Determinazione e precisione. Queste sono state le caratteristiche principali di Giuliano Giannichedda, centrocampista dell’Udinese per sei anni, dal 1995 al 2001. L'ex bianconero, in esclusiva ai nostri microfoni, ha parlato del momento che stanno attraversando i bianconeri e della stagione che aspetta gli uomini di Delneri:

"Sull'inizio di stagione dell'Udinese pesa il fatto che anche questa anno è stato cambiato tanto. I bianconeri, per filosofia, cercano di fare giocare i giovani che vengono pescati all'estero. Questi però, seppure siano interessanti, hanno bisogno di un periodo di ambientamento. Non è facile inserirli subito in squadra, per Delneri diventa allora difficile trovare una quadratura. L'Udinese comunque farà il suo campionato, cercando di fare più punti possibili con l'obiettivo di tornare nella parte sinistra della classifica dopo alcune stagioni passate a ridosso della zona retrocessione. Rispetto al passato, quando poteva competere anche con le grandi, ad oggi parte dietro a quelle sette, otto squadre che hanno qualcosa in più rispetto ai bianconeri.

L'Udinese è vero che ha perso Thereau ma in pochi considerano che è stata privata anche di Zapata, un giocatore che a me personalmente piace tantissimo. Il colombiano era un giocatore importantissimo per il gioco di Delneri, un giocatore che sapeva muoversi bene sul fronte offensivo. Quest'anno tocca a De Paul fare qualcosa in più. L'argentino ha buone qualità, bisogna vedere se riuscirà davvero a fare quel salto di qualità che tutti si attendono da lui. Assieme a lui ci sono anche altri giocatori all'interno della squadra che possono fare bene.

Jantko? Già da tempo che ne stiamo parlando bene. E' un centrocampista dinamico, capace di inserirsi con i tempi giusti. Il ceco è uno di quelli a cui Delneri chiede qualcosa in più per aiutare tutta la squadra.

Io sono sempre per gli italiani. Tutta la vita preferisco avere in rosa giocatori italiani rispetto agli stranieri. Questo perché gli italiani danno quel qualcosa in più, sia in termini di appartenenza che dal punto di vista tattico. Sanno poi cosa vuol dire giocare in Italia, sanno che significa sacrificarsi. Agli stranieri invece tante volte manca la cultura del lavoro e quindi hanno bisogno di più tempo per addattarsi. Ormai comunque in quasi tutte le squadre di A ci sono più stranieri che italiani.

Ho lasciato metà cuore a Udine. Ci torno sempre volentieri, figurarsi se avessi la possibilità un giorno di poter allenare l'Udinese. In Friuli c'è rispetto, c'è la cultura del lavoro. Se sono cresciuto sia come giocatore che come uomo lo devo all'Udinese e al Friuli. E' un ambiente poi dove si sta benissimo, con una società organizzatissima".

Sezione: Primo Piano / Data: Mar 12 settembre 2017 alle 20:00
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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