Ai nostri microfoni è intervenuto l'avvocato Claudio Pasqualin che, oltre a darci il suo parere sulla situazione del calcio, ci ha raccontato qualche interessante aneddoto della sua lunga carriera da procuratore.
Ripresa o no? “Essere lucidi e coerenti quando si è in mano a un nemico invisibile come il Covid-19. Il calcio sta dando l’impressione di voler andare avanti un po’ come capita. L’assunto portato avanti un po’ da tutti e anche dal presidente federale, che alla fine è colui che decide, è quello di andare avanti a tutti i costi perché altrimenti il danno sarebbe incalcolabile. Questa visione non è approvata dai vertici del CONI, che invece sono contrari, e serve comunque l’ok dell’ISS. Io mi sento di stare con chi vuole portare avanti i meriti sportivi e comunque sia sarebbe giusto che questo campionato assegnasse le varie posizioni. D’altronde restare fermi vorrebbe dire esporsi a un danno difficilmente recuperabile. Giocare con le dovute precauzioni servirebbe almeno a risollevare un po’ il morale. Sicuramente è un rischio, ma bisogna provarci, prima o poi bisognerà affermare la forza della vita sulla morte”
Ci sarebbe il problema delle scadenze di giugno, lei cosa ne pensa da avvocato? “Per quanto riguarda le scadenze a giugno, per continuare serve l’accordo con i giocatori. Il punto è vedere con la FIFA e gli altri enti, se la stagione sportiva venisse prorogata, se allora d’imperio si può prorogare le scadenze fino alla conclusione della stagione sportiva. I dubbi dei giuristi sul punto sono tanti, bisognerà vedere nel momento in cui ci sono le decisioni finali sulla stagione cosa si può fare”.
Quella volta con il trasferimento di Montero fece una "birichinata": “Avevo trattato a lungo con l’Inter, sapendo però che anche la Juventus era interessata, visto che c’era Lippi, allenatore di Montero a Bergamo. Le offerte di Moggi però tardavano, quindi decidemmo di fare il contratto con l’Inter e avevamo appuntamento per chiudere l’affare. Mentre io e D’Amico stiamo entrando in sede dell’Inter per chiudere con Mazzola, Suarez, Moratti e Visconti di Modrone. Nel mentre ci chiama Moggi, che ha deciso di accettare le nostre richieste. Allora D’Amico mi prende in parte e decidiamo il dafarsi. Prendiamo tempo con l’Inter, iniziamo a parlare del nulla per far saltare l’affare e l’assist me lo diede Mazzola quando chiese “ma come mai il ragazzo non è venuto?”. Allora presi la palla al balzo iniziando a parlare male del ragazzo, a fin di bene. A quel punto l’Inter decise di fermare tutto per riflettere e io feci proseguire Montero verso Torino, per firmare con la Juventus. Alla fine il procuratore ha questa finalità, ovvero perseguire la volontà del suo assistito. Montero voleva lavorare ancora con Lippi, con il quale si era trovato molto bene, perché alla fine è l’allenatore che segna la carriera dei giocatori”
Un passato da allenatore in quel di Povoletto: “Fui notato dal farmacista di Povoletto durante un’amichevole tra “Maoisti” contro “Nonmaoisti”. Io giocavo per quest’ultimi. Il farmacista aveva la casa con vista sul campo e mi notò, alla fine mi chiese se volevo tornare a giocare per loro, venivo dalla Gemonese. Dissi di no, ma anche che se avesse voluto un allenatore invece lo avrei fatto volentieri. Quindi presi in mano la squadra e sfiorammo anche la promozione”
Bierhoff fu uno dei suoi colpi migliori: “Io avevo preso Bierhoff dopo che l’Inter lo aveva dislocato ad Ascoli, con l’aiuto di Marcato. All’epoca non aveva molto successo, quando portai ad Ascoli Pippo Maniero si arrabbiò anche con me. Alla fine il nostro rapporto si cementò. Non lo conoscevano in tanti quindi lo portai alla sede del mercato a Milano per farlo vedere e gli feci fare più volte il giro dell’hotel. Al quarto giro però mi fermò, si rifiutò di continuare dicendomi “questo essere proprio mercato di vacche”. Però in molti lo notarono, in particolare il presidente del Lecce ne rimase affascinato. Bierhoff si affermò con l’Ascoli al punto che Vicenza e Udinese si interessarono. Una sera ero ospite con il giocatore e i presidenti delle due società a “Fuorigioco” su TelePadova, condotta dall’ottimo Lorenzo Petiziol. Mi ritrovai dunque in mezzo ai due presidenti e nelle pubblicità una volta mi tirava in parte Carbonari, un’altra Giampaolo Pozzo per prendere il ragazzo. Alla fine della trasmissione l’Ascoli mi chiamò dicendomi che aveva accettato l’offerta dell’Udinese, quindi per il Vicenza non c’era nulla da fare già prima della trasmissione”
A firma Pasqualin c'è anche quello che è stato definito il contratto del secolo, che riguardò Alex Del Piero: “La trattativa nacque un paio di anni prima, ma l’offerta della Juventus era sempre bassa. Quindi con Del Piero decidemmo di assumere un atteggiamento un po’ attendista. A Udine poi Alex subì quel grave infortunio che sappiamo. Lì fu utile il nostro apporto, perché Berti, sempre nostro assistito, fu curato molto bene in Colorado. Al rientro in Italia cercammo di prendere tempo e secondo me la Juventus fece un errore, perché mentre il ragazzo era infortunato non fece offerte, mentre era quello il momento giusto perché Del Piero avrebbe visto più o meno qualsiasi cifra come un attestato di stima. Si avvicinava la scadenza e la Juventus iniziò ad avere paura. A quel punto Moggi ci fece un invito quasi perentorio, vennero lui e Giraudo a Vicenza. Li portai dunque alla trattoria Due Spade di Pozzan, che mi deve un bicchiere per la pubblicità (ride ndr). Avvisai dunque i giornalisti, perché il mio obiettivo era far saltare le intenzioni del giorno della Juventus. Abbozzammo quindi solo uno pseudo accordo quel giorno, ottenemmo così ancora tempo, ormai eravamo agli ultimissimi di giugno e quindi alla fine, 29 giugno, venne firmato quello che fu definito il contratto del secolo, forse anche del millennio visto che eravamo nel ’99”.
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