Matteo Boniciolli 2, il ritorno a Udine. Alla guida dell'Apu Old Wild West ha rimesso piede al Carnera, che aveva lasciato da padrone di casa nel 2001 a fine serie A1 da capoallenatore della Snaidero matricola terribile. Da spettatore ci aveva messo piede l'ultima volta nell'agosto 2019 per godersi all'Europeo under 16 Victor Wembanyama, tentacolare lungo francese di colore in odore di prima scelta Nba nel giro di un paio di anni. Preso il volo per la Don Bosco Prep school di Crown Point nell'Indiana, dove ha seguito il figlio Francesco che era alla Marion High school e ora si è trasferito a Filadelfia, Boniciolli è tornato alle origini. L'inizio degli allenamenti dell'Apu con la squadra per l'A2 2020-2021, su cui peraltro incombe l'alea del Covid-19, è l'occasione buona per riprendere il discorso con coach Matteo dopo la passerella di luglio al Benedetti.

Matteo, vent'anni dopo ripassi da Udine e ti riprendi cura del suo basket maggiore: sensazioni?

"Sono un appassionato di pallacanestro e del mio mestiere. L'anno scorso non avevo offerte interessanti dall'Italia e dall'estero, allora mi sono preso su e ho guidato anche il pullmino tra l'Indiana e l'Illinois. Non riesco a stare senza basket. Torno per ricominciare dalla città che ho frequentato anche quando non ci allenavo, dove ho tanti amici. Dove ne ho perso uno, ed ero al suo funerale, Bepi custode (il compianto Giuseppe Moretti ndr) del Carnera che abbassava il canestro per fare tirare Pietro, mio primo figlio. Francesco, che ora gioca a Filadelfia, non c'era ancora. Per me è una gioia enorme, dalla mattina alla sera, essere di nuovo a Udine grazie all'accordo trovato con il presidente Pedone. Ho ricordi incredibili legati all'arena. Mi piace passeggiare per la città. Ora ci giro anche in bicicletta, ne ho presa una e Stefano Comuzzo mi prende in giro per questo (suo storico assistente rimasto alla Fortitudo Bologna, ma non scherza anche il suo preparatore atletico di ritorno Luigino Sepulcri che dice la bici sia elettrica, ndr). Giro in bici soprattutto di notte, perché dormo poco".

Vent'anni fa a Udine debuttavi da capoallenatore in serie A. Ora ci ritorni con il tuo cursus honorum: una coppa Italia 2008 ad Avellino e migliore coach della A, EuroChallenge 2009 alla Virtus Bologna, due scudetti kazaki e tre coppe di Kazakistan ad Astana tra il 2011 e il 2014 e fra le dieci stelle della lega russa Vtb nel 2013, Supercoppa Lnp nel 2016 con la Fortitudo Bologna. Hai sempre la stessa “cazzimma” e solo tanta esperienza in più rispetto ad allora?

"Rispondo con quel che mi ha detto all'aeroporto di Chicago, quando sono rimpatriato, il mio capo alla Don Bosco Prep school, che tra l'altro per la prima volta nella storia delle scuole la stagione scorsa è arrivata tra le prime dodici negli Usa ed è stata invitata a un torneo a Springfield, sede della Hall of fame del basket mondiale. Mi ha detto: "Matteo, che fossi bravo lo sapevo. Non credevo che a 58 anni avessi ancora un'energia così forte". Il mestiere di allenatore è duro, difficile, mi ha dato anche dolori. Ci sono, però, due soli momenti in cui non sono adirato con il mondo: in famiglia e in palestra con i giocatori. Per il resto non mi piace quel che mi sta attorno".

A Udine riparti sempre dall'A2. Allora era professionistica e legata a doppio filo all'A1. Ora no e si è visto anche quest'estate, quando c'è stata una mezza dozzina di rinunce a riposizionarsi in A. Cos'è cambiato in categoria e nel basket italiano negli ultimi vent'anni?

"E' cambiata la qualità del campionato che si è abbassata sia in A1 sia in A2. Una volta l'A1 era il punto di approdo per i giocatori stranieri, ora è una serie di passaggio. Del resto, lo sport è lo specchio fedele della società che gli si manifesta attorno e la situazione del nostro sistema paese è drammatica. Comunque, l'A2 è un bel punto di partenza e l'ipotetica rinuncia di Udine alla A l'ho condivisa appieno. Non tanto perché va conquistata sul campo e in questa stagione ci sono almeno sei squadre ambiziose, quattro delle quali alla fine avranno buttato via soldi. Piuttosto perché va costruito qualcosa e quest'estate, per come si erano messe le cose, il presidente ha rilanciato costruendo uno staff con competenze molto importanti come ai miei tempi ad Avellino e alla Virtus Bologna. Martelossi, mio vice, è un gran professionista e in A2 non si è mai data un'accoppiata del genere, così come aveva fatto parlare in Italia la scelta che feci di avere con me quale senior assistant Tonino Zorzi ad Avellino e Bologna. I due giovani assistenti Finetti e Lelli sono straordinariamente bravi. Abbiamo recuperato al basket uno straordinario professionista quale il preparatore atletico Sepulcri. Abbiamo costruito una sala pesi al Carnera, che è un piccolo grande segnale dal punto organizzativo. I giocatori per fare pesi così non devono più andare in qualche attrezzata ed eccellente palestra dove le signore ballano la zumba, ma hanno tutto al palasport: dalla sala pesi al campo per scendere sul parquet e anche un qualificato staff medico a loro disposizione".

