Che il calcio italiano sia diventato un circo non lo scopriamo di certo oggi. Quello che è accaduto ieri sera al "Friuli", però, ha del paradossale. Va oltre ogni logica ratio. Il calcio è davvero al di sopra della salute? Può davvero continuare a sopravvivere in un mondo tutto suo, distaccato completamente della realtà? Può pensare perfino di fregarsene delle regole sanitarie?

Torniamo ai fatti. Ore 17.00, lo stadio è tutti gli effetti aperto, qualche tifoso si presenta regolarmente sugli spalti. L'Udinese compila la lista e dirama come se nulla fosse la formazione ufficiale. L'arbitro Camplone, dal tunnel degli spogliatoi, fischia l'inizio del match.

Manca però un elemento imprescindibile per disputare una partita di calcio, l'avversario. La Salernitana è infatti stata bloccata dall'ASL di Salerno poiché due suoi giocatori sono risultati positivi. Non è una sorpresa, già dal pomeriggio di lunedì si conosce il problema, tutti sanno che i granata a Udine non ci sarebbero potuti mai arrivare. La squadra di Colantuono non ha potuto volare in mattinata con un charter, come promesso la sera prima, in quanto l'unità sanitaria ha disposto la quarantena per tutti coloro che sono stati a stretto contatto con i positivi.

Decisione presa non dalla società qualcuno pensa possa centrare perfino la querelle sulla mancata cessione del club. Anche qui sarebbe da aprire un altro lungo capitolo sul come si permette ad una società di partecipare ad un massimo campionato nazionale senza alcuna garanzia economica e progettuale ma dall'Autorità sanitaria, demandata ad una chiara responsabilità e una precisa azione di vigilanza. La Lega, per salvaguardare la credibilità del campionato, decide di non decidere, di fare finta di nulla. Nessun rinvio, si gioca. L'Udinese dal canto suo adempie a tutti i doveri onde evitare di incappare in una penalità. 45' minuti di farsa prima di poter decretare che i campani non si sono ufficialmente presentati.


3 a 0 a tavolino per i bianconeri. La palla ora passa alla Giustizia Sportiva che deciderà il da farsi.


Come fa a non esserci una regola chiara? Due anni di covid non hanno insegnato nulla? Un regolamento può essere più importante di un provvedimento di una azienda sanitaria locale? Ancora oggi è tutto in bilico, non c'è un protocollo definito, si vive alla giornata, si decide volta per volta.

Ai vertici continua a mancare serietà. La Serie A è un'industria assai redditizia ma l'incapacità gestionale dei suoi manager spaventa. Episodi come quelli di ieri non fanno altro che allontanare sempre di più i tifosi. La credibilità del movimento, che a parole si vuole salvaguardare, non esiste più da un pezzo. E' solo un business, un prodotto da vendere, anzi da svendere. Nulla di più. E per farlo si è disposti a passare sopra a tutto, anche ad una pandemia.


Se il calcio è questo non c'è più divertimento, non c'è più nemmeno quel briciolo di passione che ci permette di seguire le nostre squadre del cuore. Dopo giornate come quella di ieri bisogna fermarsi, riflettere e chiedersi "ma ne vale davvero la pena?".
Sezione: Editoriale / Data: Mer 22 dicembre 2021 alle 11:31
Autore: Stefano Pontoni
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