Fortuna o sfortuna? Essere a nove ore di distanza da Udine quando la storia riavvolge il nastro; ‘dove eravamo rimasti?’ chioserebbe Enzo Tortora.
Casualità. Dovere. Lavoro, chiamatelo come volete. In ogni caso scrivo queste righe da un luogo accomodato sull’oceano Atlantico, pausa fra Jersey e Maine. Dal Boardwalk. E se mi volto dalla panchina dove mi sono accoccolato, mi occhieggia un negozietto colorato ed aperto, dove si prevede il futuro. Ci andrei, per chiedere a Madame Marie se il cambiamento bianchenero è finalmente radicale o siamo di fronte all’ennesima facciata ridipinta; la signora purtroppo se la sono portata i poliziotti troppi anni fa.
Adesso c’è una signorina dall’Est Europa; non le chiederò nulla. Se non altro per non scambiare delusione con illusione.
Ragione e sentimento. Dicotomia netta.
La testa dice che Marino Pierpaolo, professionista della gestione di squadre di calcio, è l’uomo giusto per tutte le stagioni, non solo bianchenere. Nemmeno lui può far miracoli, ancora meno di Madame Marie che non riuscì nemmeno a prevedere il proprio arresto.
Ci vuole la squadra: finalmente, dopo sei (non cinque) anni di delusioni, contando anche il passo d’addio di Guidolin, un gruppo di giocatori completo e inattaccabile.
L’allenatore c’è: sottovalutai Tudor a suo tempo, non lo farò ancora. Anzi, sono curioso di assistere ai metodi di allenamento, ché le due salvezze così diverse e così uguali sono state figlie di motivazione e teste sistemate.
Sentimento: questi colori si devono sostenere sempre, dice il cuore, anche e soprattutto in tempi di magra come l’ultimo settennato. A prescindere dalla categoria, dalla forza del gruppo, dai risultati.
Oscilla, il mio pensiero che dovrebbe essere spassionato: spesso non lo è, ne sono conscio. Appassionato, mai prevenuto.
Oscilla fra quello che ritengo il pubblico meriti, per l’attaccamento e la correttezza riservati all’Udinese, e quello che invece non può che passare il convento.
Ragione. Analizziamo, allora: se ne andranno per ragioni diverse Sandro e D’Alessandro; se ne andrà De Paul, partirà Fofana e forse anche Lasagna, smanioso di mettersi alla prova in una grande formazione (la quale, peraltro, dovrebbe trovargli posto). Si vocifera che con Larsen si farà cassa, che Samir cambierà aria, così come voci sono quelle legate alla miriade di esteronativi accostati alla Biancanera.
Analizziamo. Questa squadra, lo ripetiamo allo sfinimento, ha bisogno di ricostruire il centrocampo: vedremo all’opera Jajalo, se non altro piedi buoni e fosforo dovrebbero esserci. Attendiamo di sapere se Mandragora vedrà rispettato il biennale o la Juventus, ufficialmente sarriana, lo richiamerà per usarlo come ‘uomo di scambio’ per qualche necessaria acquisizione. Non so se Emil sarà confermato, di certo lo è Behrami per il quale, a fine corsa, si vocifera di qualche incarico dirigenziale in seno alla società. Tudor vorrà senz’altro valutare Balic, per il resto ricostruzione necessaria.
Davanti? Detto e scritto della voglia di riscatto dello jagellonico Teo, tutto da scoprire il futuro di Machis mentre è segnato quello di Baijc (Koniaspor) e probabilmente di Perica, reduce da una stagione in poco chiaro e molto scuro a Frosinone e in Turchia. Se Kevin inseguirà il suo sogno e Okaka tornerà all’ovile del Vicarage, l’Udinese deve ‘fare’ una punta veloce ed una più pesante, entrambe in grado di garantire una produzione offensiva ben superiore alla stitichezza realizzativa della stagione appena passata.
Ragione. Prevalente, d’altra parte sono atarassico ma anche agnostico critico per cui non riesco a spegnere il piccolo neurone che ancora mi funziona. Mai.
Il sentimento invece si chiede, per quel che può fare un palpito di cuore, se Pierpaolo Marino sarà ancora in grado di pescare in giro per l’Italia ed il mondo quei talentini che poi, a Udine, sbocciano in maniera prepotente. Ogni riferimento al vero ‘dieci’ della storia recente bianconera è puramente voluto.
So che probabilmente è fuori portata, ma mi piace sentire (più che pensare) che PPM parli con Corsi e porti a Udine un ragazzo di Altamura e per questo buono come il pane, sbocciato tardi ma conteso da mezza serie A dopo una superstagione. Mi piace sentire che il direttore, come lo hanno sempre chiamato, convinca a venire in Friuli chi, ultimamente, ha un pochino snobbato Udine.
Cosa prevarrà? La ragione, che mi dice che probabilmente l’andazzo è questo (al netto di una più attenta valutazione dei rischi ad inizio stagione)? Oppure il sentimento, che sussurra come sì, è vero che la proprietà non è cambiata né lo sarà la sua filosofia, ma l’aver riacquisito un uomo che conosce bene la piazza, probabilmente la stima venendone ricambiato, ed è abituato a frequentare certi ‘salotti’ calcistici volterà la pagina? In fondo, nel corso di anni di carriera, si è garantito la fama di direttore sportivo (ma nel suo caso è limitativo) abile, competente e affidabile.
Ma lo era anche Pradé. Ragione che spinge.
Vi sento digrignare i denti, amici miei: vi sento dire che non cambia nulla, ché tanto le decisioni le prendono altri; che da Larini, a Giaretta fino giù giù al DS appena accostatosi alla nuova Viola di Còmmisso l’avvicendamento è stato sterile.
Questa è la ragione, probabilmente. Ma attenzione a non scadere nel pregiudizio.
Anche perché lo sport è, deve essere, gioia e non sfogatoio per gli insulti. Se non vi divertite più, probabilmente dovreste dedicarvi ad altro. Ma in questo caso dovreste soffocare il sentimento. E non ci riuscirete.
Lo so che non ci riuscirete. Perché l’Udinese è parte di noi.
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