Ci avevo creduto. Dopo quelle cinque per davvero avevo pensato che Oddo con qualche magia fosse riuscito a risolvere da solo tutti i problemi. Purtroppo anche Max, allenatore intelligente e per bene, è umano e i miracoli da solo non li può fare. La sua iniezione di grinta è durata giusto quel poco da illudermi he una guarigione definitiva fosse possibile. 

Sarà che avevo bisogno di sognare dopo troppi schiaffi presi in faccia, sarà che troppo grandi e continue erano state le delusioni in questi anni che non potevo far altro che aggrapparmi all'ennesimo nuovo allenatore, all'ennesimo portatore di false speranze. 

Scusatemi, ho sbagliato. Lo ammetto. Oddo non basta, il problema non è in panchina, non era quell'allenatore di Aquileia che è stato mandato via a calci nel sedere, ridicolizzato e umiliato. Il vero problema sta altrove e tutti noi ci siamo accorti da soli dove. 

Questa società ormai è come un malato terminale che non attende altro che la sua fine. Non c'è rimedio quando c'è la metastasi, è troppo tardi a quel punto per cercare soluzioni. E l'Udinese è arrivata proprio a questo punto. Il male si è diffuso talmente tanto che nessun Gigi, nessuno Massimo, nessun altro può riuscire nel miracolo. 

Sento parlare commentatori illustri, gente che conta, non come il sottoscritto, che l'allenatore non sa dare stimoli, che anche Oddo ha le ore contate. Rabbrividisco. La soluzione non può essere un nuovo cambio.

E qual è allora la soluzione?

Da appassionato d'arte e letteratura mi viene spontaneo il paragone con il Futurismo. I Futuristi, nei primi del '900, attraverso la loro arte auspicavano, profetizzavano, invocavano un evento rigeneratore dell'umanità e l'avvento di un “uomo nuovo”. La Guerra Mondiale, la morte e la rigenerazione. Non ci poteva essere ricostruzione senza distruzione, non ci poteva essere vita senza morte.

Credo che per l'Udinese a questo punto valga lo stesso. Per rinascere si deve tagliare con il passato, si deve chiudere il ciclo rappresentato da questa società e ripartire da zero. Senza rancori, senza rimorsi, anzi con un buon ricordo del passato che fu e tanta riconoscenza per quanto dato a questa piazza. E' venuta per qualcuno l'ora di farsi da parte, di lasciare a chi ha nuovi stimoli, nuove ambizioni. Come in tutto, nella vita, nel lavoro, è normale che dopo tanti anni si possa non avere gli stessi stimoli, è normale che ci si possa essere stufati.

Tabula rasa, anno zero. Altrimenti continueremo così ancora a lungo. Continueremo a giocare per il minimo obiettivo possibile, per galleggiare. Continueremo a vivere di false promesse, di asticelle che non si alzano ma anzi si abbassano, di Speedy bar, della Comello che canta prima della partita, dei vari personaggi della domenica che presentano il proprio libro alla Club House, di serate di gala, di aste di maglie, di giocatori che giocano cinque partite e poi parlano già da ex, di procuratori che fanno il mercato guardando al loro interesse, di acquisti fatti al risparmio, di allenatori colpevolizzati e poi cambiati, di figure ignobili come quelle che troppe domeniche rimediamo.

Vogliamo davvero questo? Io spero di no. Penso che tutti noi vogliamo solo una cosa, vedere giocare a calcio, vedere società e giocatori lottare e amare davvero questi colori come lo fanno i tifosi, come lo fa chi il sabato di Pasqua si alza presto, si fa quattro ore di macchina per passare 90 minuti a cantare sotto la pioggia. 

Qualcuno dirà che sono i pensieri di un ingrato ma la mia Udinese non la posso vedere così. Mi fa troppo male vederla in questo stato. 

 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 01 aprile 2018 alle 08:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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