Anche lui è stato, a suo tempo, uno degli introvabili nelle figurine Panini. Aprire il pacchetto e trovare la sua immagine era diventata un’impresa ardua nel 1997/98. Eppure Paolo Poggi era tutt’altro che irreperibile sul terreno di gioco. Veneziano classe 1971, si è trasferito ad Udine, quando la squadra era ancora un cantiere a cielo aperto, lontana dal team della cavalcata verso l’Europa. Si può considerare uno dei protagonisti indiscussi della recente storia del club. Duecentotrentatré partite con la casacca friulana, inevitabile che il rapporto con la società bianconera sia speciale:
“Esasperando il concetto, direi che, parlando di me come calciatore, mi viene in mente l’Udinese. Semplicemente perché ad Udine ho vissuto un lungo periodo., che è coinciso con una maturazione dal punto di vista personale. Sono arrivato da ragazzino e sono andato via come uomo sposato. È stato un periodo molto importante della mia vita”.
Paolo Poggi nella storia dell’Udinese: cosa si prova? Risponde il diretto interessato:
“Un grande privilegio, assolutamente”.
Il suo nome resterà sempre collegato nell’immaginario collettivo ad un tridente straordinario, composto insieme al tedesco Oliver Bierhoff ed al brasiliano Marcio Amoroso. Fare parte di un terzetto del genere è motivo di orgoglio per lui, ma non sono mancate le circostanze in cui Poggi si sentito fortunato per averli avuti in squadra:
“La sensazione di aver avuto la fortuna di giocare con loro l’ho provata molte volte perché spesso risolvevano le partite. Quindi è sempre stato un piacere averli in squadra, anziché contro. La partita, che più mi ha fatto sentire orgoglioso di giocare con loro, è stata quella di ritorno di Coppa Uefa contro il Widzew Łódź, nel 1997, la gara precedente alla sfida con l’Ajax”.
Tanti sono stati i momenti speciali nel corso della sua esperienza friulana, ma nel cuore di Poggi c’è spazio particolare per due gare decisamente speciali:
“Se la giocano due partite: Udinese-Ajax e lo spareggio per la Coppa Uefa contro la Juventus”.
Sono 50 le marcature distribuite tra 1994 e 2000. Ognuna di queste è una gioia per un attaccante, ma una rete è ancora adesso motivo d’orgoglio per Paolo:
“Quello contro la Juventus nella gara di ritorno dello spareggio”.
C’era un segreto dietro il tridente Poggi-Bierhoff-Amoroso? Se lo chiedono tanti appassionati friulani, che hanno sognato grazie alle gesta di quei tre. Poggi, però, non intravvede un unico ingrediente dietro ai loro successi, ma bensì una serie di fattori:
“No, credo l’entusiasmo e la voglia di condividere una novità, cioè lo schierare tre attaccanti. Era divertente ed un motivo di gioia. Facevamo tutto in modo molto spensierato”.
Il rapporto con Udine ed il Friuli non è andato perduto dopo tanti anni. Ancora adesso Paolo avverte fortemente questo legame con il popolo bianconero:
“A livello umano, sicuramente le amicizie, non solo con i compagni di squadra, ma anche con la gente. Il fatto di sentirsi tutt’oggi apprezzato non solo come calciatore, ma come persona”.
In chiusura, si parla di bandiere. Tempo fa, Poggi parlò dell’assenza di simboli nelle squadre. Una crisi che sta investendo il panorama del calcio globale. E lui si sente in qualche modo una bandiera dell’Udinese? Paolo risponde in modo schietto e sincero:
“No. Mi spiego meglio: ci sono altri giocatori che lo sono stati più di me. Mi riferisco a Bertotto, Calori, Di Natale. Quei calciatori che hanno trascorso un’intera carriera al servizio di questa squadra e di questa città. io ci sono stato poco rispetto a loro ed in periodo molto fortunato, per quanto mi riguarda. So che ho ricevuto e spero di aver dato altrettanto”.
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