Totò Di natale, nonostante i 37 anni, è ancora il trascinatore dell' Udinese . Grande campione da esempio sia dentro che fuori dal campo. Ne parla in una lunga intervista a Guido D’Ubaldo sul Corriere dello Sport, fra tanti altri argomenti… Iniziando dal suo segreto: “Non c’è un segreto particolare, solo la voglia di continuare ad allenarmi bene“. Da Guidolin a Marino, fino a Stramaccioni: tanti allenatori nella sua carriera… “Intanto, se oggi ho la possibilità di raggiungere i 200 gol e di inseguire campioni come Baggio, lo devo a Pasquale Marino che mi cambiò ruolo facendomi giocare punta. Con Stramaccioni mi trovo bene, è un allenatore che ha grande voglia di lavorare, è molto preparato. Mi ricorda un po’ Spalletti. Sicuramente ha una carriera importante davanti a sé“. Udine per Totò come Cagliari per Riva? “Udine è il posto ideale per giocare a calcio senza troppe pressioni. I tifosi sono caldi, ma ognuno di noi conserva quegli spazi di vita privata che permettono di vivere in tranquillità. Anno dopo anno qui ho cominciato a sentirmi sempre più a mio agio e soprattutto la mia famiglia ha trovato l’ambiente ideale. Tutto questo, unito alla grande organizzazione che la famiglia Pozzo ha dato a questo club e le soddisfazioni che ci siamo tolti hanno cementato un rapporto che va al di là del calcio“. E da grande, che farà? “In questo momento sono concentrato ancora sul campo. Sta nascendo il nuovo stadio e vorrei esserci il giorno in cui verrà inaugurato. Vivo alla giornata. Posso dire che dopo la carriera di calciatore vorrei restare nel mondo del calcio. Magari mi metto ad allenare…”. Rimpianti verso i grandi club? “Non ho alcun rimpianto, anche perché se avessi voluto avrei potuto lasciare Udine in qualsiasi momento ogni anno della mia carriera. Se ho scelto di rimanere è perché qui sto bene e qui ho deciso di chiudere la carriera. Non ha senso parlare di rimpianti quando si sceglie il proprio futuro. Nessuno mi ha obbligato a rimanere qui, se l’ho fatto è perché ne sono sempre stato convinto“. E sulla Nazionale? “Ecco, su questo punto posso parlare di rimpianto. Non aver fatto parte della Nazionale che ha vinto i Mondiali del 2006 è un rimpianto. Mi ritengo comunque soddisfatto perché l’Italia ha sempre avuto grandi attaccanti e non è mai stato facile per un ct decidere chi portare in Nazionale e chi lasciare a casa“. Il sogno? “Davanti a me ci sono due traguardi importanti: i 200 gol in serie A e i 205 di Baggio. Voglio raggiungere questi obiettivi per me, ma anche per questa piazza che mi ha dato tanto. Giocare nel nuovo stadio di Udine è un altro dei desideri che spero possa avverarsi“. Già, perché a trentasette anni si può ancora sognare.
«Udine è il posto ideale per giocare a calcio senza troppe pressioni. I tifosi sono caldi, ma ognuno di noi conserva quegli spazi di vita privata che permettono di vivere in tranquillità. Anno dopo anno qui ho cominciato a sentirmi sempre più a mio agio e soprattutto la mia famiglia ha trovato l’ambiente ideale. Tutto questo, unito alla grande organizzazione che la famiglia Pozzo ha dato a questo club e le soddisfazioni che ci siamo tolti hanno cementato un rapporto che va al di là del calcio».
I Pozzo le hanno promesso un ruolo in società a fine carriera? Lei cosa vuol fare… da grande?
«In questo momento sono concentrato ancora sul campo. Sta nascendo il nuovo stadio e vorrei esserci il giorno in cui verrà inaugurato. Vivo alla giornata. Posso dire che dopo la carriera di calciatore vorrei restare nel mondo del calcio. Magari mi metto ad allenare…».
Ha il rimpianto di non aver accettato il trasferimento in un grande club, quando ne ha avuto la possibilità?
«Non ho alcun rimpianto, anche perché se avessi voluto avrei potuto lasciare Udine in qualsiasi momento ogni anno della mia carriera. Se ho scelto di rimanere è perché qui sto bene e qui ho deciso di chiudere la carriera. Non ha senso parlare di rimpianti quando si sceglie il proprio futuro. Nessuno mi ha obbligato a rimanere qui, se l’ho fatto è perché ne sono sempre stato convinto».
Avrebbe voluto fare un’esperienza più lunga e duratura in Nazionale?
«Ecco, su questo punto posso parlare di rimpianto. Non aver fatto parte della Nazionale che ha vinto i Mondiali del 2006 è un rimpianto. Mi ritengo comunque soddisfatto perché l’Italia ha sempre avuto grandi attaccanti e non è mai stato facile per un ct decidere chi portare in Nazionale e chi lasciare a casa».
