“Il calcio è di chi lo ama”. Chissà quante volte abbiamo intravisto lo spot della Lega Calcio senza darci troppo peso. Sarà anche solo un’ideata pubblicitaria ma bisogna ammettere che è davvero così. Tutti hanno tentato almeno una volta di aprire gli occhi e denunciare che il mondo del pallone è diventato solo un business. Probabilmente ognuno di noi ha esclamato indignato che i giocatori sono strapagati e basano le loro decisioni professionali solo in base al dio denaro. Non solo. Come dimenticare le società, interessate più al marketing, agli introiti provenienti dai diritti tv e alle iniziative commerciali, piuttosto che ai pensieri ed ai reali bisogni dei propri sostenitori. Ma nonostante le delusioni, le decisioni mal digerite e la disillusione di vedere sul rettangolo verde dei calciatori che dimostrano un po’ di tatto per la realtà in cui sono inseriti, siamo sempre lì, attaccati allo schermo o al proprio seggiolino, pronti all’altalena di emozioni che solo una partita di calcio può dare. Perché, in fondo, per i tifosi il calcio è come la vita di ogni giorno: è fatto di emozioni e di sentimenti. Sì, anche di sentimenti. Siamo ancora lì, anni dopo anni, innamorati del calcio perché ci sono persone che ci fanno ricredere su quanto marcio sia questo mondo. Esistono ancora calciatori che ci fanno sognare non per i loro numeri, bensì per il loro modo di interagire con noi. Non tutti i giocatori sono esseri malefici che pensano al proprio successo personale. Quando questo accade, quando sbattono la porta in faccia senza dire grazie o fanno promesse d’amore per altri, non a caso lo vediamo come un tradimento. Il calcio è anche di chi sa amare e rispettare i propri tifosi. Giampiero Pinzi è senza ombra di dubbio uno di questi. Non a caso è stato il principale protagonista di Udinese- Chievo, sebbene non abbia disputato nemmeno un minuto.
Quando il campo non regala esultanze ai gol o significative occasioni, il contorno assume un maggiore significato. Per caritá, l’Udinese di De Canio piace anche contro i clivensi, se non altro per abnegazione e solidità difensiva, ma non riesce a sferrare il colpo decisivo, a concretizzare. Rimanda sempre quella vittoria per chiudere definitivamente il discorso salvezza. Forse sarebbe più opportuno chiamarla l’Udinese dei se e dei ma.
Tuttavia, fra quelle poche certezze rimaste, esiste una degna consolazione. C’è ancora qualche superstite che ama quel calcio fatto di gente al seguito e di cuori palpitante sugli spalti. E chi ama è lautamente ripagato. La trentatresima giornata calcistica di Udine è riassunta tutta in un’immagine di fine partita. Una maglia gialloblu rimane sola in mezzo al campo. Si dirige lentamente verso la curva avversaria sapendo che non correrà nessun pericolo. Per Giampiero Pinzi, quell’uomo di gialloblu vestito, c’è in serbo un tributo speciale, mai visto a queste latitudini. Il cammino verso il settore del tifo più caldo è accompagnato da un oooooh trepidante che esplode quando l’ex numero 66 raggiunge i tifosi della Nord. Stringe mani, regala la sua maglietta gialloblu fa la passerella battendo il cinque a tutti quelli che sono in grado di raggiungerlo. La gente si accalca per potergli dire un “mandi gladiatore”. Buona parte del tifo bianconero indossa la maglietta con il suo nome e la scritta Giampy per sempre uno di noi. Mentre riceve l’abbraccio virtuale di migliaia di persone, la Nord canta e l’intero stadio applaude. Canta l’ennesimo coro dedicato a lui, il guerriero di tante battaglie. “Un capitano, c’è solo un capitano”. Perché Giampiero era veramente il capitano, anche se non indossava la fascia. Mai come in questa stagione la sua mancanza si è fatta sentire e si è capito chi era in grado di mantenere unito un gruppo composto per lo più da stranieri. Ma Giampiero era ed è anche “uno di noi”, concetto ribadito e cantato prima, durante e dopo la gara, nonché messo per iscritto su uno striscione esibito in Curva ad inizio partita. Il perché fosse uno di noi lo si è visto anche in questo suo ultimo gesto, nel suo sorriso amaro e allo stesso tempo commosso.
Tutti hanno capito a Udine chi era e chi è tuttora Giampiero. Tutti tranne i vertici dell’Udinese Calcio. Non bastano le belle parole, né le targhette celebrative consegnate nel prepartita per ricucire lo strappo doloroso avvenuto in una notte di fine estate. Non basta una stretta di mano e un grazie detto al cospetto del pubblico. Occorrono i fatti, le proposte concrete, la voglia di trasmettere ai senatori che sono importanti e inseriti nel progetto Udinese. Se così non è, il risultato è quello che si è visto la scorsa estate con Giampiero e che ora si sta ripetendo con Totò. E si verificherà all’infinito qualora ci saranno altri che in un futuro vorranno vedere l’Udinese non solo come meta di passaggio bensì come la propria casa. Anche se le politiche societarie sono discutibili, Giampiero non ha mai dimenticato quale sia casa sua. Perché l’Udinese e i suoi tifosi li ama, torti o no. Oggi lo ha voluto ribadire ancora una volta, tramite il suo profilo ufficiale Instagram. Pinzi ha raccolto tutte le immagini più significative di ieri in un collage, fra lo striscione e le strette di mano con i tifosi, commentandole così: “ Nella vita ci sono giorni che rimangono indelebili. Il 17/4/2016 è stato uno di questi. Grazie grazie e ancora grazie!!! Giampi”.
Caro Giampiero, siamo noi a doverti dire grazie. Il calcio è di chi lo ama. Noi grazie a te lo amiamo di piú.
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