Stramaccioni, Colantuono, De Canio. L'Udinese sta cercando una guida, un allenatore capace di far crescere questa squadra, ma questi tentativi sembrano fallire miseramente. Ora la società ha cambiato di nuovo, alla ricerca di una svolta, è arrivato Beppe Iachini, la scelta più impopolare tra tutte. Ma i Pozzo vanno avanti per la loro strada, senza mai ascoltare l'opinione di nessuno e ancora meno l'umore sofferto di una tifoseria tanto splendida quanto stanca di essere presa in giro.

Quest'oggi passa il Giro D'Italia per il Friuli. Una tappa che sarà interamente sul territorio friulano da Palmanova a Cividale. Mi ha fatto subito pensare a mister Guidolin, un uomo e un maestro che dopo un anno di flessione è stato messo brutalmente alla porta. Ieri in sala stampa sentivo qualche "collega" fare azzardati paragoni tra il Guido e Iachini, "Non è diverso. Anche Guidolin è arrivato qui che non aveva fatto niente. Poi senza Sanchez e Di Natale non avrebbe fatto granché" mentre un altro replica "Tra l'altro ha sprecato molti giovani, vedi Cuadrado". Credetemi mi è venuto il pelo dritto. Forse avevano la memoria corta e non si ricordavano che una volta c'era una squadra capace di dare spettacolo e di far sognare anche i friulani, gente abituata a mantenere sempre i piedi ben piantati a terra. C’era una volta un allenatore amato da tutti e non solo perché poteva vantarsi di aver portato una provinciale al vertice. Un uomo umile, sensibile, determinato e allo stesso tempo ambizioso che in una realtà come quella di Udine voleva piantare le proprie radici. Perché, riprendendo le sue parole, si sentiva a casa. C’era una volta semplicemente l’Udinese di Guidolin. Un gruppo unito, formato da uno zoccolo duro di italiani che faceva da chioccia a chi proveniva dall’altra parte del mondo e aveva sulle spalle l’aspettativa di diventare la prossima stella. Era l’Udinese dei vari Di Natale, Pinzi, Domizzi, Sanchez, Basta, Asamoah, Handanovic e tanti altri. Era l’Udinese del terzo, quarto e quinto posto, quella del “testa bassa e pedalare” e, non da meno, della lavagnetta in spogliatoio che partiva da meno quaranta per poi alzare l’asticella.

Che nostalgia! Semplicemente una favola. Neanche troppo lontana, riflettiamoci. Eppure sembra che siano passati decenni. Forse perché le pessime figure collezionate in queste ultime stagioni hanno demoralizzato anche i più ottimisti. Attualmente nessuno pensa che l’Udinese possa riaprire un ciclo di simile portata. Il perché è semplice e va al di là della paura di retrocedere: la maggior parte della tifoseria non si fida più delle scelte societarie e pensa che per la squadra bianconera non ci sia più un progetto. Meglio pensare al Watford insomma. Se qualcosa va male dopotutto c’è sempre una carta da giocare, che sia attribuire le colpe al nuovo allenatore o ai propri sottoposti. Il giochino del scaricabarile ha avuto vittime illustri e l’ultimo in ordine di tempo probabilmente è stato De Canio. Il capostipite è stato senza ombra di dubbio Francesco Guidolin, allenatore che voleva restare per sempre in bianconero, il Ferguson dell'Udinse. Come dimenticare che tutto iniziò nell’ultima stagione del tecnico di Castelfranco sulla panchina friulana. Colpa dello stress, dissero i Pozzo. Colpa di un allenatore troppo nervoso che non era più capace di gestire il gruppo e, di conseguenza, di allenare. Bisogna essere onesti, anche molti friulani lo pensarono. Ciò nonostante, mai avrebbero creduto che i Pozzo avessero deciso di metterlo alla porta in un modo così brutale. Di facciata supervisore, di fatto nullafacente e mai interpellato per un parere. Guidolin sembrava un incapace ma ora che ha stupito con lo Swansea, portandolo dalla retrocessione a metà classifca, ci accrogiamo che gli incapaci sono altri.

E oggi, quando ti arriva lo Iachini di turno, pensi a quello che eri, a quello che potevi essere e ti mangi le mani. Quanto vorrei riavere il maestro in panchina perché sono convinto sarebbe l'unico in grado di riportarci in alto. Ma va bene così, gli errori si pagano e l'Udinese ha quel che si merita.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 20 maggio 2016 alle 11:30
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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