L’Udinese spazza via il Bieffecì, su questo non v’è dubbio alcuno. Superiorità netta in ogni parte del campo, occasioni a grappoli, un solo pericolo portato dagli ospiti (tiro da fuori di Orsolini, parato da Nicholas).

La cagionevole salute che l’età aggrava mi ha costretto alla malaugurata idea di vedermela in televisione, subendo i ripetuti ‘il Bologna deve fare questo, il Bologna deve fare quello’ e la beatificazione del nazionale Orsolini. Buon giocatore, non fraintendetemi, ma ieri sera pericoloso solo nell’occasione di cui sopra. Per il resto tiri da ogni angolo del campo, tutti diretti alla ionosfera.

Le quattro reti prese dagli emiliani sono anche poche. Mi spiego.

Mi vogliono convincere, e io non la penso così, che la Coppa Italia sia una manifestazione seria. Se lo fosse, si giocherebbe sul doppio confronto (okay, non ci sono gli spazi televisivi) o quantomeno concedendo alla squadra peggio piazzata in classifica il vantaggio del campo, sempre e comunque.

Invece le top-8 entrano al prossimo turno, che non si giocherà secco in casa delle più forti, dato che al volo sembra si opti per un sorteggio (almeno se non sono coinvolte formazioni di cadetteria: possibilità per Cremonese, Perugia di provarci pari a zero; l'Udinese appena qualcosa in più se la monetina sorriderà.

Sinisa Mihajlovic (lo abbraccio, come merita) ha schierato una formazione inaccettabile, lontana anni luce da quello che una competizione veramente sentita meriterebbe: evidentemente per molti, non solo per me, la coppetta non lo è. Lasagna e Teo (!) hanno crocifisso i centrali bolognesi; in attacco Orsolini girava al largo, Juwara è apparso lontano almeno una stagione dal poter lottare ai massimi livelli. Diventerà un crack, forse, ma oggi se lo sono giocato senza tante difficoltà. E alla fine meriterebbe un rosso, perdonato dal mediocre Piccinini, scatenando la reazione di Larsen (che subisce pari sanzione disciplinare) e successivamente dell’intera panchina rossoblu. La quale avrebbe dovuto solo arrotolare le insegne, colme di quattro reti e di una prestazione umiliante, e far ritorno alla felsinea terra.

Più proponibile l’Udinese, che gioca una gara attenta e giudiziosa, in cui a centrocampo Fofana, Mandragora e soprattutto Barak dominano senza problemi Medel e compagnia. A tratti, sia nel primo tempo che nella ripresa, tira il freno a mano e lascia il pallino in mano all’avversaria: a posteriori, avesse spinto di più sull’acceleratore, il risultato avrebbe potuto assumere proporzioni di perugina ed oddiana memoria. Poco impegnato all’esordio Sierralta, che si limita all’ordinaria amministrazione assieme a Bram ed al goleador De Maio.

Gotti esce dalla gara con qualche piacevole dubbio in più, ribadendo l’improbabilità dell’avversaria di ieri sera: al netto della prestazione tecnica e tattica, è parso di scorgere qualche germe d’aggressività, di attaccamento alla maglia che solo tre giorni prima pareva un’inutile copertura acrilica indossata da modesti pedatori. Certo: l’Udinese ci ha abituato a smontare ogni piccola speranza di rinascita, quantomeno negli ultimi cinque anni. Li attendiamo sabato sera alla prova del fuoco contro un’avversaria più che ferita.

Quel Napoli partito con i galloni, meritati sul campo nelle ultime stagioni, di contendente primaria della Juventus alla ricerca dello scudetto (numero tre per i partenopei), ed al contempo di possibile scheggia impazzita nei turni ad eliminazione diretta di Champions League. In Europa Ancelotti sta facendo benissimo, in campo nazionale invece solo tanta fatica. Quattro partite perse su 14, due in casa contro la sorpresa Cagliari ed il Bologna, quello vero, solo domenica scorsa. Venti punti, 16 in meno della Juve e 17 dell’Inter sono testimonianza di un gruppo esploso, di un De Laurentiis non più in grado di tenere salda la famiglia ove si obbedisca volentieri, con il tecnico di Reggiolo sballottato fra una dirigenza cui deve rispondere ed un portafoglio di giocatori con cui non sembra dialogare più.

Occasione per fare risultato? Non lo so. L’Udinese è parsa in grado di saper fare tutto ed il suo contrario, di vincere bene contro Torino o Bologna e buttare via gare già in mano, vedi Parma e Samp.

Intanto una bella vittoria nella coppetta: continuerò a chiamarla così fino a quando chi dirige, chi sembrerebbe voler ritenere microfoni direzionali spenti una cura contro lo strisciante razzismo, continuerà a desiderare un dominio del potentato nella celebratissima finale romana. Sono da sempre propenso a pensare che se prima del progetto sportivo conti ormai vendere gli spot in televisione: fosse così, si potrebbe direttamente organizzare una ‘final eight’ con le otto bellissime. Ad invito. A me non cambia certo la vita. Vuoi mettere una finale, che so, Torino-Sassuolo con un bello spot, ben retribuito, di un formaggino o un assorbente (bio, così l’IVA è più bassa). Scherzo.

Una bella vittoria bianconera: a noi metaforici frequentatori di Via del Campo, quelli che la pregano di maritare ma non chiedono la stessa rosa, pare balsamica. Arrivata con un’Udinese -bis, quantomeno però razionale e ben equilibrata in campo.

A differenza, lo ribadisco, dell’avversaria: che forse avrebbe potuto e dovuto avere un po’ più rispetto della folta tifoseria al seguito. Stavolta Sinisa e Tanjga hanno sbagliato, ed alla fine Eupalla ha presentato il conto.

Staranno fuori Milik ed Allan, uno dei ribelli; di certo Llorente non è Juwara ed Insigne punge più dei Dijks di turno (auguri per il lungo stop all’olandese). Mi chiedo chi Gotti schiererà; se preferirà confermare Jajalo o Ekong, oppure metterà in campo parte della squadra vista ieri sera. Staremo a vedere: quel che è certo, è che da qui alla fine del girone d’andata urgono sei-sette punti per poter affrontare quello discendente senza i soliti patemi. Pregando che a fine anno non si sia costretti a richiamare il dalmata…

Sezione: Editoriale / Data: Ven 06 dicembre 2019 alle 07:00
Autore: Franco Canciani
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