L'Udinese investe nel calcio africano, alla ricerca di futuri campioni da far esplodere in bianconero. E' di oggi la firma del protocollo d'intesa con la Federazione calcistica del Camerun. Durante la conferenza stampa, tra l'orgoglio della società e delle istituzioni e la felicità del Presidente camerunense Roko Sidiki, mi sono chiesto: Perché, in un momento come questo dove il calcio regionale fa una fatica tremenda a tirare avanti, si va a guardare così lontano e non alla nostra regione?"

La valorizzazione dei talenti in erba è divenuta uno dei problemi più spinosi e delicati del calcio italiano, ancor di più di quello friulano. Una volta, invece, di friulani ne trovavi quanti volevi. Nel dopoguerra popolavano in gran numero gli almanacchi e i primi albi di figurine Panini. L'epoca d'oro dei friulani degli anni Sessanta quando divengono popolari ai grandi e ai bambini gli strani cognomi di noi friulani. Il Bologna campione d'Italia schiera Pascutti, Tumburus e Janich. Dall'altra parte, la grande Inter rispondeva col potente e longevissimo Burgnich. Negli stessi anni si muovevano per la Serie A due bisiachi come Tortul e Capello, diversi udinesi tra cui Petris, Ronzon e Greatti. Infine, esordiva nel 1961 nella squadra della sua terra un giovane portiere, Dino Zoff. Arrivato alla gloria juventina solo a trent'anni, avrebbe cercato di non abbandonarla più; e per poco non ci riusciva. Con gli anni Settanta la fertilità del vivaio friulano non accenna a diminuire e i calciatori piantano in tutta Italia nuovi fogolârs furlans. Bisognerà ricordare il geometrico Del Neri, ora il nostro allenatore, l'elegante Collovati, l'estroso Fanna, poi De Agostini, freddo e preciso, e il guerriero Sclosa.

Oggi l'Udinese cerca talenti da ogni parte del mondo e trascura la Carnia, la pianura udinese e le sponde dell'Isonzo e del Tagliamento sporche di sangue e di storia. Il problema è evidente, sotto gli occhi di tutti, anche di noi tifosi che abbiamo cominciato ad alzare la voce, ma è complicato invertire una tendenza che ormai è radicata da anni. Di possibili soluzioni ve ne sono diverse ma bisogna tornare ad investire qui sul territorio, tornando ad avvicinarsi alle società, ai giocatori. L'Udinese deve essere la madre del calcio regionale e non un corpo estraneo, deve essere una società che guarda in alla nostra terra, che le porge la mano e l'aiuta e che preferisce il made in Friul ai prodotti esotici. Non ci saranno così solo i Meret, i Scuffet e i Perisan, straordinari esempi dell'eccellente scuola portieri bianconera, ma potremo tornare a rivedere una squadra più friulana e non con undici stranieri in campo.

Bisogna credere nei giovani calciatori friulani offrendogli la reale possibilità di dimostrare sul campo le loro potenzialità, non altrove ma al Friuli, di fronte alla propria gente.

Sezione: Primo Piano / Data: Gio 13 ottobre 2016 alle 19:30
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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