“Sto bene, sono un privilegiato perché ho una casa grande, con un bel giardino. Poi ho sfruttato i 200 metri consentiti per camminare molto. Quindi va tutto bene. Ho ripreso oggi con la bicicletta e mi sto riabituando, quando il tempo lo permetterà tornerò a fare i miei giri sulle cime friulane come facevo prima. I percorsi sono splendidi!" Ai nostri microfoni mister Francesco Guidolin si è concesso per addirittura un'ora di chiaccherata, tantissimi quindi gli argomenti toccati e non si può non partire dal suo legame con il Friuli che è speciale, quasi magico: "Quando si entra in Friuli si entra come in un’altra dimensione, per me è stato il territorio a fare la differenza, poi chiaramente i bei risultati hanno fatto il resto, se io dovessi cambiare regione o casa andrei ad abitare ad Udine, nonostante mi sia trovato bene ovunque io sia andato”.

Per l'eventuale ripresa è netto il pensiero: “Dovremmo pensare già alla prossima stagione, ci sono troppi pericoli dietro l’angolo nel riprendere quella sospesa. Farei la classifica basandosi sulla classifica dell’ultima giornata prima della sospensione e programmerei la prossima. Ci sono troppe incognite su questo virus attualmente, andrebbero controllate troppe cose. I giocatori poi vengono da un periodo di inattività lunghissimo, pensare che tutti i ragazzi si siano allenati bene a casa mi sembra difficile. Farli allenare con le partite è possibile, ma dare quello che si dà durante la preparazione estiva è complicato”.

Andando invece alla sua carriera, da giocatore non eri esattamente un esempio da seguire: “Ero un giocatore che aveva bisogno che tutto fosse perfetto, subivo subito il gruppo, gli sguardi dell’allenatore… quello che ha creduto di più in me fu Bagnoli, con lui infatti feci benissimo. Mi fossi avuto in squadra però mi sarei messo fuori (ride ndr). Il mio talento mi avrebbe permesso di fare tranquillamente dieci anni in Serie A, cosa che non ho fatto, mi sono rifatto da allenatore. Poi le vicende della mia vita mi hanno cambiato da così a così, a 32/33 anni ho avuto una nuova forza”.

In tantissimi vorrebbero un suo ritorno a Udine, c'è mai stata questa possibilità? “Sì in questi anni c’è stato qualche contatto, ma per portare avanti un discorso vero ci sarebbe dovuto essere un incontro con la società, che non c’è mai stato. Mi avessero chiamato avrei fatto volentieri due chiacchiere con loro, questo non vuol dire che avrei accettato, ma sicuramente se ne poteva parlare”.

Al suo arrivo, anzi ritorno, sapeva cosa l'aspettava: “L’Udinese aveva un tipo di strategia che era già consolidata, mi ricordo che ci ritrovammo a fare un’amichevole in provincia con giocatori praticamente solo stranieri, mai successo a quel tempo in Italia. Presi un’ottima squadra, sapevo cosa accettavo. Il vero miracolo fu fatto l’anno dopo, quando dopo aver venduto alcuni elementi arrivammo terzi, l’ho già detto e lo ribadisco, potevamo arrivare allo Scudetto con un paio di rinforzi giusti, difficile ritrovare una squadra così a Udine, perché alcuni giocatori avevano raggiunto la giusta maturazione e i giovani erano sì giovani, ma già instradati. Poi c’era Totò… comunque se trattieni un giocatore controvoglia a Udine non ti dà più quello che ti dava prima, quindi sì potevamo lottare per il primo posto, ma trattenere chi era partito non ci avrebbe aiutato”.

Un giocatore con cui ebbe qualche problema? Con Sosa non fu tutto rose e fiori... “Più che con Sosa ebbi qualche problema con la società, perché partì Bierhoff e arrivò lui che non era ancora pronto per la A, oltre che non essere per caratteristiche molto simile a Oliver. La società spingeva per dargli più spazio, però avevo anche Locatelli che era esploso, Poggi, Amoroso… Ci diede una mano importante però anche lui”.

