Caro Paron, si chiude l'annus horribilis della sua gestione, o forse il primo della gestione dei suoi figli. Non lo so ed al momento non mi interessa. Se tutto è bene quel che finisce bene, rallegriamoci dell'avvento, un po' fortunato, di De Canio sulla panchina dell'Udinese. Le ultime partite ci hanno fatto innamorare di nuovo di questa Udinese, di questa maglia bianconera con le barde blu e gialle, come il gonfalone comunale. Non ci voleva molto, eppure...

Ma ora lasciamo da parte le critiche, lo ho scritto una settimana fa. Lo ripeto ora. Le ultime partite devono essere un sogno di quello che non è stato, una specie di "La stagione dell'amore" di Battiato al contrario. Spero vivamente che questa Udinese ci faccia rimpiangere ciò che sarebbe potuta essere. Spero vivamente di sentirmi "mona" ad aver sostenuto che il mercato era buono, poi cospargendomi il capo di cenere aver dichiarato che no, visti i risultati non lo era, ed ora non so più che pensare. Spero che lei e la sua famiglia, quest'estate, riflettiate bene su chi deve restare e chi no, in questa squadra ed ancora di più in questa società. Non le chiedo di togliere quel Dacia dal nome dello stadio. Ho 40 anni e rotti e non credo più alle favole. Continuerò a criticare la scelta. Che vuole... anche un liberista come me può credere nei simboli.

Ma le scrivo per altro, per qualcosa di più urgente e "reale". Se ai simboli si può anche non credere, quando ci sono di mezzo i soldi (opinione forse sua, non mia), non scorderò mai una promessa che io, piccolo tifoso, le ho fatto con un telegramma tanti anni fa. Vincemmo lo spareggio UEFA contro la Juventus, in panchina c'era Guidolin. Alla fine di quella partita piansi dal nervosismo, tanto era stata tirata. Il giorno dopo, facevo l'obiettore di coscienza al tempo, presi dieci minuti per andare in posta e mandare un telegramma con scritto: "Grazie. Sempre. Comunque." Lo pensavo, lo penso e lo penserò per il resto dei miei giorni, anche se le prossime tre partite fossero sconfitte, anche se si andasse in serie B. La riconoscenza va al di là delle critiche del momento, del periodo. Si litiga, ci si scontra, ma la riconoscenza rimane. E rimangono i sentimenti.

Paron, lei è stato il padre padrone dell'Udinese, e per relazione di osmosi, è stato anche un pò il secondo padre di tutti noi che diciamo Udinese e pensiamo a una fede, con il suo mistero (perché tifo Udinese? mistero della fede). E' stato secondo padre, forse ancora di più da quello che ho letto e dalle dichiarazioni nelle interviste, del giocatore migliore che abbiamo mai avuto. Sì, Zico era più forte, d'accordo. Ma io non ho mai visto un giocatore che rinuncia alla sua terra per un'altra terra, diversa, che lo ha adottato. Totò Di Natale lo ha fatto con il Friuli. E' napoletano, è tifoso del Napoli, eppure è rimasto qua anche quando sirene partenopee, juventine, milaniste e fiorentine lo chiamavano ad ogni sessione di mercato. La maggior parte dei nostri giocatori devono partire al momento giusto, altrimenti rischiano di svalutarsi. Lui no, lui aveva richieste ogni anno e ogni anno rimaneva. Dicono sia una decisione che ha preso la moglie, che sia lei il vero comandante in casa (perché, signor Paron, comandano le donne, lo sa?), ma io penso che molto sia dipeso dal rapporto fra lei e Totò.

E' strano non sentirla, è imbarazzante il suo silenzio da quando Totò è stato messo fuori rosa, fuori dalle convocazioni. Ho letto su un giornale che Di Natale ha chiamato e lei non ha risposto. Perché? va bene, i soldi vengono prima dei simboli, ma non prima della famiglia. E noi tutti sappiamo che il rapporto fra lei e Totò è qualcosa di più vicino alla famiglia che alla gestione di una società di calcio. Quando Guidolin lo mise giustamente fuori rosa perché aveva litigato con il preparatore atletico, se lo portò a guardare la partita con lei, in tribuna. Me lo ricordo. Un gesto così fuori luogo nascondeva un sentimento che non richiede giustificazioni?

Ora, Paron... caro Paron ti scrivo, anche De Canio ha capito che forse (forse...) ha sbagliato per eccesso di zelo nel mettere Di Natale fuori dalla lista dei convocati. Fra ballerini con la febbre del mercoledì sera, ipotetiche fughe di chi gioca poco e interviste fuori luogo di qualche bomber, era davvero Di Natale il problema? erano davvero i suoi due assist contro il Verona che hanno cambiato il campionato per la salvezza, il problema?

Caro Paron, ci metta una parola, con l'allenatore. Non levi a tutti noi tifosi la gioia di vedere un finale di campionato con il più grande campione passato da Udine fra i convocati. Ci faccia divertire, ci insegni che la riconoscenza è importante. Ci dia una lezione di vita, e non di basso stile.......Ma specialmente, c'è qualcuno che aspetta una sua telefonata, una chiacchierata con lei, un abbraccio.

Caro Paron ti scrivo, ha una telefonata che l'aspetta.

 

 

 

 

 

Sezione: Editoriale / Data: Mar 26 aprile 2016 alle 10:50
Autore: Giacomo Treppo
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