Un copione scarno che nelle ultime stagioni ha prodotto le migliori prestazioni in momenti particolari.
Quando cioè l'Udinese è stata sollecitata a metterci qualcosa di più dal prestigio degli avversari o nelle occasioni in cui lampeggiava la spia della classifica e c'era il rischio di fare una brutta fine. Come se la squadra avesse bisogno di qualcosa di forte per scuotersi, quasi che le motivazioni della normalità non fossero sufficienti perchè ognuno desse il massimo. Lampi, insomma, che progressivamente si spegnevano quando appariva il segnale di cessato pericolo.
Anche se non ha vinto come avrebbe meritato - complice un maledetto corto circuito difensivo che ha innescato il senso acrobatico dell'immarcescibile Ibra - contro il Milan l'Udinese ha offerto coralmente e individualmente una delle migliori prove stagionali. Un tanto è successo perchè sono venuti a sommarsi due fattori essenziali.
Da una parte il depotenziamento della squadra di Pioli, reduce in settimana dal declassamento europeo per mano del Liverpool: quindi ritmi bassi e manovra ruminata, minore brillantezza degli uomini che spostano gli equilibri, insomma tutto l'opposto della pimpante armonia che aveva permesso ai ragazzi di Andreazzoli di disintegrare l'impianto bianconero a Empoli, tracollo che poi ha determinato, come sappiamo, l'esonero di Luca Gotti.
Ed eccoci appunto al secondo fattore. Il cambio d'allenatore, che ha portato in plancia il vice Cioffi, ha messo la squadra con le spalle al muro, rendendola consapevole che gli alibi erano finiti. A ciò si è aggiunto il lavoro psicologico del quarantaseienne tecnico fiorentino il quale ha fatto leva sul senso di responsabilità individuale e collettivo. Cioffi si è riconosciuto soltanto questo merito perchè il resto l'ha mutuato dai predecessori: nessuna rivoluzione, andiamo sul sicuro, sullo sperimentato. E gli uomini l'hanno seguito.
La formula ha funzionato, ma a ben guardare nessuno ha dato fiato alle trombe: troppe volte l'Udinese ha illuso per un giorno o poco più, tornandosene poi a cuccia placata e satolla. Lo spessore di una squadra si misura dalla continuità, dal seguito di prestazioni e risultati frutto del gioco e della mentalità. Come dire che l'operazione-Cioffi avrà avuto un senso soltanto se prove come quella contro il Milan diventeranno una costante. Fregati dai troppi voltafaccia, non ce la sentiamo di scommetterci sopra. In ogni caso le risposte arriveranno a stretto giro. Il Cagliari sabato sera aspetta solo noi per succhiare un po' di linfa salvifica; nell'ultimo turno dell'andata la Salernitana apparirà come un bocconcino appetitoso da ingoiare in scioltezza mentre in realtà potrebbe nascondere veleni insospettati. Sono trappole che un'Udinese decente dovrebbe poter
evitare, soltanto che dia fondo al potenziale che le è riconosciuto.
Quattro punti sono il minimo; se arriveranno 6 vorrà dire che Cioffi ha cominciato a scolpire una “sua” Udinese.
Quando cioè l'Udinese è stata sollecitata a metterci qualcosa di più dal prestigio degli avversari o nelle occasioni in cui lampeggiava la spia della classifica e c'era il rischio di fare una brutta fine. Come se la squadra avesse bisogno di qualcosa di forte per scuotersi, quasi che le motivazioni della normalità non fossero sufficienti perchè ognuno desse il massimo. Lampi, insomma, che progressivamente si spegnevano quando appariva il segnale di cessato pericolo.
Anche se non ha vinto come avrebbe meritato - complice un maledetto corto circuito difensivo che ha innescato il senso acrobatico dell'immarcescibile Ibra - contro il Milan l'Udinese ha offerto coralmente e individualmente una delle migliori prove stagionali. Un tanto è successo perchè sono venuti a sommarsi due fattori essenziali.
Da una parte il depotenziamento della squadra di Pioli, reduce in settimana dal declassamento europeo per mano del Liverpool: quindi ritmi bassi e manovra ruminata, minore brillantezza degli uomini che spostano gli equilibri, insomma tutto l'opposto della pimpante armonia che aveva permesso ai ragazzi di Andreazzoli di disintegrare l'impianto bianconero a Empoli, tracollo che poi ha determinato, come sappiamo, l'esonero di Luca Gotti.
Ed eccoci appunto al secondo fattore. Il cambio d'allenatore, che ha portato in plancia il vice Cioffi, ha messo la squadra con le spalle al muro, rendendola consapevole che gli alibi erano finiti. A ciò si è aggiunto il lavoro psicologico del quarantaseienne tecnico fiorentino il quale ha fatto leva sul senso di responsabilità individuale e collettivo. Cioffi si è riconosciuto soltanto questo merito perchè il resto l'ha mutuato dai predecessori: nessuna rivoluzione, andiamo sul sicuro, sullo sperimentato. E gli uomini l'hanno seguito.
La formula ha funzionato, ma a ben guardare nessuno ha dato fiato alle trombe: troppe volte l'Udinese ha illuso per un giorno o poco più, tornandosene poi a cuccia placata e satolla. Lo spessore di una squadra si misura dalla continuità, dal seguito di prestazioni e risultati frutto del gioco e della mentalità. Come dire che l'operazione-Cioffi avrà avuto un senso soltanto se prove come quella contro il Milan diventeranno una costante. Fregati dai troppi voltafaccia, non ce la sentiamo di scommetterci sopra. In ogni caso le risposte arriveranno a stretto giro. Il Cagliari sabato sera aspetta solo noi per succhiare un po' di linfa salvifica; nell'ultimo turno dell'andata la Salernitana apparirà come un bocconcino appetitoso da ingoiare in scioltezza mentre in realtà potrebbe nascondere veleni insospettati. Sono trappole che un'Udinese decente dovrebbe poter
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