Ricominciare, sì ma come? Moralmente non v'è dubbio alcuno: il campionato va interrotto definitivamente. Siamo di fronte ad una strage senza precedenti, con 600 morti al giorno pensare di tornare in campo è pura follia. Chiuso per lutto, dovrebbe esserci scritto questo sulla porta della Lega. E invece no, alla fine si tornerà a giocare, facendo finta che nulla sia accaduto. 

Non sono un virologo, né tanto meno mi metto a sentenziare a sproposito del Mes, lascio queste tematiche, come è giusto che sia, a chi di dovere. Ne parlano già in troppi, spesso senza criterio, non mi aggiungo pure io al carrozzone dei finti esperti. Parlo di calcio, per quanto sia difficile farlo oggi.

Dicono che dal 4 maggio, quando il Governo allenterà la morsa, il calcio ricomincerà da dove ha lasciato un mese fa.

Via libera, per prima cosa, agli allenamenti. Saranno i medici sportivi ad indicare la strada su come si potrà tornare sul campo e come lavorare. E' evidente che dovranno essere utilizzate tutte le misure del caso e che quindi le prime settimane continueranno ad essere anormali. A Udine si sta studiando un piano d'azione: tamponi a tutti ogni 72 ore, poi allenamenti personalizzati, al massimo a piccoli gruppetti.

Gotti e il suo staff sono chiamati a lavorare certamente sulla condizione, l'allenamento a casa ha cercato di salvare il salvabile e bisognerà vedere come stanno le gambe di Lasagna e compagni. L'Udinese, squadra fisica, non può permettersi di andare a rilento. Ma anche sulla parte prettamente tecnica servirà ritrovare un minimo di ordine. Perché, quando si ritornerà in campo, non ci sarà molto margine d'errore. In sto assurdo campionato i bianconeri han sbagliato fin troppo già ben prima dello scoppio dell'emergenza. 

C'è poi l'aspetto mentale, fattore che a Udine abbiamo imparato a comprendere quanto fosse importante. Nelle ultime stagioni dove troppe volte si è staccata la spina, potrebbe essere rischiosissimo. Servirà la testa giusta, serviranno motivazioni, non sarà facile trovarle di questi tempi quando per forza di cose il pensiero va ad altro, in primis alla salute.

E' per questo che sì, un ritorno in campo, con poche certezze e troppi dubbi, mi preoccupa moltissimo. 12 partite tutte da giocare, 3 punti soltanto dal terz'ultimo posto e una salvezza che per forza di cose torna ad essere in discussione. Tornare in campo vuol dire correre un rischio bello grande, in questo finale, dove tutte le carte sul tavolo sono state rimescolate, può succedere tutto e il contrario di tutto. 

Siamo nel bel mezzo di una tragedia, per la normalità bisognerà aspettare, si spera, settembre. Ma non vorrei mai che la nostra normalità diventasse un'altra categoria rispetto alla A.

Sezione: Primo Piano / Data: Sab 11 aprile 2020 alle 17:53
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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