La protesta civile ed educata della tifoseria bianconera ha ricevuto una risposta da parte della società. No, non da Gino Pozzo. Il numero uno dell'Udinese non si è visto in piazzale Argentina a discutere faccia a faccia con i rappresentanti del tifo come sognava qualcuno. Impossibile, perfino per un sogno. Ancora una volta è toccato al direttore tecnico Daniele Pradè andare davanti alle telecamere della tv di casa per provare a difendere l'operato della società e la bontà del mercato, estivo prima ed invernale poi.
"Abbiamo investito tanto", "lavoriamo 24 ore al giorno", "i Pozzo sono coinvolti al 100% nel progetto" sono alcune delle frasi che sono maggiormente rimaste impresse a chi, come il sottoscritto, ha seguito il discorso del di-ti. Perché è toccato a lui, e non chi comanda veramente, dare delle risposte? "Hanno scelto me per fare questo e quando c'è la contestazione a Gino Pozzo c'è anche la contestazione a Daniele Pradè". Si è assunto, senza paura, tutte le responsabilità, come se fosse lui l'unico colpevole di questi anni bui. Sì è addossato colpe non sue, colpe antecedenti perfino al suo arrivo, si è caricato sulle spalle tutti i problemi di queste stagioni senza né capo né coda. I tifosi, lì seduto in studio, però ci avrebbero voluto vedere qualcun altro. Impossibile, come si sapeva già.
Pradè è una persona seria, un grande professionista, un uomo sincero e diretto. Ho avuto il piacere di conoscerlo in estate e, non lo nascondo, sono rimasto piacevolmente colpito. Ho sempre pensato "se Pradè viene a Udine allora qualcosa di buon lo si vuol ancora fare". Poi i fatti per ora hanno smentito tutti i buoni propositi. Non posso però credere che le colpe di certe scelte siano soltanto sue, non posso credere che Teodorczyk sia un colpo suo, non posso credere che sia stato lui a portare Zeeglar e Okaka a Udine via Londra. No, c'è un'altra mano che pilota.
L'altro giorno io e il collega Federico Mariani eravamo a Milano nella sede del mercato. Abbiamo fatto la posta al direttore, l'abbiamo aspettato per capire cosa stesse accadendo in quelle ultime ore. Quando è arrivato ha tirato dritto, nascondendosi in un "ragazzi, scusate ma non ho nulla da dirvi". D'altronde quelli di certo non erano giocatori suoi e a noi che poteva dirci? Che avrebbe voluto un altro centrocampista ma alla fine tocca prendere Sandro? Con il maestro Petiziol ho fatto questo ragionamento, "ma uno come Pradè, uno così conosciuto e stimato, come fa a non avere giocatori di un certo spessore per le mani tanto da dover aspettare quel che passa il convento, quel che arriva da Watford?". In realtà l'artefice di certe scelte è sempre qualcun altro, come lo era già in passato con i vari Giaretta, Bonato e Gerolin, ed è per questo che i tifosi chiedono a gran voce che colui che decide si prenda per una volta le sue responsabilità.
Credo a Pradè quando dice che nemmeno la società è contenta di questa situazione, di questa classifica. Chi vuole giocare per perdere? Nemmeno un pazzo e i Pozzo, imprenditori e manager di successo quali sono, immagino vogliano sempre vincere. Eppure qualcosa non va, eppure è palese che a Udine qualcosa si sia rotto forse definitivamente.
E' difficile capire dove sta il progetto. No, di quello, mi scusi il direttore, non se ne intravede nemmeno un pezzetto. Il progetto ci sarà, aziendale ma non sportivo. I tifosi bianconeri, persone intelligenti che di calcio, quello buono, ne hanno masticato parecchio, se ne sono resi conto da soli. Sappiamo cosa eravamo e sappiamo purtroppo cosa siamo ora. Tra il ieri e l'oggi un abisso in tutto: nel mercato, nel pianificare la crescita della squadra, nello scegliere gli allenatori, nel porsi obiettivi a breve e lungo termine. Ora si naviga a vista, cercando di portare a casa al più presto la salvezza.
"Entrambi non dormiamo la notte per questo, come la famiglia Pozzo. Questa è la situazione. Noi vogliamo coesione coi nostri tifosi, se non l'abbiamo non arrivano i risultati, diventa difficile, i ragazzi però non lo meritano". Io credo che in questi anni i tifosi abbiamo dimostrato un affetto ed un rispetto incredibile per questa maglia e per questi colori, hanno dimostrato che sanno essere pazienti, che sanno stringere i denti di fronte alle difficoltà, hanno messo l'elmetto e sono scesi in battaglia. Coreografie uniche, incitamento continuo, una passione che è perfino cresciuta. Ultima dimostrazione il numero di abbonati dopo l'ennesima stagione no. Per questo motivo credo che tocchi ora alla società rispettare i suoi tifosi e che questa forma di protesta vada giustificata. La società deve essere chiara, trasparente, senza filtri. Parlare, litigare, come in famiglia quando ci si lancia i piatti ma poi alla fine si la pace perché in fondo ci si vuole bene. Un incontro costruttivo non distruttivo, è questo che i tifosi pretendono.
Anche a me piacerebbe rivedere la curva cantare, come sempre ininterrottamente per 90 minuti. Mi auguro, in cuor mio, che tutto si possa risolvere e che si possa, per davvero, voltare pagina, insieme.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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