Mi sono fidato del cuore. Ho sbagliato.
Mi sono fidato di chi ha regalato a questa città tante emozioni. Mi sono sbagliato.
Mi sono fidato di una rosa di giocatori che mi pareva non eccelsa, ma neanche scandalosa. Mi sono sbagliato.
Mi sono fidato dei valori di venti professionisti, dei quali non potevo dubitare. Mi sono sbagliato.
Ho offerto il petto chiedendo contestazione solo dopo un’eventuale sconfitta, puntualmente arrivata. Mi sono sbagliato? Qui forse no: sarebbe andata comunque così e avrebbero dato la causa a pressioni esercitate dall’unica parte innocente di questa tragicommedia. Voi.
Ieri ho visto più di qualche ospite di prestigiose ‘skybox’ vomitare le peggiori parole possibili sulla ‘proprietà’, che mi dicevano a Londra durante la gara. Se anche i bevitori di bollicine da clubhouse si ribellano, allora qualche pensiero tinto deve sorgere nelle menti di chi, anche questa settimana, si è sentito innocente e tradito.
Invece tradito sono io.
La serie B? Non me ne frega nulla, quasi vivessi in collina (cit.). Ho vissuto da bambino la retrocessione con Sansòn, anno 1980, quando Teòfilo per gratitudine si portò tutti i pretoriani del doppio salto, o quasi. Eravamo poco attrezzati per la massima serie, ed anche gli inserimenti di Francesconi, Arrigoni, Elvi Pianca da Castellavazzo non riuscirono a sovvertire la tendenza. Una rete del laziale Zucchini in fuorigioco frustrò le velleità di rimonta (settimana prima si era battuto lo scudettato Milan dell’ex Giacomini, cui quell’anno togliemmo tre punti: la vittoria ne valeva due), il finale fu mesto e ci salvarono le scommesse di Albertosi e compagnia, Trinca e Cruciani pentiti del mercato ortofrutticolo di Roma. Poi la salvezza all’ultimo respiro con la rete di Gerolin, qualche annata tranquilla ed altre esaltanti, fino all’avvento di Pozzo che rilevò la fallimentare baracca da Lamberto Mazza, si caricò di nomi illustri e di nove punti di penalizzazione, retrocessione matematica ma sul campo ci saremmo salvati.
Qualche anno d’ascensore, con la retrocessione del 1990 quando da Cesena arrivarono brutte notizie e il Verona non ci fece la cortesia; quella del 1994, 3-3 contro la Cremonese e contestazione durissima, forse l’ultima che mi ricordi. Risalimmo nel 1995, per non scendere più.
Fino ad oggi?
Ecco perché mi sento il cuore-da-supporter gonfio di dolore per una situazione paradossale, voluta e parrebbe cercata: mancavano tre punti undici gare fa, gli stessi che dobbiamo fare nelle prossime quattro. Il calendario è favorevole ma conta poco quando la squadra pare uscita dal campo: e sappiamo bene che la fortuna aiuta gli audaci, non i pavidi. Già: questa squadra è pavida. Spiace dirlo, sono giovani ma ieri hanno preferito scappare alla ricerca della concentrazione, evitando ogni contatto con la tifoseria (giustamente) inferocita. Penitente cena alla Club House, poi via in serata. Decisione discutibile, i senatori avrebbero dovuto spiegarsi.
Ecco perché mi sento il cuore-da-supporter gonfio di dolore: galleggiare fra il dodicesimo ed il quattordicesimo posto, facendo quei punticini che ci separano dalle ultime in rango non è così differente dallo scendere in cadetteria. Ditemi Voi quale sia la differenza: poter vedere dal vivo Buffon o Dzeko? Dignità ed orgoglio barattati per un selfie? Davvero ci basta questo?
Ho letto pezzi inferociti contro chi ha gestito la situazione: non riesco a dar torto agli autori, e spero nessuno si permetta di alzare cornette o peggio disturbare uffici legali a tutela di eventuali dignità lese. Io invece non riesco proprio ad essere arrabbiato.
Sono deluso.
Dai giocatori in primis, che si credono padroni della terra coperta di erbetta che calpestano; salvo farsi palleggiare in faccia dal Crotone, squadra da applausi per come affronta serenamente il proprio destino e riesce a sovvertirlo.
Dalla società in secundis, che si crede padrona del cielo; altrimenti non si spiega come mai si siano giubilati attaccanti non eccellenti ma sicuramente utili (Bajic, Ewandro) e si sia preteso di fare reparto con un volenterosissimo Lòpez e questo Perica. Maxi paga due anni d’inattività che a questi livelli ed a queste velocità si fanno sentire. Non gli addosso colpe. Mi dicono che la strategia sia stata ‘Oddo gioca ad una punta, tre quindi bastano’. Già: poi si rompe l’unica che segna e noi sprofondiamo nel nulla. Se Vi sembra normale, ne prendo atto.
Non sono invece deluso dai tifosi e dai supporter, che non sono padroni di un cazzo. Chiedo scusa per l’iperbole ma avrete inteso la ripresa di un noto monologo cinematografico e la parolaccia era funzionale. La tifoseria non è padrona, o forse invece lo è: eravamo tutti qui, noi e Voi, quando le maglie erano di lana, poi a rigone unico, poi diagonale; quando i numeri erano ‘uno-undici’, a Leverkusen e a Licata, sempre qui. Dall’A.U.C. di Muraro, agli altri club; dagli Ultras di ogni gruppo, a chi segue la squadra senza affiliarsi. Da chi abita in regione a chi, magari ultranovantenne, continua a rimproverarmi dal lontano Canada: ‘gooddamn Udinese’.
Qualcuno giudica eccessiva la contestazione di ieri: io rimprovero solo chi ha alzato le mani su uno steward, un ragazzo che stava lì, pagato modestamente, a fare il suo mestiere che non è quello di prendersi le busse. Il resto mi è parso frutto di una comprensibile frustrazione.
Ed allora mi sono fidato, ed ho sbagliato. E chiedo scusa, pur tenendo il punto su quanto sostenevo, a Cristian ed agli altri tifosi con cui mi sono bisticciato: condividiamo due facce dello stesso cuore, non sempre sincròniche ma identicamente colorate di bianco e di nero. Stavolta mi sono fidato ed ho sbagliato.
Tutto qui. Mi sono fidato, mi sono sbagliato. E la società rincorre l’allenatore taumaturgo. Quando il padrone del vapore, lui e non altri, dovrebbe fare una cosa sola. Ne parlavo stamane con Bro Roberto che ringrazio per aprirmi sempre la mente.
‘Pronto, Francesco? Buongiorno. Le chiediamo scusa. Forse ci siamo sbagliati, forse capiti male ma anche Lei avrebbe potuto... Vabbé, andata. Senta, Le sto mandando un contratto da manager per gestire il progetto tecnico, inclusa la formazione primavera. La data di scadenza sarà 2028: non è un refuso. Per i prossimi dieci anni, vada come vada, Lei sarà il nostro allenatore. Non dica di no, lo faccia per la sua gente’.
Mi sono fidato, mi sono sbagliato. Mi piacerebbe essere rispettato.
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