi atteggiamenti e azioni che hanno svelato che dietro a questo successo c'è un gruppo di lavoro sano. Ed è forse questo l'aspetto che fa rimanere più ottimisti.
Ripeto, è facile elogiare ora. Ma i primi segnali si erano già intravisti nella prima mini crisi bianconera, dopo la sconfitta con il Sassuolo o il pareggio con la Cremonese per esempio. "Non siamo stati bravi noi a proteggerlo": parole di Kabasele su Palma in merito alla prestazione di Reggio Emilia. E così via. Ma anche nei momenti positivi, come l'esultanza collettiva dopo il gol di Buksa contro il Lecce. Dopo l'Atalanta, invece, i segnali sono stati chiari.
Partiamo dalla foto di gruppo. Quella davanti alla Curva Nord, un rituale voluto in primis da Gokhan Inler (che si aggiunge al saluto della squadra prima dell'inizio del match). Oltre tre minuti ci sono voluti per scattare un'istantanea. 180 secondi sono tanti, per una foto. Il motivo? Mancava Runjaic, impegnato a tentare di farsi stringere la mano da Juric. Tutti si sono fermati, mancava il mister. Un dettaglio, vero, ma che poche volte capita al di fuori dello spogliatoio, tanto che lo stesso Kosta è rimasto sorpreso dal fatto che tutto il suo gruppo di lavoro lo stesse aspettando per la foto.
Poi l'intervista di Zaniolo e Kamara. Abbracciati. Un gesto spontaneo, istintivo. Di interviste a due se ne vedono dieci ogni weekend su tutti i campi di Serie A, ma è la prima volta che due giocatori la fanno abbracciati. In maniera causale, senza bisogno di aggiustamenti di inquadratura perché - come spesso accade invece - sono troppo distanti tra loro. Un'immagine forte, densa di significati intrinsechi (dall'integrazione di Zaniolo nel gruppo al ruolo di Kamara all'interno dello spogliatoio). Un bel momento.
Infine il terzo tempo. Lo aveva già fatto Inler, è vero, e forse proprio su una sua imbeccata Karlstrom e Okoye hanno deciso di raggiungere i tifosi fuori dallo stadio al termine della gara per scambiare qualche chiacchiera, foto, sorriso. Un modo per ringraziare chi sempre supporta l'Udinese nonostante i risultati, un modo anche però per far capire a tutti quanto sia vicino il confine tra campo e spalti. Un applauso di incoraggiamento o qualche fischio di troppo possono fare la differenza. Lo dice sempre il capitano, fuori onda (spesso a tu per tu): "Non puoi capire quanto sia importante sentire la vicinanza dei tifosi". Allora il terzo tempo è un modo di Jesper (a nome di tutto il gruppo) per dire grazie, tra una forchettata di frico e un bicchiere di vino.
Segnali di un weekend perfetto e azioni dietro le quinte non dovute, ma volute. Ripeto, per l'ultima volta, è facile elogiare ora ma questo gruppo è sano. Non si è scomposto alle prime difficoltà e di certo può ancora migliorare. Ma dopo dieci partite lo possiamo dire (ce lo aveva già spoilerato Kristensen a inizio anno in realtà): quest'anno c'è un'armonia diversa.
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