Il Napoli non si è scansato, il Bologna sì. Quando nel primo tempo ho visto che i felsinei guadagnavano il primo calcio d'angolo e non lo buttavano dentro la nostra area di rigore, quando ho visto che facevano melina come se stessero vincendo la partita che li avrebbe portati in Europa anche dopo il gol subito, allora ho capito che la serie A era nostra.

Forse la squadra ha denotato miglioramenti rispetto a quel “speriamo in Dio” visto a Verona, sicuramente qualcuno ha consigliato Tudor di seguire le orme di Delneri ed ha messo dentro un 442 con Hallfredsson a randellare e recuperare palloni; forse, forse, ma sta di fatto che il tecnico croato ha ottenuto sette punti in quattro partite due delle quali contro squadre già retrocesse (una pareggiata), una contro una squadra allo sbando forse perché senza molti titolari. L'unica partita seria la abbiamo persa miseramente.

Alla fine i Pozzo uscivano soddisfatti dallo stadio, uno stadio pieno di tifosi attirati dai 5 euro a biglietto. Questo poteva e doveva essere il campionato della crescita graduale, del secondo step dopo quello di Delneri dell'anno scorso. Invece è stato l'anno della verità, ma di questo ci sarà ancora modo di parlare. Sta di fatto che qualche tifoso in curva che volta le spalle ai giocatori, a fine partita, non farà certo cambiare idea a chi in società si è circondato di consiglieri che consigliano male, di dirigenti che dirigono male, di allenatori che senza colpa devono fare i miracoli.

E i giocatori? Girano voci, si dice che non fossero felici di scelte societarie. A Udine siamo abituati a ragionare aziendalmente. Per una volta non lo farò, o forse proprio questa volta lo faccio e lascio perdere il politichese dietro al quale tutti si nascondono. Sono pochissimi i giocatori che meritano questa maglia, si contano sulle dita di una mano. E considerando le risposte a sviare di Lasagna a fine partita e il saluto di De Paul mi sa che chi dovrebbe rimanere in realtà se ne vorrebbe andare.

Si chiude con una vittoria regalata un campionato nel quale moralmente meritavamo la retrocessione per il semplice fatto di avere una squadra da parte sinistra e una società assente, senza vertice, più intenta a fare business che calcio.

Ma oggi erano tutti felici, ed allora è semplice, significa che sbaglio io. Viva l'Udinese che fa tredici punti nel girone di ritorno, viva gli esoneri e i procuratori al campo d'allenamento. Viva loro e viva la serie A. Fesso io, a pensare che il tifo è tifo in A come in B, che i valori che una squadra deve trasmettere sono altri, che questo non è più il calcio del quale potevamo vantarci in Italia. A Napoli i tifosi del Crotone applaudivano una squadra retrocessa, perché hanno sempre lottato... dai noi ci sono i biglietti a cinque euro e le undici maglie diverse messe all'asta.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 20 maggio 2018 alle 20:51
Autore: Giacomo Treppo
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