Allenatore, direttore sportivo e grande scopritore di talenti, Gianni Di Marzio rappresenta un tassello fondamentale della storia del calcio italiano. Ai nostri microfoni si è raccontato in una lunga intervista.
Mister, oggi riparte il calcio. Cosa ne pensa di questo rinizio?
"Sono molto felice, anche se sarà un calcio diverso, senza pubblico, un po’ virtuale. Anche questo è un passo verso la normalità. Dopo tre mesi passati senza calcio tutti noi appassionati volevamo tornare a tifare. Finalmente, in sicurezza, si può ricominciare ed è giusto così. Verdetti a tavolino non avrebbero avuto alcun senso e cancellare tutta la stagione sarebbe stato davvero un peccato, soprattutto per alcune squadre. Ora spazio alle partite, dodici giornate da giocare sono tante. Da qui alla fine prevedo molte sorprese, sia in testa che in coda alla classifica".
Una ripartenza tra dubbi e incertezze.
"Non ho mai considerato all’altezza di questa situazione il ministro dello sport Spadafora. A mio avviso ha dimostrato di avere astio nei confronti del mondo del calcio. Ha sempre considerato tutti quelli che fanno parte di questo movimento dei privilegiati, non capendo che il calcio non è fatto soltanto da ricchi campioni come Ronaldo. Pur sapendo che il calcio è la terza aziende d'Italia è sempre stato restio a far ripartire il campionato. Il protocollo poi scontenta un po’ tutti. Non è possibile se un giocatore è positivo si deve fermare tutta la squadra, è assurdo. All’estero non è così, questo è un rischio. Bastano un paio di positivi per far saltare di nuovo il campionato e questo non ce lo possiamo assolutamente permettere".
Ci aveva promesso una chicca sull'Udinese. Ce la svela?
"L'Udinese è sempre state protagonista nella ricerca di giovani talenti da lanciare del grande calcio. Ha sempre e trovato grandi giocatori, soprattutto in Sudamerica. Tra i tanti ci poteva essere anche il migliore di tutti, Messi. Quando lo andai a vedere per la prima volta, la Pulce aveva solo 16 anni, c'era infatti anche l'Udinese. I bianconeri, come sempre, ci avevano visto lungo. Il ragazzo era sul taccuino degli scout bianconeri, sulle sue tracce si era messo infatti anche Ernesto Varnier, grande scopritore di talenti e uomo fidato dell'Udinese. Insieme a lui e a Gerolin andammo a vedere Messi in una partita della nazionale a Manizales. Quella partita non giocò dall'inizio, al suo posto c’era Barrientos, colui che tutti ritenevano essere il vero fenomeno. Messi entrò l’ultima mezz’ora, gli bastò poco per farci vedere di che pasta era fatto. Riuscii ad intrufolarmi nel pulmino della nazionale, mi sedetti vicino a Messi e gli dissi che doveva venire a tutti i costi a giocare in Italia. Gli diedi il mio biglietto, chiedendo di venire alla Juve. Lui era molto contento. Già all'epoca era molto legato al Barcellona, squadra che lo stava crescendo, ma non aveva ancora firmato il passaggio dalle giovanili professionisti. Fu il papà a decidere di lasciarlo in Spagna, un modo per ringraziare il club per quello che aveva fatto per il ragazzo. Da lì in poi la storia di Messi la sappiamo tutti".
Lei è molto legato ancora oggi ad Andrea Carnevale.
"Fui io a portarlo in Serie A. Un grandissimo giocatore, dai piedi brasiliani. Dava del tu al pallone, non sfigurava al fianco di grandi come Maradona e Careca. E’ sempre stato un signorone. Affezzionato all’Udinese, ha scoperto tanti giocatori. Una risorsa per i Pozzo".
Cosa ne pensa dei nuovi talenti bianconeri?
"Musso e De Paul sono due grandi giocatori, già pronti per una big. Fofana, invece, è ancora troppo discontinuo, s'inventa grandi giocate ma si perde ancora in certe cose semplici. Tre profili importanti".
E del tecnico?
"Gotti è molto bravo. Non è un allenatore per caso, conosce il calcio come pochi altri. A livello internazionale è molto apprezzato e questo vuol dire molto. E' uno studioso, attento, meticoloso. So che farà molto bene sulla panchina bianconera".
Il più forte degli ultimi anni?
"Di Natale tecnicamente non aveva da imparare nulla da nessuno. Era fortissimo in ogni ruolo dell'attacco, in campo poteva fare quello che voleva. Aveva la magia nei piedi, anche le cose più difficili le faceva sembrare delle banalità. Per me è stato qualcosa di incredibile, un senso del gol come il suo è rarissimo. Uno dei più grandi attaccanti della storia del calcio italiana. Mi sarebbe piaciuto vederlo però in un grande club, vederlo competere ad altissimo livello ma ha scelto di essere il re di Udine e per questo atto d'amore non gli si può fare una colpa".
Chi consiglierebbe oggi all'amico Marino?
"Pierpaolo non ha bisogno di alcun consiglio. E’ sempre stato avanti agli altri. E sempre due tre mosse avanti. Conoscitore del calcio, scopritore di talenti, un grande dirigente, competente".
L'Udinese negli ultimi anni ha stentato. Secondo lei perché?
"La famiglia Pozzo ha fatto delle cose eccezionali nel mondo del calcio. Ha portato l'Udinese, una picciola squadra di provincia, ad essere un grande realtà non solo in Italia, completando poi un percorso importante con uno stadio meraviglioso. Sono sempre stati un passo avanti a tutti dal punto di vista organizzativo. L'Udinese è stata e continua ad essere un modello. E' stata la prima squadra al mondo ad avere un sistema di scouting globale, portando così a Udine tanti grandissimi giocatori. Con questo tipo di mentalità sono sicuro che torneranno presto anche i risultati. Qualche stagione no può capitare ma la bontà del progetto è assicurata. Sono sicuro l'Udinese tornerà a far dei campionati eccellenti. Se fossi un tifoso friulano sarei comunque contento, non è facile restare ad alti livelli per così tanti anni".
Tornando al passato, Zico e Maradona, chi è stato il più forte?
"Zico è stato un campionissimo. Un uomo straordinario. Mi ricordo ancora oggi il gol che mi fece quando allenavo il Catania. A Sorrentino, il mio portiere, ancora oggi gira la testa. Maradona per me però ha qualcosa in più. Un tocco di divinità, era il pallone a cercarlo. Riusciva poi a trasmettere una leadership incredibile. Per me è lui il numero uno".
Domanda secca, l'Udinese si salva?
"L’Udinese si salva, questo è certo".
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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