Quella tra Udinese e Roma è una sfida con anche dei grandissimi giocatori che sono stati in entrambe le compagini. E' il caso di David Pizarro, che ha segnato un'epoca in terra friulana, culminata con la storica qualificazione in Champions League, per poi arrivare in giallorosso dopo la breve parentesi all'Inter. Il cileno è stato ospite nell'Auditorium nel Bluenergy Stadium per ricordare a tutto tondo la sua carriera, partendo dall'ultima volta in cui è stato qui a Udine: "Sono stato qui per un match con la Fiorentina, lo stadio era ancora in costruzione. Arrivare all'Udinese come ho sempre detto è stata la mia fortuna, qua mi sono trovato benissimo e sono nati i miei figli. Poi i tempi sono cambiati, una volta si stava insieme alla gente, fuori si stava tra i tifosi, si mangiava il prosciutto, era un contatto più naturale, più serena. Poi in quegli anni i tifosi andavano a casa contenti spesso (ride ndr)".
Per chi arriva qui da giovane e da fuori non è sempre facile, non lo è stato nemmeno per te:
"C'erano grandissimi giocatori, arrivavo da trequartista e da un mondo diverso come quello sudamericano. Hodgson mi spostò davanti alla difesa, come Mazzone con Pirlo. La lingua fu difficile, poi qui si parla dialetto tanto acnhe (ride ndr). E' stata dura, a 19 anni ero titolare in nazionale poi qui facevo tribuna e panchina, è stata però la società ad aiutarmi, ha avuto pazienza e mi trasmetteva fiducia. Poi c'erano dei giocatori tali davanti che ti costringevano ad aspettare".
Com'è nato il cambio di ruolo?
"Ho conosciuto Spalletti che dava le capocciate al muro, forse adesso ne dà anche di più (ride ndr). Con lui è stato un lavoro importante, in carriera tra Udinese e Roma ho lavorato con lui sette anni, lo conosco bene, lui ha tirato fuori il meglio di me, Hodgson mi ha spostato e Spalletti mi ha fatto crescere. Dopo due anni di lavoro la squadra ha iniziato a lavorare al mio ritmo, trasmettevo fiducia ai compagni quando avevo il pallone, abbiamo conquistato lo storico accesso in Champions, un allenatore che a livello umano mi ha dato tanto. Roy invece è rimasto poco qui per avere quell'impatto".
Il grande salto in una squadra dalle prospettive importanti come l'Inter dove però sei rimasto poco:
"Ho trovato uno spogliatoio pieno di campioni lì, completamente diverso da quello dell'Udinese. Io volevo andare alla Roma, ho fatto il giro più lungo diciamo, il mio desiderio era andare a Roma, il mio idolo era Totti e volevo solo la Roma. Luciano però all'epoca non si lasciò bene con la proprietà e quindi feci il giro lungo. Alla fine quasi sette anni a Roma, andammo molto vicini allo Scudetto e sarebbe stata una cosa importante ma l'Inter di Mourinho era troppo forte, per contrastarli avevamo il gioco, l'abbiamo portata due volte fino in fondo, per un'ora siamo stati campioni, però il calcio è così e hanno vinto loro".
La tua base in Italia è Roma:
"Sì, sono molto legato, ho vissuto un altro calcio, con il gruppo del 2008-2010 ci sentiamo ancora tutti, a livello umano siamo stati un bel gruppo. I social hanno cambiato tanto, ormai i ragazzi anche all'intervallo la prima cosa che vogliono fare è andare sul telefono. Io sui social ci sono ma non ci entro mai".
Nel calcio hai incontrato grandi famiglie come quella Pozzo:
"Ho avuto la fortuna di conoscere persone splendide come Moratti, i Della Valle, c'erano le famiglie alla mia epoca. Giampaolo Pozzo dopo ogni vittoria scendeva in spogliatoio e festeggiava con noi, però guai a perdere (ride ndr). Abbiamo fatto parecchi ritiri quando non si vinceva, abbiamo girato l'Italia".
Kings League?
"No non ci vado, farei brutta figura, ho lasciato nel 2018, ho fatto giusto una partitella. E' dura ritrovare l'agonismo dopo tutto questo tempo. Lì ci sono giovani di 20 anni che si allenano".
Sei andato in Premier League per vincere un campionato:
"E' stato un film, a 5 minuti dalla fine eravamo sotto 2-1, il famoso gol di Aguero. L'avevo già perso alla meta nel 2008, ho detto a mia moglie 'non è per me evidentemente'. Poi invece si è ribaltata la situazione, mi sono detto che un'altra volta non poteva succedere. Poi abbiamo visto tutti i santi e abbiamo vinto. Un'esperienza fantastica in una terra fantastica".
Differenze tra Italia ed Inghilterra?
"L'intensità che hanno in Inghilterra fa la differenza, a livello tattico non sono più bravi di noi, però l'ìntensità è altissima. Sono arrivato là e ho visto fagioli e uova nei pasti, pensavo non fosse possibile andare al massimo così e invece corrono tantissimo, poi anche se si perde lì applaudono, cosa che non succede in Italia e ancora peggio in Sud America".
Poi sei tornato da dove sei partito vincendo comunque trofei:
"Con l'Universidad de Chile sì ho vinto e anche con la nazionale con Sanchez ho vinto la Copa America, con lui però non ci sentiamo, abbiamo altre vite. Lo seguo come gli altri connazionali all'estero".
C'è un nuovo Pizarro in Cile?
"Adesso a livello calcistico siamo in difficoltà, è un dato di fatto che ci preoccupa perché il Cile quando lottava per i Mondiali è sempre stato lassù".
Hai preso il patentino per fare il tecnico, è una strada che intraprenderai?
"Fare l'allenatore non è una cosa semplice, gestire 26 teste è complicato, ognuno spesso fa per se. La professione è colletiva ma spesso ognuno pensa a se stesso, Spalletti e i grandissimi allenatori se riescono a fare il loro gioco con risultati è una gran cosa. Ci pensero se intraprendere questa strada, mi ispirerò nel caso a Spalletti. 17 anni di Italia, 7 con lui, mi rivedo in lui, poi ognuno ha la sua storia, ma quel calcio mi piacerebbe proporlo".
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