Evidentemente è destino che l’Udinese non possa concludere serenamente il campionato. Prima c’è stata una crisi di metà stagione che ha risucchiato la squadra nella zona calda della classifica; ora che sembra sia stato scongiurato il pericolo della retrocessione, ci sono state le voci su presunte irregolarità fiscali della famiglia Pozzo, proprietaria del club, a turbare l’ambiente. A questi eventi aggiungiamoci anche un’altra suggestione made in China. Infatti, secondo alcuni siti del lontano Oriente, pare che tra le squadre più gradite in Cina ci sia proprio l’Udinese. Certamente è un risultato importante e dimostra che l’ottimo lavoro fatto dalla società in questi anni sta dando i suoi frutti. L’Udinese sta diventando un club conosciuto anche all’estero, valicando i confini regionali. Un successo notevole per una piccola realtà come quella friulana, cresciuta senza i budget ed i palmares spropositati delle squadre più grandi.
Tuttavia questo pone le basi per un’altra considerazione: dato che già da tempo si parlava della cessione delle quote minoritarie della società ad un gruppo cinese da parte del Paron Pozzo, questo gradimento riscontrato potrebbe essere un indizio forte dell’ingresso degli asiatici, avvalorando se possibile le voci che già circolano da tempo. Dunque, dopo tanti anni, l’Udinese potrebbe non parlare solamente friulano ma anche qualche idioma in mandarino stretto. Un segnale del cambiamento dei tempi. Del resto non è un fenomeno che riguarda solo il club bianconero: anche il Pavia è diventata una società gestita da un gruppo cinese, mentre Inter e Milan si interrogano tuttora sull’eventuale ingresso di cordate asiatiche per rimpinguare un capitale piuttosto fragile. Senza dimenticare la Roma a stelle e strisce di James Pallotta ed il Venezia americano di Joe Tacopina oltre al il Bologna canadese di Joey Saputo. Insomma è evidente che il nostro calcio parli sempre meno italiano. Un risultato dovuto ai tempi di crisi ma anche ad un mondo che continua a cambiare forse anche troppo rapidamente. Dunque sicuramente fa un certo effetto pensare ad un’Udinese non più interamente friulana ma in parte anche estera ma è un’eventualità da tenere in considerazione. Sarebbe certamente un attestato importante del lavoro svolto finora e darebbe un nuovo impulso alla squadra, con i bianconeri che potrebbero anche cambiare in qualche modo la propria filosofia e – perché no?- sognare di ambire a traguardi certamente più lusinghieri di quelli raggiunti in questi ultimi due anni post guidoliniani. Anche la sola idea di competere stabilmente per posizioni limitrofe alla zona dell’Europa League sarebbe un grande successo e sicuramente avere un partner importante, pronto ad aiutare i Pozzo nell’allestimento di una squadra valida, potrebbe risultare una risorsa da non sottovalutare. E forse non dovrebbe stupire così tanto, dal momento che ci stiamo abituando a vedere un’Udinese sempre più multiculturale in campo: se già il terreno di gioco ci sta proponendo un modello particolare, non sarebbe utopistico pensare anche ad una società eterogenea nella sua componente. Ma non si può non considerare un altro aspetto che esula da concetti economici e finanziari ed è strettamente legato alla sfera dei sentimenti. In questi ultimi anni il lavoro della famiglia Pozzo è stato straordinario al punto da riuscire a portare una realtà regionale come l’Udinese a lottare per grandi obiettivi, perseguendo continuamente un progetto ed una linea aziendale precisa, senza mai snaturarla sia nei momenti positivi, sia in quelli negativi. Impossibile dunque non pensare con un pizzico di gelosia, naturale perché dettata dall’affetto, che sarebbe bello se la squadra bianconera restasse ancora un’eccellenza esclusivamente friulana nella sua conduzione. Una sorta di oasi romantica e antitetica rispetto ad un calcio sempre più globalizzato.
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