L'Inter si appresta a vivere una grande finale di Champions League. Complimenti vivissimi ai neroazzurri, capaci di riportare l'Italia a giocarsi la possibilità di alzare la coppa più prestigiosa. A Istanbul (contro Real o City, due spanne sopra tutte le altre) servirà un'impresa. In bocca al lupo, tifiamo per l'Italia, perché il nostro calcio ha bisogno di rinascere e per farlo servono questi successi.

Detto questo, è passata appena mezz'ora dal successo sul Milan e già sono spuntate decine di tifosi occasionali, quelli a cui piace salire sul carro dei vincitori. L'avete capito, sta sera tutti interisti. 

Noi, no. Perché la nostra fede resta bianconera anche se i risultati non sono così esaltanti e il nostro finale rischia di essere asettico (a maggio i miei ricordi tornano sempre a quell'incantevole Udinese di Guidolin, sempre più lontana nel tempo ma ancora impressa nel mio cuore. Ai caroselli per le vie del centro, alla festa in piazza Libertà).

Il mio calcio è in provincia. Non mi piace vincere, mi piace soffrire, amo la sofferenza del tifare Udinese. Sono pazzo, no. Questione d'identità, di territorio. L'ho scritto più e più volte, lo ribadisco. Io interpreto lo sport così, le grandi non fanno per me, non partecipo sporadicamente ai successi altrui, non seguo le mode.

C'è una bellezza nascosta, un fascino autentico che si cela nel calcio di provincia, nell'essere tifosi dell'Udinese, lontano dai riflettori delle grandi squadre e dai clamori mediatici. Il mio calcio parla di tradizioni, di valori autentici e di una passione che scorre nelle mie vene da sempre. C'è un'empatia viscerale che si crea qui in questo piccolo e spesso dimenticato angolo di mondo, un senso di appartenenza che fa sì che ogni vittoria sia festeggiata come un grande trionfo e ogni sconfitta sia condivisa come un dolore comune.

Le storie che si intrecciano qui a Udine sono fatte di sacrifici e di dedizione. Nonostante le difficoltà, i limiti, le delusioni costanti riusciamo qualche volta anche a gioire, e anche un Nestorovski qualsiasi (Ilija perdonami) può trasformarsi per una domenica in un eroe.

Il calcio di provincia, permettetemi interisti di convenienza, ha una magia che le grandi squadre non possono replicare. Non ci sono gli stadi monumentali, le finali, i grandi allenatori né i salari stratosferici. Ma c'è la genuinità di un abbraccio tra fratelli, quello che noi tifosi dell'Udinese siamo, l'orgoglio di rappresentare un luogo, una comunità. 

E allora, mentre l'Inter dominerà da qui alla finale di Istanbul (e speriamo anche oltre) le pagine dei giornali e le trasmissioni televisive, nella nostra dimenticata e insulsa provincia si cela ancora un'anima romantica che continua a sognare. Perché un giorno prima o poi nascerà un nuovo Di Natale, in panchina ci sarà un altro Zac e torneremo anche noi in Champions League.

Sezione: Editoriale / Data: Mar 16 maggio 2023 alle 23:14
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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