Sono un pazzo, lo so.
Un pazzo a farmi due ore e mezza di macchina per la Barbagia solo per assaggiare i vini di un amico, pranzare con lui, ritornare a Cagliari in tempo per chiudermi nel fatiscente PalaPirastu (un elogio pubblico alla correttezza, calore del pubblico ed alla gentilezza del personale dell’Accademia: sardi gente speciale).
Un pazzo ad esaltarmi per la tripla di Maurino e quasi rovesciare il pericolante tavolo messoci a disposizione (scusatemi Franco e Max, se da casa per un attimo hanno perso il segnale è causa mia), al tramonto di una gara che avremmo potuto, forse dovuto, vincere ben prima ed in maniera diversa.
Pazzo a pensare che si sono guadagnati due punti e non tanto persa la faccia, al netto di una gara iniziata alla grande e proseguita in maniera disastrosa e dissennata.
Pazzo a credere ancora che questo sia un grande roster messo a disposizione. A pensare che Powell sia un califfo, vero, della A2; che Trevis meriti l’Eurolega e il gruppo italiano mescoli bene esperienza e gioventù.
Pensare male, parlare male sarebbe facile: così come sparare sull’allenatore, sport nazionale nella penisola. Intendiamoci: quando contro l’ultima ci si salva in extremis c’è da rivedere, pensare, lavorare. Sulle teste, prima di tutto; sulla difesa, sull’attitudine, soprattutto sulla continuità.
Ringrazio i tifosi bianconeri che sabato mi hanno tenuto sveglio fino a tarda notte con i loro messaggi: ho risposto, penso, a tutti. Lo faccio globalmente qui.
L’anno scorso la stagione è girata quando Andy Benevelli ha infilato due triple contro Ravenna, gara ormai persa sul -5 al Carnera.
Perché? Perché, per parafrasare un coach che stimo, quando sanguini ma vinci, le gare che ti porti a casa te le ricordi finché campi. Ieri la GSA ha sanguinato, eccome!, quando Cagliari ha cavalcato l’onda emotiva portandosi addirittura a +8 sul 78-70. In quel momento sarebbe stato facile lasciarsi andare, nello sport si vince e si perde. Invece no.
Ho parlato con i ragazzi del Settore D al termine della gara: a loro, giustamente inviperiti, che da uomo di sport (mi ritengo tale, scusatemi) ringrazio per l’affetto con cui seguono la squadra, dico di pensare che sì, contro l’ultima in rango si doveva fare meglio ma alla fine si è vinto. Vinto. Vinto.
Vinto con cuore e carattere, cosa non banale per una squadra di spessore tecnico indiscutibile; vinto quando la placida democrazia udinese, che si era fatta dare 22 punti di parziale in tre quarti e un pezzetto, è mutata nella ribellione A.P.U. contro una sconfitta inusitata: le griffe di Mauro, Trevis, Stefan e soprattutto Marco hanno frustrato gli sforzi di Rullo, Miles e del ragazzone kentuckiano da doppia doppia.
Ci si ribella alla sconfitta in diverse maniere: quella corretta l’abbiamo testé menzionata. Quella sbagliata è impersonata da due delle figure di maggiore spicco del roster di Micalich. Riccardo ha ceduto alle provocazioni avversarie beccandosi un quinto fallo antisportivo: Cortese ha esperienza per farsi scivolare queste cose addosso, sarebbe bastata una tripla in faccia a Bucarelli e un pochino di trash talking. E Powell? Becca tecnico nel primo tempo (discutibile); lì un uomo della sua ‘navigazione’ di lungo corso avrebbe dovuto girare al largo dai tre in arancione (di cui parleremo più avanti); un collega sardo, con cui ho conversato ieri sera e che sedeva a bordo campo, dice che un arbitro avrebbe detto ‘alla prossima lo caccio’. Segno che Marshawn era stato segnato. Brutto il suo gesto di gettare in terra la maglia correndo fuori: qualcuno di certo lo avrà ripreso per questo.
Non li giudico, Riki e Marshawn: perché anch’io, nel mio modesto passato agonistico, talvolta mi sono comportato in maniera non costruttiva. Non deve però ricapitare.
La vittoria bianconera assomiglia molto a quella di Jesi a Udine lo scorso anno: non parlo di valori in assoluto, ma (come detto) della ribellione a perdere una gara trincerandosi dietro scuse tecniche ed esterne. Allora fu Damiano Cagnazzo a chiamare i suoi a coorte, e con parole decise e forti a convincerli che anche senza un americano si poteva fare.
A coorte chiamo, io che non sono che una testa di calcio prestata al basket (sport che amo) tutti: sostenitori, dirigenza, staff, giocatori. Sabato sera per avere Cavina in press conf in un corridoio del Pirastu ho atteso mezz’ora, tanto è durato il confronto nello spogliatoio. Il 90% di chi scrive, come dice il comunicato emesso dal Pres Pedone, chiede la testa del coach: io, bastian contrario, non sono così sicuro che le cose andrebbero meglio. A Cagliari Udine rischia la ghirba perché smette di giocare quando ha ritenuta completa l’opera: mancavano purtroppo 35’ (senza contare l’overtime) alla fine, un pochino troppo; e la puoi preparare quanto vuoi in settimana, ma quando si esce dal match con testa e gambe si rischia, e di grosso.
Coach Demis ha pregi e difetti, come tutti; lo stesso la squadra, che (palese) soffre formazioni che giocano un basket basato su entusiasmo e freschezza, meno tecnico e più agonistico; Udine lasciata correre è quella che all’alba della gara mette sei punti al minuto, con naturalezza e serenità.
Ma la cadetteria (okay, non è B ma neanche A1) è popolata da squadre miste di vecchi bucanieri, mestieranti a stelle e strisce e giovani di belle speranze; se continuiamo a guardare dove si colloca Bologna, o Treviso ci facciamo del male: giochiamo da Udine alla 30esima vedremo dove siamo.
Al netto, infine, di una vittoria sofferta e striminzita mi piacerebbe invitare il popolo bianchenero a pensare in positivo anziché in negativo. Non parlo di ottimismo ma di realismo: toccato il fondo nel post-arancionero, Udine ha trovato un patron ed un direttore che hanno risollevato (sul campo e senza acquisizione di diritti sportivi) la pallacanestro cittadina a livelli notevoli; siamo al terzo anno di A2, cerchiamo di non considerare quel che sta sotto il primo posto come un fallimento: perché non è così. Mancano 20 gare alla fine, 5 al termine del girone d’andata e presto Udine incontra Forlì, Treviso e Verona contro le quali si parrà la nobilitade bianconera: spero Demis rimanga, spero questo gruppo possa dimostrare di valere le attese che vi si riponevano in precampionato.
Lo spero: così come spero anche che i vari Spanghero, Nikolic, Genovese possano apportare alla squadra un contributo determinante ad ottenere il massimo dei risultati. Bologna perde contro la Bakery, ad inizio campionato ritenuta candidata a scendersene in B, segno che nulla è scontato: giochiamo a basket per 40’, poi tiriamo i conti.
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