Tutto ciò, ora come allora, si interseca con la serie B. Vent'anni fa i diritti della serie cadetta della Palladio Vicenza, acquistati dalla Snaidero, diventarono di A2 perché i berici in finale promozione superarono i Bears Mestre. Quest'estate da una costola dell'Apu è nata una B a Cividale.

"Sì e la Palladio Vicenza era allenata da Dalmasson (da un decennio coach a Trieste e con i Bears giocava Carraretto, acquistato in quel 1999 stesso dalla Snaidero, ndr). Davide (Micalich, ndr) ha fatto la scelta, che rispetto, di separarsi. Siamo all'inizio, vedremo che cosa succederà".

Intanto, si può dire che all'Apu si è instaurato il governo degli ottimati e che non c'è più una diarchia.

"Di sicuro all'Apu la gestione è più condivisa. Del resto, tutte la realtà crescono e una guida ambiziosa quale quella di Pedone è impensabile che possa rimanere statica. Dopo la scelta di Davide, ha rilanciato: ha allestito uno staff di primordine, che può stare facile in Eurocup, e una squadra tra le più alte con una media di 1,99".

Per giocare da grandi, come hai avuto già modo di dire.

"Sì, non in senso etico, ma proprio fisico. In A2 è notorio che si gioca lo small ball, cioè con cinque piccoli. Si è cominciato con tre piccoli e due lunghi, poi quattro e uno. Mike D'Antoni in Nba è il massimo teorico con cinque guardie di 1,96. Noi abbiamo fatto una scelta complicata, allestendo una squadra clamorosamente fisica come poche anche in A. Un'altezza media di 1,99 è tanta roba. Dovremo tenere in difesa contro i piccoli avversari con esterni di due metri come Mobio e di 2,05 come Deangeli e altri quattro di 1,90. Avremo problemi, calcolati, di contenimento in una prima fase. Se saremo bravi a raggiungere i play-off, quando si giocherà ogni due o tre giorni a ritmi abbassati, potremo vedere cose interessanti sul parquet".

Pare che sia stato bloccato, perché l'A2 è dispari a 27 squadre, il girone in cui eravate state inseriti assieme alle piemontesi Torino, Casale, Biella e Tortona, alle lombarde Urania Milano, Bergamo, Treviglio, Mantova e Orzinuovi, alle siciliane Trapani e Capo d'Orlando, a Piacenza e Verona.

"Seguo poco, non m'interessa tanto, ma mi risulta che siamo sempre in quel girone tosto, tutte le garte saranno dure. Piuttosto noto che quest'anno ci sono di nuovo sei o sette squadre ambiziose. Un po' come quando allenavo la Fortitudo, poi la competitività si era abbassata".

L'A2 sarà al via il 15 novembre, prima la Supercoppa dall'11 ottobre, ma su tutto incombe la spada di Damocle del Covid.

"Incombe su tutto il Paese: scuole, uffici, fabbriche e, quindi, anche pallacanestro. Sono d'accordo con Petrucci che, se non c'è programmazione, lo sport rischia di morire. Sono stupito, invece, che dai vertici del comitato tecnico scientifico si dica che in questo momento riaprire lo sport non è una priorità. Sono cose da terzo mondo, da barbari. Ripeto: condivido la presa di posizione del presidente della Federbasket a tutela di società, aziende e appassionati. Non siamo ben messi se viene preso in considerazione soltanto il calcio e non anche gli altri sport".

Vent'anni fa la Snaidero, con te coach, fu subito promossa dall'A2 in A1. Qual è l'obiettivo immediato del rapporto, pluriennnale vero, che cominci con l'Apu?

"Spero di meritarmi di rimanere a Udine a lungo, ci sono clausole di conferma. Dovremo entrare nei play-off guadagnandoci la credibilità tecnica per competere con squadre consolidate quali Torino, Napoli, Forlì e Tortona. Dovremo essere pronti per quando conta, no subito di sicuro. Per pronti intendo avere un'identità di squadra chiara".

Ultimo amarcord e scherzo del destino: prima dell'annata alla Don Bosco Prep school, arrivi a Udine dalla salvezza a Pesaro. Ricordi: derby delle cucine con l'accreditata Scavolini portata a gara5 nei quarti dei play-off scudetto 2001 dalla tua Snaidero matricola. Ora Pillastrini, allora coach dei marchigiani, lo ritrovi alla guida della B nata a Cividale.

"Sono le porte che si aprono e si chiudono. Il direttore della scuola di Francesco a Filadelfia mi ha telefonato per conoscermi e mi ha detto che un suo amico ha giocato in Italia. Ebbene, ce ne sono tanti, ma è Joe Crispin play-guardia che ho portato io a Teramo".

Intanto, l'Apu Old Wild West comincia a preparare il ritorno di Matteo Bonciolli a Udine con solo lavoro di riattivazione atletica. Poi si passerà dalla preparazione fisica al cinque contro zero e solo dal 14 settembre al basket di contatto, Covid permettendo. Dal 14 al 18 settembre ritiro a Gemona: "Serve a far stare insieme il gruppo", sentenzia Boniciolli. 

Sezione: Primo Piano / Data: Sab 05 settembre 2020 alle 14:17
Autore: Valerio Morelli
vedi letture
Print