Ronny Rosenthal è un nome che ancora oggi evoca in Italia un preciso episodio: ossia il primo giocatore che vide sfumare il suo approdo in Serie A per motivi razziali. Per la precisione, per paura della società che lo stava tesserando, l'Udinese, di subire ritorsioni. Questo perché il giocatore in questione era israeliano. Nell'estate 1989 i friulani lo acquistarono dallo Standard Liegi, lo presentarono alla stampa insieme a un altro giocatore che poi avrebbe fatto una lunga carriera in Italia, ossia Nestor Sensini. La notizia del suo acquisto non fu ben visto (eufemismo) da alcuni esponenti del tifo organizzato, che si premurarono di farlo sapere al club e alla città intera con scritte sui muri del tenore di: "Rosenthal vai nel forno" e "Via gli ebrei dal Friuli". L'affare non si fece più, i motivi ufficiali furono dei diplomatici problemi fisici emersi dalle visite mediche. A posteriori, una fortuna dello stesso Rosenthal e del Liverpool: sei mesi dopo l'israeliano firmerà per i reds e contribuirà alla vittoria del campionato inglese segnando nel rush finale 7 reti in 8 partite. Decisive per la conquista del 18° titolo. L'ultimo del Liverpool prima della squadra dei record di Jurgen Klopp. Ai microfoni di Tuttomercatoweb proprio Rosenthal ci racconta la sua versione dei fatti, facendo alcune precisazioni relative al suo mancato approdo in Friuli:
Ronny Rosenthal, per gli inglesi il suo nome è legato all'ultimo titolo del Liverpool prima di quest'anno grazie a Klopp. Per gli italiani invece il collegamento, inevitabile, è col mancato passaggio all'Udinese per le scritte anti-semite degli ultras
"Sono sempre stato convinto in questi anni che il mio mancato passaggio all'Udinese non fosse per questioni razziali, ma meramente tecnico-economiche. L'Udinese mi bloccò a maggio, poi ebbero la possibilità di prendere Abel Balbo che all'epoca aveva 21 anni, contro i miei 26. Costava meno e come investimento era migliore. Questione di affari, non di anti-semitismo. Non sapevano come fare per uscirne e hanno tirato fuori i problemi fisici emersi dalle visite mediche".
Come le hanno comunicato la decisione?
"In verità l'ho saputo attraverso i giornali, in Israele. Mentre ero in vacanza".
Un bello shock
"Assolutamente. Ricordo bene tutto quanto: l'Udinese trovò un accordo con lo Standard Liegi per un milione di dollari. Firmo il contratto, faccio la presentazione e volo in Israele per godermi le ferie, per poi ripresentarmi con la mia nuova squadra in ritiro. Passa una settimana e leggo sui giornali che sono emersi dei problemi riguardanti le mie visite mediche. L'Udinese non mi fa sapere nulla finché non torno in Italia e mi fanno sapere, facendomi anche vedere le radiografie, dei problemi alle vertebre. Tutto vero, per carità. Ma sono problemi che non mi hanno ai disturbato. Sono certo che anche il medico sociale ha detto alla società che non poteva essere un problema. E lo hanno dimostrato i fatti, vedendo poi la carriera che ho fatto. Mi ritrovai a tornare in Belgio ma durò poco: per mia fortuna arrivò la svolta dopo qualche mese, trovando l'accordo col Liverpool. A conti fatti direi che mi è andata benissimo".
La questione anti-semitismo non è mai stata affrontata nemmeno con l'Udinese?
"Ma guardi, quando sento questa storia mi viene da ridere. Io per quel poco che sono stato a Udine non ho avuto il minimo problema. E non ho sentito la necessità di chiedere nulla alla società a riguardo".
Le scritte sui muri, però, sono un dato di fatto. In Italia ci fu persino un'interrogazione parlamentare
"Vero ma non mi hanno condizionato. L'Italia è uno dei miei paesi preferiti, ci vado in vacanza e amo la Sardegna. E faccio anche affari con l'Italia, per cui non ho mai avuto problemi. E, ribadisco, sono certo che quelle scritte: 'Rosenthal vai nel forno' non abbiano fatto desistere l'Udinese a suo tempo dal mio acquisto. Come detto volevano prendere Balbo che costava meno ed era più giovane".
