“La vita è un gioco di centimetri".
E’ così. Nella vita come nello sport, è spesso soltanto questione di centimetri. In quanti, Redivo in primis, lo avranno pensato rincasando questa notte dal "Carnera".
Gli stessi centimetri, citati nel monologo del film "Any given Sunday”, non possono allora che essere il riassunto perfetto di una delle sfide più mozzafiato a cui io abbia potuto assistere da tanti anni a questa parte. Il derby playoff tra l'Apu Udine e la UEB Gesteco Cividale è stato uno spettacolo unico, forse irripetibile. Privilegiato chi come me ha potuta viverla in prima persona. Una sfida combattutissima, emozionante, che ha visto opporsi due grandissime squadre sino all’ultimo sforzo in una Gara 5 che sembrava non finir mai di stupire.
Ebbene a decretare la vittoria dopo un susseguirsi di sorpassi e controsorpassi, sono stati proprio un pugno di centimetri. Il solo cotone di Monaldi ha fatto esplodere il palazzo ad un secondo dall'ultima sirena. L'ultima preghiera, invece, di Redivo si è infranta sul ferro. Il tabellone è rimasto bloccato sull' 86-84. La gioia di Udine, il dolore di Cividale. Sta tutto lì.
È il lato tanto bello quanto crudele della pallacanestro. Il motivo per il quale siamo follemente innamorati di questo sport.
Un finale da film americano ha premiato questa volta i bianconeri. Una sorta di rivincita sulla bomba di Anderson in Gara 2 nella finalissima della scorso anno con Verona. L'Apu era un in credito con la fortuna e stavolta la dea bendata qualcosa ha giustamente restituito.
UEB che, nonostante la sconfitta, esce a testa altissima dalla serie, consapevole di aver fatto appassionare come mai prima un intero territorio. Cividale e i suoi tifosi devono essere grati, come d'altronde lo sono anche io, a questa squadra. Per quello che ha dato in campo, per i valori e l'attaccamento che ha dimostrato nel corso della stagione, per le tante ed impensabili vittorie. Pillastrini e i suoi ragazzi sono andati ben oltre ogni rosea aspettativa, riuscendo a superare più volte i propri limiti. Il progetto messo in piede dal presidente Micalich c'è ed è solido. Dopo tre anni di vittorie ora arriva il bello. La delusione è comprensibile ma si guardi già al futuro, ripartendo da questo gruppo, che ha ancora ampi margini di crescita, sempre sotto la guida di un maestro come il Pilla (non a caso miglior allenatore di tutta la A2). Sono sicuro, le Eagles sapranno ancora divertire.
Ne esce rafforzata anche la squadra di coach Finetti. Superato, con merito, questo scoglio ora Gentile e compagni possono guardare con fiducia a Forlì. Sarà un'altra serie tostissima (di fronte troverà la squadra che nei numeri ha fatto meglio di tutte) ma l'Apu di oggi è ben diversa da quella di inizio stagione. Un gruppo unito, compatto, che lotta per unico grande obiettivo. Il talento c'è sempre stato, mancava forse il cuore. Ora c'è ed è per questo che nulla sembra essere impossibile. L'armata del presidente Pedone (a cui va dato il grande merito di averci creduto anche nei momenti di difficoltà quando altri probabilmente avrebbero mollato) può davvero arrivare in fondo. Lo meriterebbe per quelle che sono state le ultime tre stagioni, per lo sforzo fatto, per la struttura, per l'ambizione che da tempo con impegno e dedizione viene coltivata. Bisogna crederci, tutti insieme.
Il vero vincitore comunque è l'intero movimento della pallacanestro, regionale e forse anche di più. Questo derby (lasciatemelo chiamare così) ha calamitato un interesse senza eguali. 5 sold out di fila, migliaia di persone collegate a seguire ogni sfida, tutti che parlavano di Udine e di Cividale. Tanti bambini sugli spalti con le canotte dei propri beniamini. Mi piace guardare questo, andare oltre la rivalità che comuque ci sta. Perché è stata un'autentica festa, dove ha trionfato prima di tutto l'amore per la palla a spicchi.
Sono stati dieci giorni di infinite emozioni, che abbiamo provato a raccontarvi da dentro. Ora si guarda avanti, si fa il tifo, si continua a raccontare perché credetemi che momenti così sono rari. Che dire se non grazie Apu, grazie UEB.
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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