Lucas Martin Castroman. Non ha avuto una grande carriera in Italia, ma molti si ricordano di lui. Esterno argentino di talento con anche alcuni gettoni nell'Albiceleste, la Lazio aveva puntato su di lui, un anno a Udine per compiere il definitivo salto di qualità giocando con continuità... purtroppo qualcosa non funzionò. Di lui restanno però impressi nella memoria il gol nel derby Roma-Lazio e un gol decisivo in maglia friulana per battere proprio la sua ex squadra. Le sue prestazioni non convinsero i Pozzo a riscattarlo, i biancocelesti volevano Jorgensen, non si trovò un accordo e lui tornò in Argentina, dove ha concluso la sua carriera.

Ora ha un negozio di articoli religiosi in Argentina e a "Sportweek" Castroman ripercorre alcuni passaggi della sua carriera:

"Il calcio non mi interessa più, ora seguo solamente la Nazionale di Leo Messi. Avevo lo stesso agente di Simeone, fece vedere alcuni video ad Eriksson e si convinse subito. Ma arrivati a Roma c’era Zoff, Sven era andato ad allenare in Inghilterra. Con Dino sono stato da Dio, avevo vent’anni, ero circondato da campioni come Crespo, Veron e il Cholo, mi aiutavano con l’italiano. Avevo anche un’insegnante privata ma durò dure giorni: troppi verbi, troppe regole. Ascoltavo i compagni e capivo, in sei mesi avevo già imparato tutto “Rimasi deluso da due persone: Roberto Mancini e Oreste Cinquini, ex direttore sportivo della Lazio. Andai via per colpa loro. Uno mi diceva una cosa, l’altro un’altra: non c’era chiarezza, non erano trasparenti. Ricordo una partita contro il Besiktas in Coppa Uefa, ero una furia. Mancini non mi parlava da un mese e mi fece giocare titolare. Segnai e vincemmo 2-1, qualificandoci in semifinale contro il Porto. Poi a fine partita ci fu una discussione, così mi tolsi la maglietta e gliela tirai in faccia . Fu la rottura definitiva".

Sezione: Focus / Data: Mar 31 marzo 2020 alle 17:55
Autore: Davide Marchiol
vedi letture
Print