Nel dubbio, dopo la sua storia, in Italia hanno aspettato altri 8 anni per prendere un giocatore israeliano. Per la cronaca, il Brescia con Tal Banin
"So che in Italia ci sono stati problemi con calciatori per questioni razziali, ad esempio Aron Winter non fu accolto benissimo. Altri tempi, ancora in Europa bisognava abituarsi all'immigrazione. Tutto però cambia, il calcio stesso cambia. Non è come 20 anni fa, è un calcio più fisico dove ciò che conta è l'aspetto atletico, la velocità. E serve un certo tipo di giocatore. Non è un caso quindi che se una squadra una volta poteva avere un giocatore di colore ora ne ha cinque o sei".
Lo ha ammesso: essere scartato dall'Udinese è stata una fortuna dato che dopo pochi mesi è arrivato il Liverpool
"Sì, l'incredibile è che col Liverpool ho vinto il campionato e contemporaneamente l'Udinese retrocedeva in Serie B. Un amico arrivò in Inghilterra con 'La Gazzetta dello Sport' nel quale si parlava della retrocessione dei bianconeri e se la rideva di gusto".
Supponiamo anche Lei lo abbia fatto...
"Ma no, non ho niente contro l'Udinese".
Con l'Udinese però c'è stato un contenzioso circa quel trasferimento mancato
"Quando feci causa all'Udinese non sapevo che da lì a poco sarei andato al Liverpool. Per cui volli far valere i miei diritti, perché quando lasciai lo Standard Liegi per trasferirmi in Italia firmai un contratto che mi avrebbe garantito uno stipendio triplicato rispetto a quanto percepivo in Belgio. Ovvio che ricorressi alle vie legali. Alla fine ho vinto la causa ma non ho guadagnato molto, poiché nel frattempo, per l'appunto, trovai un accordo col Liverpool nel quale avevo uno stipendio importante. Quindi non si trattava più di danno economico ma solamente danno morale".
Ci pensa a quello che poteva essere la sua vita se avesse giocato in Italia?
"Certamente quella scelta ha cambiato definitivamente la mia vita. Se non fossero tornati sui loro passi avrei giocato nel campionato più importante al mondo, ossia quello italiano e magari vivrei ancora in Italia. Invece mi sono trasferito in Inghilterra e lì sono rimasto in questi oltre 30 anni. Mi sono tolto soddisfazioni col Liverpool, il Tottenham e infine il Watford, con cui sono salito dalla terza divisione alla Premier League. Poi mi sono fatto male e ho deciso nel 1999 di ritirarmi".
Watford divenuto qualche anno dopo di proprietà dei Pozzo
"E dove, pensi un po', vi ha giocato mio figlio Tom. Ha fatto un anno nell'Accademy proprio con i Pozzo prima di trasferirsi in Belgio dove avrebbe avuto maggior spazio. Decisamente ironico il destino".
Ha avuto modo di parlare con Gino Pozzo dopo tutti questi anni?
"No, nessun face to face. Quel che posso dire che è un grande dirigente e che se fosse proprietario di un grande club sarebbe riuscito sicuramente a vincere il campionato. È un grande businessman".
Cosa fa oggi Ronny Rosenthal?
"Sono rimasto nel mondo del calcio, sono un consulente. Posso dire di aver scoperto giocatori come Berbatov, Kompany, Kanouté. Sono indipendente, lavoro principalmente con l'Inghilterra ma ho rapporti anche con altri paesi, fra cui l'Italia".
Un giocatore sul quale Lei ha puntato e del quale va fiero?
"Ce ne sono diversi, alcuni li ho citati ma c'è una storia interessante su Aubameyang. L'ho visto che aveva 18 anni, il Milan non ci puntava. Sono andato a incontrare il padre e dopo che il ragazzo è stato mandato in giro in Francia, fino al Saint-Etienne, l'ho proposto in giro: al Borussia Dortmund e Klopp disse no. Al Tottenha, e Villas-Boas disse no. Dopo un anno Klopp cambiò idea e il Dortmund fece un affare con soli 8 milioni. L'Arsenal fra cartellino e ingaggio ha dovuto sborsare 120 milioni...".
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