Caro Fabrizio Frates,

non ci conosciamo, o meglio io conosco Lei ma non viceversa. Vuole una prova?

Milanese, cinquantasette anni e una laurea in architettura avvolta molto presto nel nylon del ricordo. Poco basket giocato, molta pallalcesto allenata e tante franchigie dirette con fortune alterne, sicuramente non rendendo giustizia, specie nelle ultime stagioni, alla Sua preparazione.

All’Endas di Milano è un eroe: due scudetti vinti tanti anni fa nelle giovanili, quando Lei usciva appena dall’Università ed io mi dibattevo fra Cicerone e Plauto. Al giro dei trent’anni la vuole Cantù di Pigi Marzorati, con cui batte il Reàl in una finale di Korac; sponsor un prodigioso shampoo antiforfora, Suoi profeti il marine tiratore Pace Mannion e sotto le plance il reggiano per una vita Roosevelt Bouie, uno che in quanto a carattere darebbe lezioni anche a Wade o Rondo.

Poi La chiama Treviso, rimasta orfana di campioni come Toni Kukoc. Vince, sì, una coppa Italia (contro la Stefanel di Meneghin, De Pol, Cantarello, Fucka, Bodiroga) ma non convince e La cambiano con Michele d’Antoni, protagonista di cinque buone annate all’Olimpia da coach: scelta eccellente per i biancoverdi, che l’attuale head coach dei Rockets porterà in alto, perdendone solo venticinque su cento.

Da qui in poi, la parabola scema un “cicinìn”: due promozioni in A1 con un’ambiziosa franchigia come Arese, all’epoca seconda firma di Milano, che fa fuori proprio la “Sua ex” Polti di Cantù; qualche anno dopo con Gorizia. E poi Siena, Montecatini, Reggio Emilia... E Udine.

Sì: da noi arriva nel 2001. Come ricordava un bravo collega che L’ha intervistata, era una Snaidero di caratura più che buona: Teo Alibegovic e Sartori; Scott e Davide Cantarello sotto le plance; Ago Li Vecchi, fromboliere che a Barcellona nella finale-promozione contro Udine, risolta dal ragno Smith, segnava anche dal bagno di casa sua, ma a Udine il canestro lo vide poco. Busca e Wooldridge, soprattutto lancia senza paura un diciassettenne di cui si intuiva cristallina la classe; un talentino di Maribor che se ne andò poi ai Lakers e oggi segna per i Knicks, tale “Sasha” Vujacic.

Arrivammo dodicesimi: forse si meritava di più di un ottavo di playoff con uscita immediata e netta contro la Mens Sana Siena, ma la qualificazione per l’Uleb Cup mitigò la delusione per una classifica che sarebbe dovuta essere migliore. Di Lei mi ricordo preparazione e dedizione. E un’erre moscia che la rendeva dialetticamente irresistibile. Suo successore, mi pare, il pragmatico Cesarone Pancotto: altra cosa.

Oggi dopo tanti anni ci si ritrova su barricate opposte; noi siamo una neopromossa, e Lei allena una Scaligera che si nasconde dietro la frase di rito, “progetto all’inizio con tanti nuovi ” quando sappiamo tutti che, assieme a Treviso ed alle due di Basket City, con l’incognita-Mantova punta alla promozione in massima serie.

Le voglio bene: umanamente e professionalmente, ma domenica, mi spiace, tocca a noi. La Sua squadra, speculare alla GSA, punta sul tiro da fuori come arma principale per scardinare le difese avversarie. Sotto le plance si affida all’ex snaiderino David Brkic, all’italo-americano Daniele DiLiegro, al senegalese di passaporto tricolore Yande Fall. Ma è sugli esterni che la Scaligera fa più paura: dal capitano Boscagin, suo pretoriano anche a Reggio; passando per Pini e per il girgentino Portannese, ventisettenne ala tiratrice con tanta esperienza in serie A (ultima a Scafati); per finire con il duo americano composto dall’espertissimo mestierante Dawan Robinson, infinita carriera fra Italia, Francia, Germania con una puntatina l’anno passato nella vicina Olimpija di Lubiana; e il tiratore Michael Antonio Frazier II, un Gator di nome e di fatto, che a ventitré anni conta diverse stagioni nella Development League americana senza aver mai trovato spiraglio in qualche draft principalmente per una struttura fisica elegante ma non abbastanza esplosiva. Difensore attento che di certo Lei, caro Fabrizio, sarà riuscito a motivare.

Sì: perché di fronte le si pareranno i bianchineri di Lino Lardo. Lo so, li conosce benissimo; conosce l’imprevedibilità di Trickbox Truccolo, l’esiziale scelta al tiro del microonde Pinton, la versatilità di Ricky Castelli e lo showtime da playground di Ray e Okoye.

E tutto mi fa pensare che il solito manipolo di tifosi friulani, che segue in tutte le trasferte le sorti dei nostri, si divertirà; e che gli attacchi avranno la prevalenza sulle difese. Io personalmente sono sempre in attesa che la squadra biancanera, che Lei ricorda nello storico arancione, si ritrovi in tutti i propri effettivi. E che spettacolo sia.

E non si offenderà, caro Fabrizio, se le legioni di Lardo comanderanno al PalaOlimpia di Verona. Quello che spero, quel che succederà se, finalmente, fisicamente e mentalmente l’intero roster agirà al massimo. Inclusi i nostri centri, che stentano a trovare fiducia specialmente nell’elemento dalla statura più imponente.

Spero nella Sua comprensionee che prenderà questa mia con un sorriso. Il mio pensando alla “nostra” Snaidero di tanti anni fa.

Suo, FC.

 

Sezione: Basket / Data: Sab 19 novembre 2016 alle 11:47
Autore: Franco Canciani
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