Tralascio per il momento l'arrivo di Gigi Delneri. Cosa penso sull’esonero di Iachini e la sesta scelta alla guida tecnica in tre anni e rotti lo ho già scritto nell’editoriale su "Il Calcio Magazine" che troverete distribuito in giro per il Friuli da lunedì prossimo. Mi preme invece dare una semplicissima lezione di calcio. Non di quello tecnico, ne lezioni tattiche; mi interessa parlare di società, organizzazione e fatturato (ovviamente tradotto in utili).

Prendi una società di calcio. Se è in Seria A puoi avere un tesoretto annuo di ricavi certi: i diritti televisivi, uno zoccolo duro di abbonati e una parte di sponsor (diciamo base) sotto la quale difficilmente si andrà. Con le entrate di questo “motore di ricavi” più o meno sicuri per ogni anno puoi pagare le spese di gestione e il monte stipendi di giocatori e settore tecnico. Se sai organizzare una società e ti sai avvalere di buoni osservatori, puoi tranquillamente comprare a poco e valorizzare. Le plusvalenze sono il tuo vero utile. Ovvio, devi essere bravo a crearle, ma considerando che spesso le società maggiori comprano dalle società inferiori, puoi remunerare il capitale investito. Il tutto dipende dal gap che sai creare fra stipendi lordi annui da una parte e plusvalenze sulle cessioni dall’altra.

E’ un arte, perché richiede regole organizzative e disciplinari. E’ un arte artigiana perché devi usare “tornio e fresa” per limare i difetti dei giovani che compri. E’ un arte professionale perché chi li sceglie e chi li mette in campo deve avere professionalità alte.

Quindi, riassumendo, input di giocatori che costano 10 e output di giocatori che valgono 50. I costi di quella che nel mondo anglosassone viene definita la “black box” sono pagati dai ricavi certi, praticamente gratis. Ma chi li paga questi ricavi certi? Li pagano per la maggior parte gli abbonati Sky (o Premium…), poi sponsor ed abbonati a seconda di quanto gli uni superino in importo gli altri. Quindi, il meccanismo, per funzionare, ha bisogno di tifosi. Quei tifosi che, secondo i vertici, non possono permettersi di dire “devi spendere” o che non possono uscire dallo stadio per protesta.

Spesso paragono la società dell’Udinese, la sua gestione attuale, a quella di un partito politico. Ha la sua televisione (nulla di male, sia chiaro), ha giornalisti amici ed altri meno, ha specialmente (è questo che più mi rattrista) un’autoreferenzialità molto spiccata. I dirigenti dell’Udinese si sono macchiati a più riprese di complessi di inferiorità, tradotti in pronostici al pareggio di partite addirittura vinte (l’anno scorso sia contro Fiorentina che Napoli). Ora, come non bastasse, difendono a spada tratta una gestione sportiva oggettivamente deficitaria (specialmente dal punto di vista tecnico) facendo barricate di fronte alla famiglia Pozzo. Vorrei che il mio punto di vista e le sue premesse fossero chiare, limpide, scevre da fraintendimenti: per me Giampaolo Pozzo è e rimane non solo il più grande presidente della storia dell’Udinese, ma anche uno dei più grandi imprenditori del calcio che la storia moderna ricordi. Meglio di lui, in Italia, solo il Berlusconi che vinse tutto con un Milan stellare. Altri soldi e altri ambienti...

Ma sta di fatto che un dirigente (che sta nella black box di cui sopra, finanziata dai tifosi) non può permettersi di criticare le critiche dei tifosi, già linguisticamente si capisce che è un controsenso. Lui è pagato dai tifosi che invece pagano per vedere le partite dell’Udinese. Chi va allo stadio gli paga lo stipendio. Provate a pensare a un’Udinese senza diritti televisivi, abbonati e spettatori; e ora ditemi quanti dei dirigenti attualmente in forza all’Udinese prenderebbero lo stipendio? Provate a pensare a un’Udinese senza tifosi allo stadio, che praticamente giocherebbe perennemente fuori casa, e ditemi che risultati potrebbe ottenere.

Siamo al paradosso, come per i politici. I politici devono servire il popolo, sulla carta: perché da questi votati e da questi pagati. Ma un senatore è una persone più importante di un comune cristiano, idem per un deputato, un ministro, un capo partito etc etc… Un dirigente di una società di calcio, tanto più una che finanziariamente basa i suoi utili su uno zoccolo duro di entrate da diritti tv e pubblico, non dovrebbe mai permettersi di criticare il pubblico pagante, tanto più dopo una sconfitta per 0.3 in casa, tanto più dopo tre anni e qualche mese di mediocrità assoluta, tanto più all’ennesimo cambio di guida tecnica. Eppure lo si fa.

Su una cosa sono d’accordo; ai tifosi che gridano “Devi spendere” si può rispondere che le formazioni migliori le abbiamo viste quando si spendeva meno ma c’erano dirigenti molto migliori. Perché quell’aggettivo con cui sembra sia stato definito il coro dei tifosi, antipatico, è più che azzeccato. I Pozzo spendono fin troppo, dovrebbero iniziare a tagliare qualche stipendio. Ad iniziare da quello dei dirigenti, come in ogni azienda che non funziona.

Sezione: Primo Piano / Data: Mer 05 ottobre 2016 alle 19:45
Autore: Giacomo Treppo
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