Avevo scritto, prima di questa gara: avevo scritto per dire che secondo me dopo le gare contro due “major” della categoria, sfociate in una buona prestazione, una meno e zero punti, contro l’Empoli l’Udinese si sarebbe scrollata di dosso paure e patemi ed in scioltezza avrebbe dominato al Castellani. Poi, al momento di salvare il documento (non lo faccio mai in corso d’opera, come Aldo che mise una volta due fisso a Inter-Cagliari amo l’avventura ed il rischio) ho premuto “no”. Perché come un cattivo rigorista ho ripensato a Cesena, Parma, Frosinone, Carpi... Oggi è andata anche peggio: l’Empoli e l’Udinese parevano star disputando una gara di fine stagione, tradite solo dai cappotti in tribuna; tanto che nella ripresa soprattutto Oreste ha chiesto un paletot per difendersi dal freddo e dalla mancanza di pericoli creati dai padroni di casa. Ma a nove minuti dalla fine, un fallo laterale diventa un cross per Mchelidze che, marcato da Marco Davide Faraoni, incorna in rete. E l’incanto finisce. Finisce apparentemente l’effetto Delneri; finisce la mia convinzione secondo cui questa squadra, liberata dagli inutili ciabattanti e senza ulteriori rinforzi, poteva fare cinquanta punti e più; finisce soprattutto il sogno di un’Udinese ritrovata, essendo oggi soprattutto ripersa. E io mi sento pirla: per averci creduto, per aver sostenuto che ormai i bianconeri avessero ritrovato nel proprio DNA il gioco aldilà di risultati ed impegni, in particolare per aver sopravvalutato le doti morali di un gruppo che credevosi fosse riscoperto tale. Nel primo tempo ci prova, l’Udinese, due volte; nella ripresa mai. E questo non è accettabile: la percentuale di realizzazione dei friulani è pari alla temperatura di Udine in queste mattine non calde, per cui vince l’Empoli e io mi sento totalmente inadeguato a commentare la gara. Dicono, alla televisione della società, che bisogna commentare con obiettività, non con la pancia. Sbagliano: perché di pancia chi a questi colori tiene potrebbe colorare tutto col bianconero dell’affetto e il rosa della speranza. Se invece proviamo ad essere obiettivi, escono fuori i nervi scoperti e la cruda realtà del momento. La quale dice che... Nelle ultime quattro gare l’Udinese ha segnato una sola rete, con Jankto contro l’Inter, peraltro ininfluente. Nelle ultime quattro gare l’Udinese ha subìto quattro reti. Nelle ultime quattro gare l’Udinese ha totalizzato un punto. Nelle ultime quattro gare l’Udinese ha meritato di essere di nuovo inghiottita dalla mediocrità del campionato, cui evidentemente appartiene: poco da fare. E chi si affanna a dire che contro l’Empoli l’Udinese appariva meglio attrezzata tecnicamente, deve ricordarsi che il calcio non è l’album delle figurine Panini: Fofana lo vogliono tutti, Krunic forse lo rimpiangono a Čačak per cui Seko in un teorico duello stravince: lo so che hanno ruoli differenti, ho messo giù i primi nomi che mi venivano in mente. Soprattutto è superfluo dare colpe a Delneri: il beato Quartino da Aquileia ha già fatto molto, ma contro la pigrizia mentale di troppi giocatori c’è nulla da fare, anche per Mourinho o Ancelotti. E le motivazioni non le dà l’allenatore, un ragazzo rampante le trova nascoste in sé.
Tutto questo nel giorno in cui Roger Federer strappa un successo, a Nishikori testa di serie numero 5 degli Australian Open, al quinto set e con infinito cuore e classe. Ma cosa ne possono capire i nostri? Inutile anche esaminare i perché tutto ciò sia successo; se Zapata sia pagato per fare a sportellate o segnare, se Perica parli troppo e se la difesa si renda conto che ad ogni gara prende una rete censurabile: soprattutto alla luce delle dichiarazioni di alcuni giocatori secondo i quali l’Udinese ha sì perso, ma l’Empoli avrebbe fatto poco di più. Direi pochissimo: ha solo segnato. In fondo, e non mi si adombrino sospetti da calcioscommesse, c’è stato un malinteso sulla stessa canzone: “I soliti accordi”. L’Udinese, ad un certo punto, ha pensato che l’Empoli avrebbe tirato a campare in quello star bene reciproco del tutto lecito secondo il quale, come disse Buffon, “meglio due feriti di un morto”. E per tutti loro, in campo, la gara sarebbe mediocremente scivolata verso uno scialbo, incolore zero a zero. Poi il georgiano segna, esulta, commuove il Castellani: quest’Udinese non ha forza per invertire i motori di una gara. Quella rete era praticamente il vecchio “golden goal“ empolese. Game. Set. Match. E “I soliti accordi” sono invece quelli del gioco bianconero prima dell’avvento di Delneri: do maggiore, la maggiore, la minore, re minore, sol settima e tutte steccate, ché questi due accordi non li mette in fila, mai. I soliti accordi, ed io il solito pirla. Me lo dico da solo anticipando i più affezionati fra voi, quelli che sostengono che scrivo male (probabilmente vero) e non si capisce quanto io voglia dire (probabilmente vero). Pirla perché mi basta una finta, un passaggio, un goal di un bianconero anche modestamente impostato per delirarne le doti. Salvo poi esser preso a secchiate d’acqua gelida in faccia, ché questi qui si salvano comodi perché le ultime tre gitanti ormai puntano ai denari del paracadute e stanno approntando la squadra per la serie cadetta nella prossima stagione. Miracoli della serie A a duecento squadre. Non mi avventuro a dire che sia stata la peggiore sconfitta (a Cagliari andò molto peggio), dico che è stata la gara giocata peggio dall’Udinese dell’era Delneri. Adesso arriva il Milan, e lo stadio Friuli per la penultima volta ci vedrà in minoranza di fronte alle schiere dei rossoneri venetofriulani. Che, se tutto va come sta procedendo, usciranno felici dal campo e dagli spalti, beatificando Montella ed il neoentrato Deulofeu. Chissà se la dirigenza chiederà a Gigi, in scaramantico nome dei bei vecchi tempi, di mettere di punta Ranegie...
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