Floro Flores ora che si è ritirato non ha avuto parole piacevoli per la parentesi con lei: “Uno dei miei piccoli dispiaceri è il non essere riuscito a tirar fuori tutto il talento che aveva Floro Flores. Perché aveva tutto, forte di sinistro, destro, testa, prestante fisicamente. Però un allenatore deve fare delle scelte, avevo capito che quella squadra funzionava alla perfezione, con Sanchez trequartista e non ala poi mi convinsi che il modulo a una punta sola era quello giusto. Non dimentico però di aver dato poco spazio a un ragazzo come Floro”.

Muriel fece sei mesi incredibili con lei, poi però si è smarrito nonostante una carriera tutto sommato buona: “Sta facendo una buona carriera, ma mi aspettavo di più. È un bravo ragazzo anche Luis, quando l’ho avuto io mi dava l’impressione di essere un ragazzo che magari andava stimolato e supportato un po’ di più. Manca di continuità un po’, anche all’Atalanta sta segnando, il suo lo sta facendo, non è facile entrare nel tridente dell’Atalanta, ma uno come Muriel con il talento sopraffino che ha deve fare la differenza anche lì”.

Una partita indimenticabile con l'Udinese? “Una partita che non dimenticherò mai fu lo spareggio con la Juventus, perché quando arrivai e per tutto l’anno non ero visto benissimo da una parte della tifoseria, perché avevo sostituito Zaccheroni, poi andò via anche Bierhoff, ma la gente si aspettava di tornare in Europa, ma non era così facile, ci fu anche quella sconfitta di Perugia. Quindi riacciuffare l’Europa nello spareggio con la Juventus per il mio orgoglio fu incredibile, fu un po’ come dire ai tifosi ‘guardate dove vi ho portato e senza Bierhoff’. Lì si creò il feeling con la tifoseria“.

Anfield e quel rigore due facce di una medaglia importante: “Andammo a vincere a Liverpool, nell’intervallo eravamo tutti un po’ abbacchiati, perché eravamo sotto e avevamo preso anche una bella bambola. Gli dissi di giocarsela, eravamo arrivati fino a Liverpool, era inutile avere paura. Rientrammo e facemmo tre gol, fu incredibile. Mi girai e vidi Suarez e Gerrard pronti a entrare, pensai che sarebbe stato impossibile portare a casa la vittoria e invece ci riuscimmo. Il rigore fu invece la delusione più grande della mia carriera, eravamo comunque in Champions non è che eravamo retrocessi, ma la delusione fu enorme. Passai una notte insonne, poi ancora un'altra, un po' alla volta riuscii a digerirlo... Io chiesi a chi ci aveva portato fin lì di battere i rigori, non tutti se la sentirono e quindi alla fine tirò Maicosuel. Il rigore è  uno stato d’animo, non contano tanto i piedi, alcuni non se la sentirono e può succedere, qualcuno pensò di fare il fenomeno ed è andata come è andata”.

L'avventura in Premier la desiderò parecchio: “Una volta interrotto con l’Udinese ebbi la possibilità di andare in Premier come desideravo, mi si è chiusa una porta e si è aperto un portone. Allo Swansea è stata un’esperienza bellissima, quando arrivai la squadra era ridotta male, ma se fosse andata avanti ancora un po’ saremmo addirittura andati nella parte sinistra della classifica. Poi cambiò la proprietà e le cose cambiarono”.

Al Monaco andò come pensava? “Feci bene anche al Monaco, ero a un punto dal secondo posto, c’era il Lione che è un po’ come la Juventus di adesso quindi si lottava per il secondo posto. Poi però anche lì è successo qualcosa, sembrano parole di circostanza, ma spesso sono piccole cose che cambiano tutto. Nel mercato di gennaio persi Adebayor, Evra, diversi giocatori molto importanti e quindi alla fine arrivammo in una posizione dignitosa e basta, sicuramente con un mercato migliore potevamo ambire alla Champions. Potevo restare là, ma scelsi io di tornare in Italia. Chissà dando continuità magari avrei potuto ambire ad altri risultati”.

Sezione: Primo Piano / Data: Lun 04 maggio 2020 alle 20:33
Autore: Davide Marchiol
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