PalaDozza, sette e quaranta circa di una domenica piovosa di gennaio.

È appena finita la gara che vedeva impegnata la Fortitudo Bologna contro una neopromossa friulana.

Ha vinto la neopromossa friulana: senza il suo terminale offensivo americano, con l'altro statunitense buono in difesa ma in giornata-no in attacco. Dunque?

Dunque credo sia ora di finirla di parlare di sorpresa: la Gesteco Cividale di coach Pillastrini lo è solo per chi considera il basket di serie B come patrimonio di minus habentes, popolato di ex giocatori ormai imbolsiti o giovani che non ce la possono fare. O peggio per gli esperti che parlano di giocatori che non conoscono.

È ora di finirla di parlare, col sorrisetto a mezza bocca tipico di chi ne sa molto, della taglia fisica di Eugenio Rota, a pieno titolo capitano del suo gruppo.

È ora di finirla di dire che sì, Miani è un buon giocatore ma fa fatica in A2 e l'A1 la vedrà col binocolo. Basta una veloce verifica, la cronaca implica anche questo.

Per fortuna i soloni hanno già smesso, da molto tempo, di parlare di Stefano Pillastrini come di un coach vecchio e 'bollito'. Sarebbe stato ingeneroso anche avesse fallito nel suo proposito tattico ed agonistico; la sua storia parla per lui, al PalaDozza è stato accolto con un applauso da tutto il pubblico. Tanto per dire.

Tutto sommato la storia post-Covid ha consegnato al Friuli cestistico due squadre rispettivamente quarta e quinta nel proprio girone di seconda serie: non fossi così vecchio scriverei 'tanta roba'.

Hanno ragione, a Cividale, a navigare ancora a vista anche se la conferma in categoria è ormai in tasca. Ribadisco quel che scrivevamo due giorni fa: per noi è semplice 'leggere' le cose che la Gesteco fa in campo perché eravamo parte del gruppo iniziale di un'avventura che pareva a molti (come dar loro torto?) un'impresa a perdere; i giocatori sono stati, e sono, scelti secondo precisi criteri non solo tecnici. Non sorprende quindi che quel gruppo, dentro e fuori dal parquet, sia rimasto granitico e quasi inalterato: Pillastrini li ha formati, dopo qualche titubanza iniziale (4 vinte e 4 perse nelle prime otto gare giocate, un secolo fa), tanto che in gara i timeout chiamati sono pochissimi e solo quando la squadra smarrisce la strada maestra. Poche indicazioni, ché tanto Rota e soci sanno cosa devono fare, e ritmo avversario frustrato. Tutto qui.

Si chiama pallacanestro, è al contempo esercizio semplice e difficilissimo. Come in ogni ambito ci vuole professionalità, competenza, anche passione che da sola però non basta: quando alla fine un pubblico difficile ma certamente non digiuno di basket come quello bolognese riconosce la sconfitta contro una squadra che ha giocato meglio, un ennesimo tassello è stato messo.

Cividale galleggia sulle onde di una specie di 'sogno' sportivo; trecento anime si organizzano e prendono la via di Bologna al seguito di questo manipolo di ragazzi; urlano, cantano, battono le mani sugli spalti meritandosi il rispetto del tifo avversario; il risultato è certamente importante ma non così tanto. Chi scrive attendeva, sbagliando, i momenti difficili in cui la Gesteco non le avrebbe vinte (quasi) tutte come nelle due stagioni di cadetteria; i momenti in cui una matricola avrebbe dovuto pagare lo scotto del noviziato. Dimentico, chi scrive, che a capo di questo gruppo di ragazzi ci sono Stefano Pillastrini, il bravo vice Federico Vecchi e il taciturno (ma altrettanto importante) 'trice' Alessandro Zamparini; ci sono Ale Petronio, Paolino Ziraldo, Steve Vit, Renatone Monticelli e quanti ne dimentico; c'è una dirigenza di vecchi appassionati del basket regionale, ci conosciamo tutti, con Micalich a capo e garanzia.

Già, sbagliavamo: la squadra vince, qualche volta perde ma l'entusiasmo del pubblico ducale non scema; squadra e ambiente si somigliano, non mollano mai come nella cultura della nostra Terra, non per niente spesso le partite finiscono punto-a-punto. Al netto del livello tecnico, sul quale mi pare superfluo discutere, spesso pare essere proprio qui la differenza fra le due squadre della nostra provincia: nessuno si senta offeso, le stagioni non sono tutte uguali.

Non credo, infine, che Cividale possa essere additata come simbolo della poca qualità del campionato: la Gesteco gioca a basket, e bene, grazie all'intelligenza in panca e a quella in campo. Esempio? Dalmonte, ieri, temendo le folate di Dell'Agnello, Miani e Battistini ha intasato il 'pitturato' con tanti giocatori. Risposta? Cividale ha tirato 36 volte dall'arco, con un discreto 34%, frustrando la difesa felsinea. Semplice? Sì, per chi ha la velocità mentale per cambiare il piano-gara.

Sussurri e grida: a Cividale si grida solo sugli spalti e si sussurra, piano, davanti a un taglio di bianco in centro. Si urla dagli spalti, quel che basta: perché a volte il rispetto e l'amore valgono più di un campo inclinato, o forse ne sono cagione.

Rispetto, amore e tifo a favore: perché alla fine non ci si lasci come cani. E non succede, mai.

Sezione: Basket / Data: Mar 24 gennaio 2023 alle 10:47
Autore: Franco Canciani
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