Abbiamo raggiunto Valerio Bertotto per commentare il cambio di panchina in casa Udinese, con l’ex capitano bianconero che da calciatore ha condiviso insieme ad Andrea Sottil diverse imprese, in particolare quella della BayArena: “Leverkusen fu l’apice, ma abbiamo fatto tante cose buone vincendo l’Intertoto e con altre soddisfazioni anche in ambito europeo. Ritengo sia il giusto riconoscimento a chi ha indossato questa maglia portando i colori bianconeri sulla pelle. Difendendola e portando soddisfazioni all’Udinese e ai suoi tifosi. Credo possa trasferire quel senso di appartenenza che negli ultimi anni per mille motivi si è un po’ perso. Udine e l’Udinese sono due cose che devono andare a braccetto, Andrea può essere il giusto filo conduttore”.
Per molti Sottil è una scommessa, bisognerà anche vedere il materiale che gli verrà dato a disposizione per rendere:
“Non sono d’accordo che sia una scommessa, perché ragionando così un giovane tecnico poi arriverebbe in alto a 75 anni. Sottil ha fatto un percorso importante, allenando già in diverse piazze. Quindi non trovo il discorso congruo con la situazione, sono invece d’accordo sul fatto che è importante avere un tecnico capace a cui bisogna però dare del materiale. Se i grandi tecnici avessero giocatori mediocri faticherebbero comunque in alcuni frangenti”.
Un cambio dopo la buona stagione appena chiusa è un rischio?
“Intanto bisogna vedere chi ci sarà della vecchia squadra. Sappiamo che potrebbero esserci dei cambiamenti di organico. Di sicuro l’Udinese ha la capacità di mettere a disposizione dei tecnici dei giocatori capaci e di buone prospettive. L’anno scorso la rosa era forse la migliore dell’ultimo periodo e Cioffi ha chiuso un campionato in crescendo. Ora bisogna creare presupposti seri e positivi dal punto di vista professionale per quanto riguarda i cambiamenti in atto”.
Saric potrebbe arrivare insieme a Sottil da Ascoli:
“Saric e Sabiri erano i due giocatori su cui avrei puntato, li avevo ad Ascoli e ne parlai anche con Marino. Quando ero ad Ascoli chiesi esplicitamente Saric, lo ritengo un buon giocatore. In funzione di quella che poi sarà la struttura tattica che poi vorrà andare a costruire Andrea è chiaro che i calciatori dovranno essere anche scelti per essere valorizzati”.
Può esserci un cambio di modulo?
“La valutazione va fatta sui calciatori che hai, quando parti da zero decidi insieme alla società, se invece hai già diversi elementi per dare continuità alla precedente gestione si può fare, ma è un discorso che va elaborato all’inizio del percorso, bisogna trovare di comune accordo una linea da seguire fin da subito e poi andare avanti su quella strada”.
Come vedi la diatriba sul lanciare subito i giovani o fargli fare la gavetta?
“Io arrivai in un momento in cui il doppio salto dalla C alla A non era neanche ipotizzato, già allora c’era un concetto di gavetta molto lunga. Inizialmente sei catapultato in una realtà completamente diversa in cui imparare tutto, ma se c’hai sostanza poi riesci a importi. Questo è il messaggio che deve passare per quanto riguarda i giovani, oltre a quello mio ci sono tantissimi altri esempi che si possono fare. Devi creare alla base una filosofia, il concetto di bruciare è molto relativo, sbaglia il 35enne come il 20enne, bisogna saper accettare che gli errori li commettono tutti. Questo non vuol dire che tutti coloro che fanno un settore giovanile importante sono adatti per la Serie A, qualcuno ci arriverà subito, altri finiranno in B, altri ancora magari in Serie C. Quello che dico è che chi è in grado di capire le potenzialità del ragazzo devono un po’ cambiare rispetto alla filosofia attuale, magari c’è qualcuno che cresce più tardi, ma bisogna fare attenzione per esempio a come il ragazzo approccia il lavoro”.
Cosa c’è nel futuro di Bertotto?
“Spero di andare all’estero, spero che questa settimana sia ricca di significati, c’è qualche situazione interessate dove potrei portare avanti il mio percorso. Italia o estero poi in realtà poco importa, ma ho tanta voglia di continuare il mio percorso e procedere con il vento in poppa, voglio prendermi il mio destino. Udine? Resta la mia casa e vuol dire tantissimo”.
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