Durante la pausa per le Nazionali inevitabilmente, pur amando tantissimo l’Italia, c’è tanta noia. Si ferma quasi (le categorie minori continuano a giocare) tutto, le voci assurde impazzano pur di riempire le pagine dei giornali e il week-end, per noi calciofili, è surreale. È però forse il momento migliore per qualche elucubrazione mentale, quelle analisi che forse portano a poco, ma che possono essere belle per sognare o per rivivere certi spezzoni del passato. In questa rubrica ho deciso di analizzare il secondo decennio degli anni duemila dell’Udinese, dove si è vista forse l’Udinese più bella della storia, ma forse anche una delle più brutte (in A), ma dove, soprattutto, è avvenuto il passaggio di testimone tra Giampaolo Pozzo e Gino Pozzo.
Stagione 2014/2015, dopo cinque anni, la prima senza neanche un barlume di Europa. Per sostituire Guidolin la corsa è a due: Delneri o Stramaccioni. Gino Pozzo preferirebbe il secondo profilo, che è giovane e ha fatto discretamente in un ambiente disastrato, ma importante come quello dell’Inter. I più “anziani” però spingono per il tecnico friulano. Si va in quella direzione, ma Gigi, ai colloqui finali prima delle firme, chiede di avere dal mercato una punta importante come Quagliarella. Il ragazzo è sul mercato e sarebbe una certezza in uno spogliatoio in aria di rifacimento. Gino Pozzo però non ci pensa nemmeno e allora vira su Strama, trovando l’accordo in poco tempo. Il mister come staff si porta il solo Stankovic a fare da vice, per il resto tutto lo staff è gestito dalla società (prima grossa novità della nuova gestione). Altra novità cruciale: lo stadio inizia ad essere abbattuto per costruire quello nuovo, quindi la capienza per questa stagione è decisamente ridotta. Disagi per i tifosi, ma in nome di un impianto che sarà poi di livello assoluto, almeno su questo non si possono muovere critiche ai vertici.
A Stramaccioni dal mercato viene fornita una rosa che è un mix di giovani ed esperti, con l’Udinese che fa acquisti anche a cifre importanti. Arrivano due profili apprezzati dai piani alti e che piacciono allo stesso tecnico, ovvero Kone dal Bologna e Thereau dal Chievo. Inoltre viene prelevato Guilherme dal Corinthians, giovane regista che dovrebbe dar ordine in mezzo al campo. Il greco dovrebbe aumentare la qualità del centrocampo, considerato povero nella stagione passata, mentre il francese dovrebbe essere la prima riserva alla coppia d’attacco Muriel-Di Natale, attesa dal salto di qualità (con la crescita del colombiano). Strama deve assemblare quindi un undici che giocoforza presenterà diverse novità, viste anche le cessioni di Basta e Pereyra.
Il tecnico sorprende un po’ tutti inizialmente, preferendo a Scuffet il nuovo arrivo Karnezis, riserva a Granada e rimasto ad Udine solo perché il Benfica ha potuto chiudere per Julio Cesar (il greco era già a Lisbona per la firma). Si affida poi più che può ai senatori. In difesa dunque ancora Domizzi e Danilo, con il terzo posto che sarà occupato da un sorprendente Piris, che era criticatissimo a Roma e che invece si rivelerà uno dei pochi acquisti azzeccati. In mezzo al campo Widmer, Allan, Guilherme, Kone e Pasquale. Davanti Totò e Muriel. Con riserve come Thereau o il giovane Bruno Fernandes, i margini per ripartire con un percorso che porti in tempi non troppo lunghi l’Udinese ai piani alti sembrano esserci e anche la partenza è buona. All’ottava giornata l’Udinese è quinta con 16 punti, media di due punti a partita. Le zebrette però sembrano andare avanti più per episodi e non grazie a un gioco fluido e concreto.
Infatti la magia si spezza rapidamente. Kone e Guilherme in breve tempo si spengono e Muriel non c’è praticamente mai, aggiungiamoci pure che alcuni giovani non sembrano proprio avere nella continuità la loro peculiarità (Fernandes) e l’Udinese inizia a perdere posizioni. Strama le prova un po’ tutte: 3-5-2, 4-3-2-1, 4-4-2, diversi i vestiti provati, ma non c’è verso di dare continuità di risultati, con i gol di Thereau e Di Natale, uniti alle parate di un Karnezis monumentale, che permettono comunque di non dover mai temere la retrocessione, ma le cose non vanno e i risultati lo dicono chiaramente. A febbraio 4 sconfitte di fila, prima della vittoria liberatoria per 3-2 in casa col Torino. Poi, a chiudere il campionato, altre quattro sconfitte consecutive. Sedicesimo posto finale (in Coppa Italia eliminazione agli ottavi ai rigori con il Napoli) e una squadra che ha deluso negli elementi che invece sarebbero dovuti esplodere. La società decide di svincolare Strama, annata buttata, si decide di ripartire di nuovo, con idee nuove.
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