Oggi è una giornata particolare: Totò Di Natale ha annunciato in conferenza stampa che quella contro il Carpi sarà la sua ultima partita con la maglia dell'Udinese. Un giorno che credevamo tutti non potesse mai arrivare. Negli ultimi mesi però c'era qualcosa di strano nell'aria. Di Natale in tribuna, voci di rapporto incrinato e di addio imminente. 

Dopo tante settimane passate tra ipotesi e appelli, il capitano è uscito allo scoperto. Lo ha fatto a modo suo, come sempre, e da oggi dovremo fare nostra l’idea di un'Udinese senza Di Natale. Facciamo un passo indietro però, chi è Totò? Beh dipende da chi si pone questa domanda. Mi spiego meglio, il calcio bianconero si divide tra chi ha visto Zico a Udine e chi no. Che il fenomeno brasiliano abbia segnato la storia di questa squadra ci sono pochi dubbi. Io Zico non l'ho potuto ammiare. Me lo sono fatto raccontare, tra aneddoti epici e storie di un Friuli sempre gremito, l'ho ammirato nei film, negli speciali e nei video senza però vedere dal vivo le sue magie. Ho potuto però vivere tutta la storia di Di Natale in bianconero. Dodici anni, tutti d'un fiato nei quali sono cresciuto con quello che per me è stato il mio idolo di infanzia. Accanto a me ho visto crescere e formarsi anche quel campione che è stato il nostro numero dieci e ora posso dire: "Questo è il più forte giocatore che l'Udinese abbia avuto". In questi anni ho vissuto l’ebrezza di sperare che il pallone andasse nei suoi piedi per vedere cosa avrebbe potuto fare, sicuramente tutto quello che voleva. Con questi occhi gli ho visto fare qualcosa di strabiliante, qualcosa che nessuno avesse visto prima. Di gol e di giocate che resteranno nella storia ne potrei citare tante. Ognuno di noi però alle sue, quelle a cui è più legato. Il mio personale, e penso anche di molti altri, è quello contro la Reggina, nel lontano 2007. Ve lo ricordo un po': Totò taglia in area verso l’esterno per ricevere un lancio lungo dal centrocampo e ha alle spalle un difensore in pressione; in quella condizione qualsiasi attaccante si sarebbe limitato a provare a stoppare la palla d’esterno per poi cercare l’inserimento di un compagno. Di Natale invece riesce ad abbreviare il passo e a mettere a distanza giusta il pallone, a quel punto controlla d’interno per preparare il tiro sul secondo palo. Un gol che mi rimase impresso nella mente.

Quando è arrivato Totò dall'Empoli ero un bambino. Un bambino che tifava bianconero e che giocava a pallone con la sua maglia bianconera del suo idolo in giardino. Oggi, nella conferenza stampa in cui ha annunciato il suo addio, quel bambino è diventato un adulto, e come tanti, si è sentito vecchio e triste. Il mio idolo ha smesso di giocare, la mia certezza e l'abitudine che Di Natale era l'Udinese adesso non c'è più e ciò mi spaventa. Qualcosa è cambiato per me da oggi. Tornando a casa dalla conferenza ero triste, ma da un lato mi sono sentito un privilegiato perché io Totò l'ho visto giocare al Friuli e stupire di partita in partita la sua gente. Gli ho visto fare gol impossibili e battere tutti i record. Sorrideva lui, rimanevamo a bocca aperta noi. Giocate che potrò un giorno raccontare a qualcuno, ricordando i tempi che furono.  

D'ora in poi la tristezza deve lasciare spazio alla gratitudine. Non esisterà solo il pre e post Zico, ma anche il pre e post Di Natale. Con lui ho sognato e non me ne frega di nient'altro. Adesso non so quanti anni ci vorranno per rivedere uno così con la nostra maglia. "Un campione smette di giocare, la sua leggenda invece, resta per sempre".

Sezione: Editoriale / Data: Ven 29 aprile 2016 alle 17:30
Autore: Stefano Pontoni / Twitter: @PontoniStefano
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