Montella ha raccontato che quando era ragazzino, nel settore giovanile dell’Empoli, lei sentiva la nostalgia di casa e voleva scappare. Lui l’ha convinta a restare. Ci racconta come è andata?
«Niente di particolare. Ero molto giovane e sentivo nostalgia dei genitori, della famiglia e della mia città. Vincenzo, ma anche il presidente Corsi, mi hanno aiutato molto. In quel periodo a Empoli erano la mia famiglia».
Chi vincerà la classifica dei cannonieri?
«Ci sono tanti giocatori in grado di vincerla. Tevez ha iniziato molto bene, ma il campionato è lungo».
Perché tra i grandi goleador del campionato non ci sono giovani, ma solo giocatori di esperienza?
«Intanto io vedo che molti ragazzi si stanno facendo largo bene, Zaza e Berardi per esempio. E’ gente che ha confidenza con il gol. Per il resto, in Italia si fa sempre un po’ fatica a lanciare i giovani, forse questo è il problema, ci vorrebbe un po’ di coraggio».
C’è un nuovo Di Natale in circolazione?
«Non lo so, ma credo che ognuno debba essere se stesso. Non esistono “fotocopie” di calciatori, ognuno ha le proprie caratteristiche. Il gioco dei paragoni fa sognare i tifosi e piace ai giornalisti ma la verità è che ogni calciatore è diverso dall’altro».
Lei manda sempre un bacio in cielo dopo ogni gol, da dedicare a sua madre, che perse durante una trasferta della Nazionale. Da pochi giorni ha perso anche suo padre. Quanto è stata importante la sua famiglia?
«La famiglia è tutto. Sono stati giorni difficili, perdere entrambi i genitori è un colpo durissimo da superare. Proprio in questi momenti ti può aiutare solo l’affetto dei familiari».
Suo figlio gioca nelle giovanili dell’Udinese? Gli augura di diventare un bravo calciatore?
«A mio figlio dico sempre che la cosa più importante è studiare, il calcio deve essere un divertimento. Se un giorno giocherà a calcio o farà qualsiasi altro lavoro che gli piacerà, io sarò contento per lui».
Se non avesse fatto il calciatore cosa avrebbe fatto nella vita?
«Sinceramente non ho avuto neanche il tempo di pensarci. Mi sono trasferito a Empoli molto giovane e da lì non ho mai pensato ad altro che al calcio».
Un napoletano diventato un beniamino in Friuli. Com’è il rapporto con la gente?
«Il rapporto con i tifosi e con la gente di Udine in genere è straordinario. I tifosi non mancano mai di farmi sentire il loro affetto. Ci sono tanti napoletani qui e tutti si trovano bene. E’ una terra con gente molto ospitale».
L’allenatore al quale deve di più?
«Gli allenatori che ho avuto mi hanno trasmesso tutti qualcosa. Come ho detto prima, Marino mi ha cambiato il ruolo e mi ha trasformato in attaccante puro ma non posso dimenticare Spalletti che mi ha lanciato ad Empoli e mi ha voluto portare a Udine».
Quello con il quale non si è trovato bene?
«Non ho avuto problemi particolari con nessuno. Con alcuni, tipo Guidolin, non ci siamo capiti subito. Poi però è nato un grande rapporto che ha prodotto risultati per la squadra e crescita professionale per me».
Ci parli del rapporto con i Pozzo. L’Udinese è davvero una famiglia?
«L’Udinese è una società che ha un’attenzione maniacale al benessere del calciatore. Al di là di questo, dal punto di vista personale, il rapporto che ho con la famiglia Pozzo è molto stretto. Il patron per me è come un secondo padre, ha sempre una buona parola per me e nei momenti difficili mi è stato vicino. C’è un affetto che va al di là del rapporto professionale».
Lei e Totti, i grandi vecchi del calcio italiano. Vi stimate e vi inviate attestati di stima. Ci sono analogie tra voi? E insieme avreste potuto fare grandi cose?
«Francesco è un grande campione e una grande persona. Le analogie? Siamo “vecchietti” ma continuiamo a segnare».
Lei è un grande professionista. Ci racconta la sua giornata tipo?
«Mi alzo presto al mattino e vado a letto presto la sera. Pranzo e ceno ad orari regolari. Per il resto il tempo è occupato dagli allenamenti. Quando ho qualche ora libera la dedico alla famiglia, alla piccola azienda di caffè che gestisco con il mio amico Simone e alla scuola calcio Donatello, un progetto a cui tengo molto».
L’ultima domanda. Qual è il suo sogno calcistico prima di smettere?
«Davanti a me ci sono due traguardi importanti: i 200 gol in serie A e i 205 di Baggio. Voglio raggiungere questi obiettivi per me, ma anche per questa piazza che mi ha dato tanto. Giocare nel nuovo stadio di Udine è un altro dei desideri che spero possa avverarsi».
Autore: Ivan Cagnucci
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